Michele Colaninno, ad del gruppo Piaggio, e i successi dell’Aprilia nella MotoGp: «Anni fa mi prendevano per pazzo, ora abbiamo una squadra da vertice: l’anno prossimo mi aspetto che lotti per il titolo»

Trecento vittorie nel motociclismo in tutte le categorie, l’ultima domenica in Australia con il giovane Raul Fernandez del team satellite Trackhouse nella MotoGp. L’Aprilia cresce ed è pronta a passi ancora più ambiziosi. Michele Colaninno, ad del gruppo Piaggio, guida l’azienda insieme al fratello Matteo (presidente esecutivo); un gruppo quotato alla Borsa di Milano, che ha 8 poli produttivi nel mondo e 7 centri di ricerca e sviluppo, e oltre 6.000 dipendenti. Non ama il palcoscenico, ma lavora dietro le quinte per portare il marchio di Noale al vertice, animato da grande passione.

Come guida un gruppo multinazionale come la Piaggio?
“«Con la fiducia. Quando c’è, si affrontano i problemi e si trovano le soluzioni. Quando manca all’interno di una squadra è bene cambiare squadra, i rapporti umani sono alla base del 90% dei successi di un’azienda».

Parlando di sport una squadra deve fare tutti i giorni i conti con i risultati. Come si tiene alto il morale di un team?
«L’Aprilia di oggi è molto più forte di un anno fa e ancora di più di quella del 2023. La strada è impervia, ma noi siamo tenaci, grandi lavoratori, e al traguardo ci arriviamo».

Perché le corse sono ancora importanti? Tanti costruttori hanno lasciato o rivisto la loro presenza ma Aprilia ha rilanciato.
«Le corse insegnano l’importanza della tecnologia, un concetto chiave per chi come noi costruisce prodotti industriali. Indirizzano gli sviluppi futuri e in più ci ricordano che raggiungere un traguardo è più difficile di quanto si pensi. Aiutano a essere coscienti che le sfide vanno affrontate, che i problemi vanno risolti».

Come?
«Con le idee. Vedo gruppi internazionali che investono moltissimo denaro nelle gare. Noi facciamo gli investimenti che possiamo permetterci. Anzi, un euro in meno. Perché guadagnarsi quell’euro significa avere idee migliori degli altri. La vittoria arriva con le idee, con la strategia e con il lavoro. E con un po’ di fortuna».

Come hanno fatto gli italiani, Ducati e Aprilia, a fare scuola ai giapponesi nella MotoGp?
«Non è questione di essere giapponesi o tedeschi. L’Italia è forte e lo dimostra, lo ha dimostrato e lo dimostrerà. Noi siamo un’azienda italiana saldamente in Italia, felicemente in Italia, e sono convinto che sia anche positivo per l’Italia che il gruppo Piaggio rimanga in Italia. Ci tengo anche a sottolineare le vittorie di Jacopo Cerutti con la Tuareg, un altro esempio vincente, nell’off-road, di un binomio tutto italiano».

Come sceglie un ingegnere o un pilota?
«Costruire un team di corse è compito dell’amministratore delegato di Aprilia Racing, Massimo Rivola. E lui è una persona che scelsi io, non sono un ingegnere meccanico ma capisco bene le persone e cosa le muove». 

È vero che lei controlla tutto?
«Non parlerei di controllo, ma di piacere di lavorare con la squadra. Se c’è fiducia si delega, senza sarebbe impossibile gestire un gruppo come il nostro con sedi e fabbriche sparse in tutto il mondo». 

Una stagione sfortunata per Jorge Martin, di nuovo fermo per infortunio. Con il campione del mondo spagnolo ci sono state tensioni, come le avete superate?
«Jorge era come Ulisse in mezzo alle sirene. Lo abbiamo aiutato a non ascoltarle. Abbiamo gestito la situazione in maniera elegante. Sono felice di averlo con noi, e aspetto con impazienza l’anno prossimo per vederlo lottare insieme a Bezzecchi per vincere il Mondiale».

Lei diceva sempre: «Deve restare con noi». Perché?
«Perché non gli raccontavamo frottole, i risultati di oggi lo dimostrano».

