Karen Moorhouse, dirigente dell’Agenzia a tutela dell’integrità: “In alcuni casi si possono violare le regole involontariamente. Puntiamo ad aiutare chi guadagna meno. Dobbiamo agire con rigore, ma anche umanità”
Giornalista
23 ottobre 2025 (modifica alle 13:40) – MILANO
Un pacchetto di aiuti: economici, psicologici e legali, per i giocatori coinvolti nelle inchieste della International Tennis Integrity Agency (Itia), la ben nota Itia che tanto abbiamo sentito nominare durante il caso Clostebol di Jannik Sinner. Proprio l’inchiesta che ha visto sotto la lente il nostro numero 1 ha sollevato il dibattito e il sentimento popolare era che Sinner come Iga Swiatek si siano salvati perché possedevano maggiori risorse per economiche per difendersi. Ne abbiamo parlato con Karen Moorhouse, a capo dell’Itia che ha parlato delle nuove misure come dell’”Inizio di un nuovo approccio: rigore sì, ma anche umanità”.
Signora Moorhouse, l’Itia ha appena lanciato il nuovo programma di aiuti ai giocatori. Qual è stata la motivazione principale dietro questa iniziativa?
“Eravamo da tempo consapevoli dell’impatto che un procedimento disciplinare può avere su una persona, non solo a livello sportivo ma anche economico e psicologico. Ricevevamo feedback dai nostri investigatori e dagli stessi giocatori che evidenziavano la necessità di maggiore supporto. Volevamo rispondere a questo bisogno reale e umano: il nostro è un lavoro rigoroso, ma dietro ogni caso ci sono persone, famiglie e carriere in gioco”.
C’è stato un caso particolare che vi ha fatto capire che un sistema di supporto del genere fosse ormai necessario?
“Non un singolo caso. È stato piuttosto un percorso di consapevolezza maturato nel tempo. Indipendentemente dal fatto che un atleta sia colpevole o innocente, essere coinvolti in un’indagine Itia può cambiare radicalmente la propria vita e carriera. Se arriva una sanzione, cambia tutto: calendario, entrate economiche, relazioni professionali. Per noi è importante essere rigorosi nelle indagini, ma anche ricordarci che abbiamo a che fare con esseri umani”.
In Italia, dopo il caso Sinner, si è parlato molto di antidoping e responsabilità oggettiva. Crede che il pubblico fatichi a comprenderne il funzionamento?
“Le regole antidoping sono complesse e non è facile conoscerle a fondo. A differenza di altre normative sportive, nell’antidoping l’onere della prova ricade sull’atleta. Se risulti positivo a una sostanza proibita, devi dimostrare come ci sia finita, nel tuo corpo. Questo spesso sorprende il pubblico, che tende a pensare a una colpevolezza automatica. Ma i casi possono essere molto diversi tra loro e in alcuni casi la violazione può essere anche involontaria. A differenza di altre regole sportive, qui è possibile violare il regolamento senza volerlo. Per questo il nostro nuovo programma garantisce un supporto legale immediato e assistenza per analizzare l’origine di un test positivo, ad esempio tramite test di laboratorio sui prodotti assunti dal giocatore”.
Volete essere più trasparenti anche nella comunicazione dei casi?
“Assolutamente sì, nei limiti consentiti dalle regole. Pubblichiamo integralmente le decisioni sul nostro sito e abbiamo introdotto anche video esplicativi sui casi più complessi, per aiutare il pubblico a comprenderli. Non possiamo commentare tutto in tempo reale per motivi legali, ma vogliamo essere il più possibile chiari e accessibili”.
L’educazione è uno dei pilastri della vostra strategia. Funziona davvero?
“Il nostro obiettivo principale è prevenire le violazioni. Facciamo formazione in tutto il mondo affinché i giocatori conoscano le regole e sappiano come evitare rischi. È difficile misurare ciò che non accade, cioè i casi evitati grazie alla prevenzione, ma possiamo dire che l’engagement è in crescita. E da poco abbiamo attivato anche una linea WhatsApp diretta con l’Itia, molto utilizzata dai giocatori per fare domande pratiche e prevenire errori”.
Dopo i casi Sinner e Swiatek, c’è più attenzione tra i giocatori riguardo ai rischi antidoping?
“Sì, quei casi hanno acceso i riflettori. Molti giocatori, ma anche coach e agenti, ci hanno chiesto chiarimenti e consigli. C’è stata una crescita di consapevolezza legata ai rischi involontari, soprattutto in relazione a integratori, medicinali e viaggi. È stata una lezione collettiva per il tennis”.
La contaminazione dei prodotti è un problema crescente?
“Abbiamo avuto diversi casi dovuti a contaminazione di integratori o, più raramente, di farmaci. Gli integratori sono la fonte di rischio principale, perché il mercato è molto vasto e non sempre regolato. Raccomandiamo solo prodotti certificati e batch testati. E il nostro programma ora aiuta economicamente i giocatori a far analizzare i prodotti sospetti in laboratori accreditati Wada”.
Spesso le sanzioni colpiscono tennisti di classifica molto molto bassa, secondo le vostre ricerche giocatori con meno risorse economiche sono più vulnerabili sia al doping che alla corruzione?
“Sul tema corruzione, purtroppo, sì. È un dato storico: chi guadagna meno è più esposto a tentativi di combine. È un problema globale dello sport, non solo del tennis. Per quanto riguarda l’antidoping, invece, i casi sono distribuiti su tutte le fasce di ranking. Certo, chi ha più risorse ha accesso a team e consulenti migliori, ma i rischi riguardano tutti”.
Avete attivato anche un supporto legale gratuito tramite Sport Resolutions. Perché?
“Per garantire equità. Non vogliamo che un giocatore perda un caso solo perché non ha accesso a un avvocato. Il supporto legale parte dall’inizio del procedimento, subito dopo il test positivo. Questo è fondamentale perché le decisioni più delicate si prendono nelle prime fasi, anche riguardo alle analisi dei prodotti sospetti”.
Avete incluso anche supporto psicologico: c’è sempre più attenzione al tema e anche Jannik Sinner ha detto che è davvero molto pesante essere sottoposti alle tante fasi delle indagini.
“Un’indagine può essere emotivamente devastante. Alcuni giocatori reagiscono con attacchi d’ ansia, altri si isolano. Abbiamo attivato una collaborazione con Sporting Chance per offrire un supporto mentale indipendente e confidenziale. Aiuta a gestire pressioni, media, famiglia e le conseguenze pubbliche del caso”.
Quali sono gli obiettivi dell’Itia per il 2026?
“Abbiamo tre priorità: aumentare la formazione a tutti i livelli del tennis, rafforzare la comunicazione con i giocatori grazie alla nostra linea WhatsApp e concentrare le indagini sulle violazioni più gravi, proteggendo chi vuole competere onestamente”.
Che messaggio si sente di mandare ai giovani che sognano una carriera nel tennis professionistico e stanno muovendo i primi passi?
“Informatevi e chiedete aiuto quando avete dubbi. Tenete a portata il nostro numero WhatsApp e partecipate ai programmi di formazione: sono lì per voi. Se qualcosa non vi sembra giusto, se c’è qualcosa che non vi torna, fidatevi del vostro istinto e parlate con noi. Gli staff devono conoscere le regole tanto quanto gli atleti. La loro influenza è enorme. Abbiamo programmi di formazione anche per voi: usateli”.
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