Dall’ombra alla luce: Che Adams riconquista il Torino con lavoro, pazienza e intelligenza tattica
Il valore di Che Adams non è di certo un’incognita. Il Torino è sempre stato a conoscenza delle potenzialità dello scozzese, perché lo ha già visto ben figurare lo scorso anno, quando l’infortunio di Zapata lo aveva costretto a prendersi sulle spalle il peso dell’attacco. Nove gol, tanto lavoro sporco e la sensazione di un giocatore completo, capace di interpretare più ruoli e dare profondità alla manovra. L’estate, d’improvviso, ha cambiato gli equilibri: con l’arrivo di Giovanni Simeone, Baroni ha scelto di ripartire da un sistema con una punta sola, spingendo Adams nell’ombra. Un avvio in sordina, quasi inspiegabile se rapportato a ciò che lo scozzese aveva già dimostrato in granata.
Dall’ombra alla rinascita: Adams, il valore della pazienza—
Il calcio però, come spesso accade, trova da sé le proprie soluzioni. La rete contro la Lazio, figlia delle capacità di entrare subito dentro il ritmo partita dello scozzese e il gol in nazionale contro la Bielorussia hanno riaperto il dibattito. Baroni ha forse intuito che tenerlo ai margini significava rinunciare a un’arma preziosa. Il tecnico contro il Napoli ha deciso di cambiare prospettiva: non più un attacco ad uno, bensì una coppia. Simeone e Adams sono due prime punte vere, ma con caratteristiche completamente diverse. Da un lato la verticalità, la cattiveria e il fiuto del gol dell’argentino; dall’altro la fisicità, la capacità di legare il gioco e muoversi tra le linee dello scozzese. Il risultato che si è potuto osservare è stato quello di un Torino più presente negli ultimi trenta metri, più pericoloso e vivo.
L’attacco a due convince: Adams-Simeone, una coppia che può diventare complementare—
Come si evince dai dati SofaScore sulla gara di Adams (3 tiri, 1 nello specchio, 28 tocchi, 13 passaggi riusciti), la prestazione è stata solida ma soprattutto intelligente: ha saputo alternare movimenti d’appoggio e attacchi in profondità, permettendo a Simeone di ricevere in zona centrale senza dover sempre arretrare. In sostanza, ha liberato l’argentino da parte del “lavoro sporco” che ne limitava l’efficacia. I due si sono divisi gli spazi con naturalezza e questo è il dato più interessante. Baroni, che fin qui aveva insistito su un assetto prudente, ha trovato un equilibrio nuovo: un doppio terminale offensivo che non sacrifica la struttura, ma la potenzia. L’impressione è che l’attacco a due non sia un esperimento passeggero, ma il punto di partenza per una svolta strutturale. E al centro di questo cambiamento c’è proprio Che Adams. Dopo un avvio trascorso in secondo piano, con l’arrivo di Simeone a catalizzare l’attenzione, lo scozzese non ha mai alzato la voce: ha continuato a lavorare, ad allenarsi, a farsi trovare pronto. Ha accettato il silenzio come terreno fertile per crescere. E oggi, quel lavoro sommerso sta emergendo con forza. Adams è diventato l’emblema di come la professionalità possa trasformarsi in opportunità. Non ha perso fiducia nemmeno quando sembrava un’alternativa di lusso e ora sta dimostrando di poter essere qualcosa di più: un giocatore che tiene insieme i reparti, che dà profondità ma anche intelligenza, che sa leggere i momenti della partita. Accanto a Simeone lo scozzese non toglie spazio, lo crea.
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