Bologna, 22 ottobre 2025 – Pupi Avati compirà 87 anni il 3 novembre prossimo, ma proprio pochi mesi fa ha scritto un libro in cui ha raccontato l’esperienza di innamorarsi di nuovo a 86 anni della moglie Nicola, con cui convolò a nozze nel 1964. L’amore è un sentimento misterioso e quindi si addice perfettamente al regista bolognese con l’insondabile ha un rapporto privilegiato che oggi alle 18 sarà al Modernissimo per presentare Rinnamorarsi. Cronaca di sentimenti veri e immaginari, edito da Solferino. Una settimana di fuoco visto che il suo Arcano Incantatore si vedrà sabato 25 a Los Angeles nell’ambito dell’Afi Festival, scelto da Benicio del Toro tra i suoi quattro film del cuore.

Maestro, rinnamorarsi di sua moglie Amelia, che lei chiama affettuosamente Nicola. Quante volte le è già successo?

“Due. Ma è evidente che all’interno di questo lungo periodo, 60 anni, ci sono stati vari momenti di attrazione, fa parte di un rapporto. Poi ci sono stati anni in cui l’affetto era forte, presente ma non era l’innamoramento”.

Cos’è l’innamoramento?

“Per innamorarsi bisogna avere diciassette anni, bisogna essere matti, e quando invecchi come sono invecchiato io, regredisci fino ai tuoi 17 anni. A me è successo proprio così, di regredire intellettualmente fino a quell’età. E quindi vedo Nicola con gli occhi che avevo allora. O forse non sono mai andato oltre i miei 17 anni, non ne ho mai compiuti 18. In questo tramonto che è la vecchiaia, si ritorna all’essenza, delle cose e di sé, e tutto appare più prezioso. Così, può capitare di rinnamorarsi, magari della stessa donna che hai incontrato e scelto più di mezzo secolo fa sotto un portico di Bologna”.

E sua moglie come ha reagito?

“Non c’è reciprocità, ma in amore non importa che ci sia reciprocità. Tu puoi essere innamorato senza che l’altro lo sia, che provi quel che provi tu”.

Come si dice oggi, questo è un suo viaggio personale rispetto a voi, rispetto a lei?

“Certo, un mio viaggio personale nei suoi confronti, rispetto al quale lei non vuol nemmeno sentir parlare… quando uno dei miei figli le dice che ho scritto questo libro lei risponde che non gliene importa niente”.

Perché?

“Perché ha una sua idea, data soprattutto dal fatto che io, probabilmente, ho vissuto una vita tesa a realizzarmi attraverso quello che ho fatto, impedendole di pensare a se stessa, perché ha dovuto sempre fare la mamma, facendola benissimo”.

Sua moglie Nicola, da un po’ di anni si percepisce attraverso i suoi tributi di affetto e ricorda un po’ la moglie del tenente Colombo, descritta spessissimo anche se la sua figura non viene mai mostrata né mai vista sullo schermo.

“Lei, per reazione a questo mio accanimento professionale che non si è ancora placato, parte di un progetto di vita che definisco infantile, non partecipa. E io sono così perché so che il traguardo professionale cui aspiravo, ancora non l’ho raggiunto”.

Ma quale sarebbe?

“Fare delle cose che rimangano in maniera sostanziale ben oltre la mia presenza su questa terra. Penso di aver fatto delle cose riuscite e con un loro senso che però, per ragioni che ormai sappiamo, non sono state nemmeno viste, non intendo giudicate male, ma proprio scomparse. Ad esempio il film che andrà a Los Angeles rappresenta per me una visibilità di questo tipo, che definirei proprio soprannaturale”.