L’X Factor Karma è quello che ti porta ad applaudire Francesco Gabbani durante l’edizione più noiosa e prevedibile della storia del talent. Così tanto che pure Giorgia, solitamente impeccabile, ne sbaglia un paio giusto, forse, per tenersi sveglia. Beata lei, che ci è riuscita. I giudici, a naso, no.
Confesso, uso sempre lo stesso file, tanto so che il 10 sarà sempre di questa ragazza. Che il televoto potrebbe falciare perché non abbandonerà il suo siciliano, ma chissenefrega perché Signor tenente ammischiata a Brucia la terra è una delle cose per cui vale la pena vivere. Datele un Grammy, ma pure un Tony, un Ubu e un David. Lei canta, suona, recita, diventa film. E ha un gusto musicale e della rappresentazione poetico, selvaggio e struggente. E poi Nino Rota, con Brucia la terra è un regalo che non meritiamo. Quella canzone che lui scrisse per Fortunella di Eduardo De Filippo e poi chiamato da Francis Ford Coppola riadattò rallentandola e facendola divenire il main theme del Padrino. E che solo un invidioso rivale gli impedì di trasformare in un Oscar (che poi vincerà con Il Padrino – Parte II) perché rivelò all’Academy la non originalità della composizione già usata in un’altra opera. Lei è Gaber e Gabriella Ferri dentro un solo corpo, siciliano. Non datele un album, ma un’opera pop. Di tre ore. Vi prego.
Gabbani (8) dimostra di essere il giudice più preparato – il voto è abbassato per via di «cosa fa una sardina in accappatoio, si acciuga» – e da questa serata esce come quello che ha fatto la squadra migliore e che fa assegnazioni da paura. Rocket Man a Pieci è un bel rischio ma anche una scelta raffinata che, grazie al talento del ragazzo, paga eccome. Ha ragione Jake La Furia: per far vincere un altro il 4 dicembre a Napoli, bisognerà rapirlo.
Ma come fai a non amarla quando dice «Questa mia improbabile carriera da presentatrice»?. Adorabile anche quando sbaglia – come nel riassumere gli appuntamenti con il day time e Ante Factor, dove fa confusione e lo ammette e ci scherza su – il 9 è però tutto per quell’inizio in cui ci regala la sua voce irripetibile e clamorosa in un medley dove fa tutto: virtuosismi, cambi di direzione vocale, di ritmo, di registro. Quando canta è sovraumana, quando conduce è attenta e professionale, pure quando apre la busta non puoi non amarla.
Mia moglie la sente e dice: «Finalmente. Una brava in questa edizione che è la più moscia da sempre» (Fabio D’Innocenzo è d’accordo, sulla mosceria non so su Annalisa, ma poi quando lo mettiamo al tavolo della giuria?). Non aveva capito che era la vera Annalisa. Che ci dice un po’ tanto sia di X Factor, che sta privilegiando voci troppo imitative, sia del repertorio di questa ragazza che è fatto col compasso. Puntato sui suoi successi e che non si allontana dal piccolo cerchio che puoi tracciare girandolo. Però che performer. Sembra Raffaella Carrà. Che carisma. E che bella che è quando urla il suo grazie alla band e ai ballerini. Se solo riuscissi a concentrarmi sulle sue canzoni. Succede, alle ragazze per bene.
Il sospetto è che pure questo sia un voto che si merita soprattutto Francesco Gabbani che scova, riscopre En e Xanax di Samuele Bersani – bellissima – e gliela fa indossare perfettamente, portandola all’elettronica e consentendole di usare una voce insospettabile – ma lui invece l’aveva capito – perché l’aveva usata decisamente male fino a oggi. La vera sorpresa della puntata. Insieme al costume da cameriera di YouPorn di Paola Iezzi (zero), che ci conferma che al brutto non c’è mai fine.
