Il ‘Velasco’ del Motomondiale

In tutti gli sport esistono degli allenatori, dei manager o comunque dei ‘capi-squadra’ che riescono a fare bene e a conquistare delle vittorie dovunque vadano. Non importa il team o il contesto, loro trovano comunque il modo di ottenere dei risultati. L’Italia ne ha avuto un esempio recente con Julio Velasco, leggendario coach della pallavolo maschile nei primi anni ’90, creatore della famosa ‘generazione di fenomeni’, che ora – a 30 anni di distanza – sta replicando successi altrettanto leggendari con la nazionale femminile.

Nel Motomondiale – fatte le dovute proporzioni – chi sembra avere il tocco da Re Mida è Davide Brivio, attuale team principal del team americano Trackhouse, squadra cliente di Aprilia che domenica a Phillip Island ha celebrato grazie a Raul Fernandez la propria prima vittoria in MotoGP. Lo spagnolo – che era lui pure alla prima affermazione della carriera nella classe regina – nelle rituali interviste televisive post gara ha ringraziato pubblicamente proprio Brivio, indicandolo come un elemento fondamentale del suo successo.

I trionfi con Yamaha e Suzuki

Il 61enne manager lombardo è – molto semplicemente – un vincente. Ma non solo: è capace di portare al successo team che fino a quel momento la vittoria l’hanno vista solo da lontano, assistendo ai festeggiamenti altrui. Dopo gli inizi in Superbike, nel 2001 Brivio fu promosso al ruolo di team manager della Yamaha in MotoGP. In quel momento la casa di Iwata era l’eterna seconda dietro all’imbattibile Honda e non conquistava un Mondiale Piloti dal 1992 con Wayne Rainey.

La ‘cura’ Brivio ha portato prima alla realizzazione di uno dei trasferimenti più incredibili nella storia del motorsport – il passaggio di Valentino Rossi dalla Honda alla Yamaha nel 2004 – e poi al filotto di successi che tra il 2004 e il 2010 hanno permesso al manager monzese di celebrare cinque titoli Piloti (2004, 2005, 2008, 2009 con Rossi, 2010 con Jorge Lorenzo) e quattro Costruttori (2005, 2008, 2009, 2010).

Poi, dal 2013, Brivio ha creato – partendo praticamente da zero – il team Suzuki che è entrato ufficialmente in MotoGP a partire dalla stagione 2015. Con l’italiano al timone la casa di Hamamatsu ha trovato già nel 2016 la sua prima vittoria e poi nel 2020 – nella pazza stagione del Covid – ha potuto gioire per il titolo iridato vinto da Joan Mir. Si è tratto del primo Mondiale conquistato dalla Suzuki in 20 anni, dopo l’affermazione del 2000 con Kenny Roberts Jr.

La sfida americana

Ora, più in piccolo, Brivio sta cercando di fare lo stesso con il team Trackhouse. La squadra americana non è troppo considerata in Europa, ma negli Stati Uniti sta già mietendo successi non indifferenti nel campionato NASCAR. Justin Marks, il proprietario del team, è un ex pilota di stock car con le idee molto chiare in fatto di sport e business e la scelta del manager italiano come massimo responsabile della squadra di MotoGP avrebbe dovuto rappresentare un segnale di attenzione per tutti. Trackhouse non è entrata nel Motomondiale solo per fare numero.

La prima stagione è stata di assestamento, con il nono posto raccolto nella classifica riservata ai team e la medaglia d’argento vinta da Miguel Oliveira nella gara Sprint del Sachsenring. Quest’anno, come sempre accade nella gestione Brivio, si è saliti di livello: già gli ottimi risultati di Ai Ogura nelle prime gare lasciavano trasparire buone sensazioni. Con il passare delle settimane e qualche infortunio di troppo il giapponese si è un po’ perso, ma in compenso è tornato ad essere protagonista Raul Fernandez, pazientemente aspettato e coccolato da Brivio anche quando i risultati dello spagnolo rendevano l’idea dell’appiedamento non così assurda.

Ora, a tre round dalla fine della seconda stagione in MotoGP, Trackhouse è settima nella classifica a squadre ed è il terzo miglior team indipendente dietro a Gresini e VR46, che però hanno a disposizione il ‘missile’ Ducati. Davide Brivio ha colpito ancora e siamo solo agli inizi di questa nuova avventura.