Si allontana sempre di più l’apertura dell’Acquario di Roma, il tanto atteso “Sea Life”. 

Il tribunale, infatti, ha dato ragione a Eur Spa, proprietario dell’area su cui sorge la struttura, riguardo gli adempimenti della società concessionaria “Mare Nostrum Romae Srl”. Che dovrà pagare le penali per non aver concluso i lavori. Il tribunale ha inoltre rigettato la domanda risarcitoria avanzata da Mare Nostrum, che chiedeva a sua volta un risarcimento superiore a 50 milioni.

Eur Spa chiede i danni per l’Acquario mai aperto

Come fa sapere l’ente, partecipato al 90% dal ministero dell’Economia e delle Finanze e al 10% da Roma Capitale, i giudici hanno stabilito che l’attuale gestore dell’Acquario dovrà versare 25 milioni di euro di penali, per non aver portato a termine i lavori necessari alla messa in funzione dell’attrazione. Un intoppo ulteriore, l’ennesimo, che allontana ancora di più la possibilità di vedere aperta un’attrazione che affonda le origini all’alba degli anni Duemila.

La conclusione anticipata della concessione

Inoltre, Eur Spa ha inviato a “Mare Nostrum” una lettera in cui avvia l’iter di interruzione della concessione trentennale, iniziata nel 2006. Di conseguenza, l’ente presieduto da Enrico Gasbarra e amministrato da Claudio Carserà, rientrerà in possesso dell’Acquario. Ma ancora tanto deve accadere. 

Gli annunci e le cause legali

Facciamo un passo indietro. Nei mesi scorsi la “Mare Nostrum” della famiglia Ricciardi aveva ipotizzato l’agognata apertura dell’Acquario durante l’anno del Giubileo. I lavori, infatti, risultano quasi terminati ma per arrivare a dama i gestori si erano affidati alla “Costa Edutainment”, che gestisce l’acquario di Genova. Nel frattempo, però, pendeva sulle loro teste la causa intentata da Eur Spa per ottenere il riconoscimento delle penali, stabilite quasi dieci anni fa, relative alla mancata finalizzazione della struttura. Il giudizio, in primo grado, si è concluso nei giorni scorsi e ha dato ragione a Eur Spa. 

Ritardi nei lavori e finanziatori spariti

In un Dossier di RomaToday del settembre 2024 abbiamo ripercorso nel dettaglio quanto accaduto dal 2006 a oggi intorno all’Acquario di Roma. Innanzitutto, i ritardi nelle lavorazioni dovuti principalmente a modifiche progettuali obbligatorie e al conseguente lievitare dei costi. E poi al venir meno di fondamentali finanziatori, cioè due istituti bancari: Intesa San Paolo e Unicredit. Come confermato anche dalla “Mare Nostrum”, le due banche rappresentavano il 50% dell’investimento complessivo, ma hanno deciso di non rifinanziare. E così la società dei Ricciardi è rimasta sola alle prese con i creditori. 

Non solo. Anche quando gli attuali gestori sono riusciti ad attirare l’attenzione di potenziali investiori (in ultimo i londinesi della Zetland Capital), le garanzie chieste da questi hanno frenato ogni ulteriore passo. Per salvare la baracca chiedevano l’assenza di pendenze legali e una concessione molto più lunga, addirittura di 60 anni. E, come noto, l’accordo con Eur Spa a oggi scade nel 2039. 

L’ennesimo binario morto

E così a distanza di quasi vent’anni dall’inizio del progetto, si è arrivati a un nuovo binario morto. Alla faccia degli annunci e dell’entusiasmo mostrato dalla commissione Cultura di Roma Capitale, in visita a febbraio scorso nelle sale quasi completamente allestite del “Sea Life”, sotto il laghetto dell’Eur. Il gestore, che già dal 2018 è sotto lo schiaffo di un concordato preventivo per evitare il fallimento (i debiti sono scesi da 120 a 15 milioni di euro), adesso deve dare 25 milioni di euro a Eur Spa.

Eur Spa: “Stop alla concessione”

Tornando alla stretta attualità, queste sono le mosse da parte di Eur Spa. Innanzitutto, come detto, si porta a casa una sentenza favorevole sulle penali, assistita dallo studio legale internazionale Chiomenti, di Milano. Poi, vuole riprendersi l’Acquario: “Il consiglio di amministrazione, come atto dovuto, a fronte del perdurante
inadempimento di Mare Nostrum Romae S.r.l. rispetto alle obbligazioni assunte – si legge in una nota -, ha deliberato di risolvere il ‘Contratto di concessione-convenzione’ stipulato il 16 febbraio 2006 e dei successivi atti integrativi. Nei prossimi giorni, Eur Spa avvierà le necessarie interlocuzioni per riportare l’area nel patrimonio pubblico e tentare una soluzione conciliativa che consenta la definizione di tutti i rapporti pendenti, nell’interesse degli azionisti pubblici e della città di Roma”. L’ente ha poi tenuto a specificare che “le difficoltà di natura tecnica e finanziaria incontrate nella esecuzione del progetto privato sono interamente ed esclusivamente ascrivibili a Mare Nostrum Romae Srl”. 

L’opposizione dei gestori

Non sarà però così semplice voltare pagina. “Ci opponiamo alla risoluzione anticipata della concessione – fa sapere a RomaToday Massimiliano Ricciardi – che inoltre per noi sarebbe dovuta durare almeno fino al 2048”. C’è dell’altro: “In questa lettera non viene specificato l’ammontare dell’indennizzo in nostro favore. Bisogna essere trasparenti, è un tema di cui dovremmo discutere con Eur Spa”. C’è odore di un altro contenzioso, ma staremo a vedere. 

Ricciardi: “Potevamo riaprire nel 2025”

Ricciardi è amareggiato: “La proprietà non è stata mai conciliante nei nostri confronti – accusa – e anche per questo non siamo mai riusciti a concludere accordi con potenziali investitori e altri gestori che avrebbero finalmente portato a termine l’opera e aperto l’Acquario. Con Costa di Genova ci siamo incontrati oltre due anni fa, a febbraio scorso sono venuti qui e ci hanno garantito che in sei mesi avrebbero finito tutto. Ma con una causa in corso e la richiesta delle penali, non potevano firmare nulla. L’apertura per il Giubileo era seria? Certo”. 

Una stoccata arriva anche alla politica: “L’amministrazione avrebbe dovuto e potuto essere più attenta e presente – conclude – perché questa è un’opera privata ma con indirizzo pubblico, quello che ha sempre voluto fare mio padre (Claudio, ndr) è realizzare un luogo di educazione dedicato ai più giovani. Non riuscirci è veramente un grande peccato. Sono sbigottito perché è prevalso il cinismo delle cause legali”.