In assenza di Martin, Bezzecchi è diventato un leader.
«Ciò che è successo a Jorge lo ha fatto crescere molto, in termini di mentalità, consapevolezza e responsabilità. Era già bravo prima, ma sono molto contento di come ha lavorato la squadra per far crescere Marco. Amo le competizioni sportive in generale, la MotoGp è una battaglia feroce ma bellissima, sono soddisfatto».

Aprilia-Ducati, un derby. Che cosa vi manca per il sorpasso finale?
«Non c’è solo Ducati, è uno contro tutti. Bisogna vincere, quello è l’obiettivo. Ricordo quando volevo entrare nella MotoGp, pensavano fossi matto. Venivamo dalle vittorie nella Superbike con Biaggi e Guintoli. Oggi, e in prospettiva anche grazie all’arrivo di Liberty Media, non posso che confermare quella decisione: il valore del marchio Aprilia è cresciuto insieme all’immagine, è stato un buon affare».

Non ha risposto. Cosa manca per vincere?
«Non manca niente, i risultati lo dimostrano; per quello non ho risposto».

Citava Liberty Media, proprietaria della F1. Una grande opportunità per la MotoGp?
«Senza dubbio. Hanno tutte le competenze per lavorare sulla passione affinché sempre più persone seguano le corse. Non è facile conquistare un giovane come vent’anni fa con tutte le possibilità che i ragazzi hanno e la difficoltà a restare concentrati su un singolo evento. Liberty Media ha gli strumenti e le idee, e trova una base già buona. Insieme con le squadre andremo lontano».

Ha incontrato Stefano Domenicali?
«Sì, lui è un uomo di corse. Conosce perfettamente ciò che si aspetta un tifoso. Viene dalla F1, ma l’approccio è simile».

Come è il suo rapporto con Max Biaggi, simbolo di un’Aprilia vincente?
«Siamo amici. Ci vediamo anche per condividere qualche idea, era e resta un campione del mondo nella testa, ed è un nostro brand ambassador».

Come si fa crescere un gruppo con presenze in diversi continenti come Piaggio?
«Bisogna essere coscienti di chi siamo. Nel mondo la discussione quotidiana riguarda il fatto che l’Asia sta invadendo l’Europa. Piaccia o no, è così. Ma se noi prendiamo le decisioni giuste non dobbiamo avere paura dell’Asia. Però non è soltanto con un buon prodotto che si resiste in un mercato globalizzato, quindi anche dal punto di vista della politica industriale europea mi auguro che ci sia una presa di coscienza. Il rischio che l’Europa diventi un cimitero occupazionale è più vero di prima se soltanto il prezzo diventa il fattore di acquisto. Abbiamo marchi appassionanti, ci differenziamo dai concorrenti proponendo prodotti premium, e continuiamo a investire nella convinzione che la sfida possa essere vinta. L’industria va difesa, non con il protezionismo».

Che cosa la preoccupa della politica industriale europea?
«Chi pensa che la mobilità elettrica sia il futuro al 100%. Sono favorevole alle politiche ambientali, ma quando la politica si mette a fare imprenditoria spesso commette degli errori. Serve la neutralità tecnologica, spetta alle imprese trovare la soluzione per raggiungere gli obiettivi green. Non temo la concorrenza purché si combatta ad armi pari».

L’emozione di una vittoria è paragonabile a un successo industriale?
«L’emozione sta nel raggiungere un traguardo, fino a quando non capisci cosa hai raggiunto è meglio non emozionarsi. Si rischia di perdere la lucidità».

Suo padre, Roberto Colaninno, che insegnamenti le ha lasciato?
«A me e a mio fratello Matteo ha insegnato il valore della famiglia, a lavorare sodo e con onestà. Avere una famiglia accanto non ti fa sentire mai solo, è come una squadra. Un’azienda non è solo ingegneria e design. Se tutto funziona alla fine vinci».



















































Chi è per lei un pilota?
«Uno che rischia, che prende decisioni in un attimo. La sintesi di un pilota è velocità, talento, intelligenza».

Un pilota per cui tifava  da ragazzo?
«Mansell, per la tenacia». 

Parla molto con i suoi piloti?
«No. Ognuno deve stare al suo posto, ci parlano i responsabili della squadra: Rivola, Sterlacchini… Sono convinto che questa squadra saprà lottare per il Mondiale».

23 ottobre 2025 ( modifica il 23 ottobre 2025 | 07:11)