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Claudia Voltattorni
La nuova cedolare secca sugli affitti brevi a partire dalla prima abitazione: «Effetti sul turismo e rischio case vuote». Quanto resta ai proprietari dopo aver pagato tasse, spese di pulizia, portali web e bollette
Sale al 26% la tassazione sugli affitti brevi: questa la novità arrivata a sorpresa nella bozza della manovra 2026. La nuova norma sopprime dunque la riduzione, introdotta lo scorso anno, della cedolare secca al 21% per chi affittava un solo immobile. Quale sarà l’impatto sui proprietari? Aigab, l’associazione che rappresenta oltre 800 operatori del settore, calcola che su un’abitazione media in semiperiferia l’aumento al 26% costerebbe circa 1.300 euro a famiglia. Con la cedolare al 21%, al proprietario oggi resta circa il 34% dell’incassato (tolte le spese per pulizie, portali web, tasse di soggiorno, Imu, bollette). L’aumento al 26% si tradurrebbe in un guadagno netto pari al 28%.
Il presidente di Confedilizia Giorgio Spaziani Testa riflette: «Se questo è un tentativo di limitare gli affitti brevi a favore di quelli lunghi, sarebbe meglio varare misure ad hoc, come il taglio dell’Imu del 50% e l’ampliamento della cedolare al 10%: servono più garanzie ai proprietari che scelgono l’affitto lungo».
Ma quante sono in Italia le case destinate ad affitti brevi? Oltre mezzo milione di abitazioni private ogni anno vengono offerte su piattaforme online per un periodo breve, anche di un solo giorno, in cambio di denaro. A volte è una singola stanza con bagno, ma si trovano anche interi appartamenti o ville. Se il periodo di locazione è minore di 30 giorni si chiama affitto breve. Un fenomeno diffusissimo da anni nel resto del mondo, ma che in Italia ha visto il suo boom dopo il Covid. Per motivi di sicurezza, ad una sistemazione alberghiera, per un soggiorno breve molte persone preferivano un’abitazione privata. Una scelta da allora fatta da sempre più persone e che tra il 2021 e il 2024 ha registrato una crescita del 38%, trasformando molti centri storici delle nostre città, svuotandoli di residenti e riempiendoli di lucchetti e scatoline per le chiavi appesi ovunque, con i viavai di trolley nei condomini e i cartoni per le pizze abbandonati sui pianerottoli.
Secondo il Centro studi Aigab, il 96% delle case promosse online appartiene a proprietari singoli e nel 30,4% dei casi sono abitazioni che provengono da eredità, messe a reddito per non lasciarle vuote, mentre il 28,7% erano abitate da proprietari che le hanno date in locazione per necessità. La nuova cedolare secca al 26% già dalla prima abitazione in affitto inserita dal governo nella prossima legge di Bilancio rischia di andare a colpire proprio loro. Già due anni fa, il governo aumentò la tassa dal 21% al 26% ma la norma si applicava dal secondo immobile locato in poi e mirava a limitare la proliferazione degli affitti brevi. La prima abitazione veniva salvata.
La nuova cedolare ha fatto saltare sulla sedia tutte le associazioni del settore, che già lamentavano una frenata degli affitti brevi dalla fine del 2024. Aigab, ma anche Confedilizia, Aigo Confesercenti, Property Managers Italia parlano di «stangata per la classe media» e lanciano l’allarme. «Le case online diminuiranno e aumenteranno i prezzi», dice Marco Celani, presidente di Aigab che teme anche un effetto a lungo termine: «Si rischiano ricadute sui consumi, sul turismo e su tutto l’indotto». Già il 2025, spiega, ha registrato 40 mila abitazioni in meno messe online: «Molti italiani, con i salari bloccati, hanno tolto le case dalle piattaforme per andarci in vacanza». Il che rischia di tradursi «in un turismo che si sposta fuori dall’Italia, danneggiando anche gli stessi albergatori». Lorenzo Fagnoni (Property managers Italia) teme «il rischio abbandono in aree dove era stato valorizzato il patrimonio immobiliare e ogni aumento spinge all’irregolarità».
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21 ottobre 2025 ( modifica il 21 ottobre 2025 | 10:34)
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