VENEZIA – La Procura generale di Venezia non ha ancora deciso se rinunciare all’appello contro la sentenza di primo grado sull’omicidio di Giulia Cecchettin, dopo la rinuncia dell’imputato, Filippo Turetta, facendo passare in giudicato l’ergastolo comminato dalla Corte d’assise di Venezia lo scorso dicembre, oppure se insistere per il riconoscimento delle aggravanti della crudeltà e dello stalking. Il sostituto incaricato del caso, Pasquale Mazzei sta studiando il fascicolo assieme al procuratore generale Federico Prato e deciderà nei prossimi giorni, dopo aver ascoltato il parere del pm Andrea Petroni, che ha coordinato le indagini e ha sostenuto l’accusa in primo grado, firmando l’impugnazione in appello.

L’ergastolo è già la pena massima e, anche se il pg insistesse per celebrare il processo d’appello, ottenendo il riconoscimento delle due aggravanti escluse in primo grado, per Turetta non aumenterebbe il tempo da trascorrere in carcere: la Corte d’assise d’appello potrebbe al massimo infliggere all’imputato l’isolamento diurno, ma soltanto se le pene relative ai reati contestati in aggiunta all’omicidio (già sanzionato con l’ergastolo) dovessero superare i cinque. Secondo i legali del familiari di Giulia, quelle due aggravanti hanno una enorme valenza simbolica, in un delitto dalle modalità particolarmente cruente, che ha scosso la pubblica opinione sollevando un ampio dibattito sull’emergenza delle violenze contro le donne: gli avvocati Stefano Tigani, Piero Coluccio e Nicodemo Gentile insistono, dunque, affinché il processo d’appello venga celebrato.