La VF Group – Bardiani CSF – Faizanè è riuscita a raggiungere l’obiettivo di essere nelle prime 30 squadre del ranking UCI. La formazione italiana ha lottato fino alla fine con la Solution Tech Vini Fantini per agguantare l’ultima posizione utile per poter ricevere un invito nei Grand Tour. Per entrambi i team del nostro Paese, naturalmente, l’obiettivo è partecipare al Giro d’Italia 2026, l’evento che garantisce maggiore visibilità agli sponsor e la vetrina più importante per i corridori. Alla fine è stata la squadra dei Reverberi ad avere la meglio per circa 250 punti: ora spetta all’organizzazione della corsa rosa, vale a dire RCS, scegliere se premiare ancora una volta il progetto del team con una Wild Card. In occasione del finale di stagione, la redazione di SpazioCiclismo ha voluto sentire Roberto Reverberi, team manager della VF Group – Bardiani CSF – Faizanè, per un commento alla classifica finale e al sistema punti.

Alla fine la vostra squadra ha raggiunto l’obiettivo della trentesima posizione nel ranking per squadre UCI. Come commenti questo risultato?

È evidente che c’era questa lotta per la trentesima posizione, anche se secondo me non ha nessun senso. Abbiamo lottato per arrivare trentesimi quando poi la trentaduesima squadra (la ATT Investments, ndr) è arrivata con quasi mille punti in meno di noi. E questo nonostante il fatto che ci saranno due squadre in meno l’anno prossimo, vista la chiusura della Arkea B&B Hotels e la fusione tra Lotto e Intermarché. Questa necessità di guardare la classifica UCI è un controsenso perché devi andare a fare corse ovunque per raccogliere punti. Quindi finisci per correre non per vincere ma per raccogliere punti. Magari ti accontenti di un piazzamento o guardi come vanno i corridori delle squadre con cui ti stai giocando un obiettivo. Non fa bene al nostro sport.

Questo riporta al tema di come vengono attribuiti i punti.

Il punteggio non rispecchia il reale valore delle squadre. C’è chi fa i punti in capo al mondo, chi in corse di alto livello. Al di là delle gare importanti o meno, non tutte le squadre fanno lo stesso numero di gare e le stesse competizioni. Le squadre World Tour fanno tutte le corse che vogliono, le Professional fanno solo un Grand Tour, a volte neanche uno. È un sistema iniquo. Non mi piace fare paragoni con il calcio, ma è come se si giocasse un campionato in cui il numero di partite non è lo stesso per tutti.

Come si potrebbe migliorare la situazione?

Secondo me, le squadre World Tour devono fare punti solo nelle corse World Tour. Sono formazioni costruite per fare risultati in quelle corse. Nelle altre corse si possono confrontare le Professional. Ma in realtà io penso che il ciclismo non sia uno sport da punti. È uno sport individuale dove conta la squadra e senza squadra non puoi fare risultato. Dover fare punti non è il modo giusto di fare le corse.

Avete portato le vostre rimostranze all’UCI?

Certo, abbiamo anche scritto all’UCI. Perché poi cosa succede? Che devi tener sotto i corridori tutto l’anno, devi fare punti e andare a tutta fino alla fine. A mio parere, dovrebbe intervenire anche l’Associazione dei Corridori. Con questo sistema, sei costretto a fare un calendario esagerato e i corridori sono stressati fino alla fine di una stagione intensa. Una squadra piccola come la nostra ha dovuto fare 210 giorni di corse. Abbiamo 23 corridori, 6 dei quali un anno fa erano juniores. Come fai ad aspettarti che possiamo fare questo calendario solo per avere punti?

Però non è cambiato niente.

In realtà anche l’UCI si rende conto della situazione, non solo al nostro livello. C’è malumore anche nel World Tour. Lo vedono tutti, ci sono 4 o 5 squadre con un budget esagerato che vincono tutto. E cosa succede? Che altre squadre World Tour, magari con un budget da 20, 25 o 30 milioni, vincono poco. La Bahrain Victorious ha vinto 8 gare quest’anno. Pensate a uno sponsor che magari investe milioni in una squadra e poi non vede nessuno dei suoi corridori quando nelle salite importanti di un Grand Tour rimangono solo in dieci nel gruppo di testa. E questo perché? Perché magari ce ne sono quattro della UAE, tre della Visma, due della Bora e un altro di un altro team. E nell’ultima ora di corsa, quella con più visibilità in televisione, si ritrovano senza un corridore davanti che viene inquadrato. Allora a quel punto che senso ha per uno sponsor investire?

