La letteratura “gialla” (cosiddetta dal colore delle copertine dei libri di tale “Genere”, nato a fine Anni ’20 del ‘900) ha avuto (giusto per citare alcuni Nomi “eccellenti” e notissimi) un’ Agatha Christie (sostanzialmente fondatrice del “giallo”), George Simenon (chi non ricorda il Commissario Maigret?), un recentemente scomparso Andrea Camilleri autore del simpatico Commissario Montalbano, e personaggi assai seguiti dal pubblico televisivo d’un tempo quali Perry Mason, Poirot, Sherlock Holmes, il Tenente Colombo. Tutto ciò, solo per far memoria di un bel “genere letterario” che a propria volta, si è tradotto in multiformi tipologie (dal poliziesco “stricto sensu” al thriller, allo psicologico e addirittura all’horror) che appassiona da sempre.

Attraverso la Società “Dante Alighieri” di Piacenza è stato presentato con un incontro alla Biblioteca Passerini-Landi, proprio un “libro giallo”, molto ben costruito sia nella trama che nei vari personaggi, del quale è autrice la piacentina Emanuela Ricci, docente liceale di materie letterarie, già scrittrice di vari Saggi professionali. “Soffio di libertà”: questo, il titolo del libro, un voluminoso “giallo” di 400 pagine che “volano via” veloci, grazie alla fluida e sciolta “penna” dell’autrice, attraverso un labirinto di situazioni che scorrono agili, nonostante l’intensità della trama. Un’opera capace di generare l’immediato coinvolgimento del lettore, sùbito incuriosito dall’ambientazione dell’ intreccio e ossatura proprio a… Piacenza.

Il “giallo” della professoressa Ricci (“primo” libro di tale “genere” dell’autrice) non è affatto inferiore a opere e personaggi di fama quali i citati, ma anzi li affianca senza alcuna ombra di dubbio, grazie a una “personalizzazione” e “caratterizzazione” singolare, intelligente, e, oltretutto, assai indovinata e simpatica, pur rimanendo la trama intensamente autorevole, solida e rigorosamente austera. Si è dinanzi a personaggi “normali” nella loro attività
investigativa: non compaiono “geni” quali si è oggi abituati a riscontrare sugli schermi Tv dotati di colpi di… “superiore celerità” con dialoghi fra corridoi, velocissimi “dati” tra una vetrata e un’altra, con intùiti fatti di parole dell’uno, continuate da un altro, e concluse da un terzo collega: un’ immediatezza intellettiva da supermen!

Siamo invece in “Soffio di libertà” di fronte a “personaggi normali”, come detto, e “umanamente” caratterizzati: dal Capo investigatore poco avvezzo alla sua vocazione ma comunque pur sempre dotato di un certo fiuto, con la cooperazione di poliziotti di cui v’è chi è alquanto “pavone” di se stesso e chi è timido, meno intuitivo ma anche, poi, dotato di colpi di fiuto; e inoltre una trama avvezza ad offrire frequenti colpi di scena, tentativi del lettore di precedere nella soluzione, intùiti, delusioni e nuovi intùiti, e quanto, attraverso una pluralità di vicende, possa avvincere nel percorrere il libro, immedesimandocisi con curiosità grande e desiderio di scoprire gli esiti.

Ma la figura “vincente” sul piano narrativo introdotta dall’autrice è senza dubbio una figura femminile quale la “madre” del capo investigatore: una sorta di Miss Marple o di Jessica Fletcher interpretate a loro tempo dalla simpatica Angela Lansbury, recentemente scomparsa. Una “mamma”, ex-docente, che “ama investigare per proprio conto”, e nemmeno molto male…! Ma che, pur in un rapporto di affetto figlio-madre, si presenta non raramente come un impiccio per il figlio. Ma, in fondo, utile! Insomma, un “giallo” che non scade mai nel banale, né in uno scontato ordinario, ma anzi tutt’altro, con mille interrogativi, scoperte, illusioni, certezze. E la “location in Piacenza” rende anche non solo più curiosa la trama, ma esorta implicitamente il lettore stesso a “vivere” angoli, piazze, vie della “propria” città, sentendosi quasi “partecipe” nell’agire e muoversi attraverso i vari personaggi e la vicenda narrata. Un vero “colpo geniale” e, direi, diverso dal solito, ideato da Emanuela Ricci. Ma non basta: la scrittrice offre con gradevolissima ampiezza di dettagli, a propria volta, descrizioni frequenti dell’ “atmosfera naturale” della città in vari momenti del racconto, in correlazione alla scena di volta in volta presentata: umidità, colori, uggiosità, nebbia, aria di freddo o di stagioni. Si tratta di dettagliata e scrupolosa “verità atmosferica” piacentina, aspetto che accresce la “realtà” della vicenda, e, nel contempo, appassiona ancor più il lettore. Altro colpo vincente della Ricci. Alla fine tutto “torna”: ogni elemento della narrazione “gialla” va al suo posto, come su una scacchiera perfetta, logica, ben finita e definita.

In dialogo con appropriate domande poste da Roberto Laurenzano all’autrice, Emanuela Ricci ha specificato di aver ambientato a Piacenza la vicenda del “giallo”, soprattutto per dare una personalizzazione concreta e di più intensa percezione dei luoghi, e in ciò si può senz’altro dire di esserci riuscita pienamente: non solo con le citazioni di angoli cittadini noti e frequentati, ma in modo anche più forte con le suggestive descrizioni atmosferiche, e delle “nature” di stagione. La nebbia assume un ruolo particolare e specifico, ma riveste pure un significato metaforico, che non è alieno da un sottinteso richiamo al carattere “piacentino” (tendenzialmente chiuso, discreto, poco avvezzo ad aprirsi, ma poi “svelantesi” apertamente dinanzi a chi merita stima e accoglienza, facendo svanire – proprio come la nebbia che diventa evanescente e scompare – quella diffidenza iniziale). Ma anche il richiamo a territori della provincia locale, e a momenti bellici “vissuti” da gente locale, e altresì ad un confronto tra una sorta di elogiata e giusta lentezza investigativa secondo tradizione e una tecnologia avanzata dell’attualità, sono fattori che compaiono, chiari o impliciti, nell’opera della scrittrice.

In conclusione: personaggi “umanissimi”, ispettore di polizia antieroe; rapporto madre-figlio tenero e di “usuale” ma simpatico fastidio professionale; e un significato dell’opera di Emanuela Ricci inteso a sottolineare, implicitamente, che la vita è fatta di “persone normali e umane”: E nel contempo la presenza di una città normale, di provincia, piccola e noiosa apparentemente, in contrasto con personaggi che talora presentano un “alter ego”, e una doppia personalità. C’è, dietro il titolo (ma senza voler assumere atteggiamenti educativi) comunque il desiderio e la ricerca sempre di una libertà spesso negata, sia su piani fisico-materiali, e sia su una ricerca talora difficoltosa o sofferta, di se stesso. Insomma, un libro da leggere, che fa bella mostra in una biblioteca non solo di famiglia. E una “presentazione” di felice esito, con manifestata e meritata stima verso un’autrice sensibile e valida quale Emanuela Ricci.