Questo succede perché i migliori corridori sono bene o male negli stessi team.

Certo, e andrebbero distribuiti meglio in tutte le squadre. Attenzione, voglio che sia chiaro: non voglio condannare le squadre che hanno tanto budget, perché sono stati bravi a trovarlo e non sto dicendo che non è giusto che lo abbiano. Però dico che se continua questo andamento tra tre anni, quando finirà il nuovo triennio di punteggio UCI, ci ritroveremo con 5 o 6 squadre in meno. Gli sponsor non sono contenti di vincere 4 o 5 corsette in giro per il mondo. Adesso ormai ci sono i fenomeni che vincono tutto. Ormai parti per arrivare nei primi dieci, non più per il podio. E se ci pensi, è quello che un tempo facevamo noi della Bardiani: correre per un piazzamento, per andare in fuga, al massimo per una vittoria di tappa. Adesso però nei Grand Tour vanno via fughe con 20 o 25 corridori, molti dei quali di squadre World Tour. E questo perché? Perché sanno che in classifica generale non possono combinare niente e allora cercano la vittoria di tappa da lontano con corridori buoni. Le squadre più forti lasciano le briciole anche alle World Tour, figuriamoci alle Professional.

Per il ciclismo però è impossibile pensare a un salary cup in stile NBA, per mille ragioni. Forse un’idea potrebbe essere dare un limite di punti UCI conquistati nell’anno, o nel triennio, precedente?

Esatto, il salary cup è impossibile per una serie di motivi. Era stato proposto all’UCI un sistema basato sui punti conquistati, ma come fai a metterlo in pratica quando ci sono contratti firmati fino al 2029? Se all’improvviso metti un regolamento del genere Giannelli dell’UAE, o qualsiasi altro team manager, ti può dire che deve lasciare a casa un ragazzo che magari ha firmato un contratto quadriennale, ma non rientra nel tetto dei punti. Queste possibilità di regolamento andavano pensate prima. Adesso ormai c’è già troppo sbilanciamento. Io prendo come esempio la UAE perché sta facendo dei vuoti enormi. E anzi, così il ciclismo diventa quasi noioso. Il problema non è solo che hanno Pogacar o anche Del Toro, ma che ad aiutarli ci sono corridori che in altre squadre sarebbero capitani. Così è difficile competere.

Quindi quale soluzione si potrebbe trovare?

Sappiamo tutti che così si sta creando uno squilibrio che alla lunga è pericoloso. Anche l’UCI se ne sta rendendo conto. La mia proposta, che avevo già avanzato, è questa: se prendi un corridore da un’altra squadra lo paghi, anche se sta andando in scadenza di contratto. Ci vorrebbe una specie di premio di valorizzazione per le squadre più piccole che possono far crescere i più giovani. Poi, quando li porti in una World Tour, li fai crescere ancora. Così non gravano solo su di me, che ho una squadra Professional. Quest’anno per esempio perdiamo Pinarello, che ha già firmato con la Israel, e probabilmente Scalco, che dovrebbe andare in una World Tour. E io non li biasimo, perché ovviamente per loro è un passaggio importante in carriera, vanno in una squadra più grande, in una categoria superiore. Però noi Professional investiamo soldi per i giovani e quando crescono non ci rimane nulla. Il sistema del premio di valorizzazione non sarebbe per intascare i soldi, ma per investirli in altri giovani da far crescere. Così aiuteremmo tutto il movimento, non solo le squadre più grandi.

E come mai non è fattibile?

L’UCI lo aveva proposto, ma le squadre più forti non lo hanno approvato. Ovviamente a loro conviene poter prendere un corridore giovane allevato da un’altra squadra pagando solo il contratto. E a noi rimane ben poco.