Intendiamoci, il format di Ante Factor è incredibilmente inutile, una camera di decompressione pre live che neanche Jimmy Kimmel rivitalizzerebbe. E diciamo che Gazzoli, che ha il passo del podcast nel sangue, non aiutava, con una conduzione stitica e fuori ritmo (proprio lui, peraltro). Per sua fortuna farà Sanremo Giovani e la radio e il podcast che fa alla grande. A sostituirlo Mariasole Pollio, che è una bella sorpresa. Tiene altissimo il ritmo, non strafà ma tiene quei minuti con bravura e domande ben pensate dagli autori e ben poste da lei. Un prologo vero, magari per chi passa di lì per la prima volta. Bellissima, un tempo nel cast di Violetta e poi in coconduzione a Battiti Live, se la cava molto bene. E non è facile in uno spazio televisivo così complicato, breve e senza identità.
Funziona, pure troppo. La japoletana sembra una professionista e al di là del montaggio che ce la vuole far apparire come una piagnucolona, sembra già molto solida. Tanto che il suo Tutti di Calcutta sembra proprio un’assegnazione un po’ “catenacciara”, un pezzo che poteva fare a occhi chiusi (e che non le si addice molto) giusto per essere tra i primi 11 oggi. E visto il carisma (ancora?) limitato questa strategia durerà ancora un po’, c’è da scommetterci.
Alanis Morissette è una vetta altissima da scalare: la cantautrice canadese ha una voce potente e nitida, un timbro talmente inconfondibile che è difficilissimo da emulare e non è il caso di tradire (e infatti non lo fa). Così cadere nell’imitativo è abbastanza inevitabile ed è il difetto della performance. Il pregio è che non ne esce con le ossa a pezzi e va detto che basta e avanza in questa fase in cui semplicemente non devi essere il peggiore e puoi permetterti qualche rischio in più.
Telly non piangere
VOTO
5,5
Io non ho ancora capito chi sia. Mi piace, per carità, però quando va sull’indie sento che dovrebbe essere più dark, quando va sulle tonalità più scure, penso che dovrebbe essere un Gazzelle più ruvido. Ma, sinceramente, dopo un iniziale e superficiale entusiasmo, a fine performance c’è sempre qualcosa che non mi convince (che poi è la stessa cosa che le donne dicono sempre di me). Dargli Coez con La musica non c’è poi non è stato geniale, quello è un pezzo-trabocchetto, apparentemente facile da rifare, ma in realtà impossibile da restituire nello spirito e nel ritmo interno. Ti lascia avvicinare a guardia abbassata solo per metterti a tappeto. A meno che tu non sia Matteo Renzi, ovviamente (la ricordate quella performance, vero?). A quel punto si scatena la scuola di danza nello stomaco. Shock, because.
So che sarebbe più comodo mettergli un 7 e non affrontare la rabbia isterica dei fan di questo ragazzo, ma sento Battisti declinato da quella voce educata e continuo a pensare che Erocaddeo sia un abbaglio collettivo. Sembra diligente ma bidimensionale e non senti mai qualcosa che quella canzone, invece, tira sempre fuori. Non ha esitazioni e questo è quasi il peggio. Se fai un pezzo di questo tipo devi arrivare al limite emotivo e performativo che ti fa rischiare l’errore, lui invece rimane sempre nella sua zona di sicurezza. Forse deve diventare Saròcaddeo.
Anche lui ha una fanbase importante e permalosa. Però dopo aver capito che sa stropicciarci cuore e stomaco con Cocciante e Soci, con Blanco ottiene solo un look che gli potrebbe consentire di essere credibile anche nel 2025.
Non scandisce bene e cosa peggiore, senza l’ambizione di quei pezzi urlati e barocchi non trova un impeto suo, sembra quasi nascondersi dietro lo strumento. Ma ha 16 anni e comunque una gran voce, cercasse di godersela e tuffarsi in acque inesplorate. Altre. Paga, probabilmente, il fatto che il primo a etichettarlo e confinarlo in una gabbia è proprio il suo giudice. Certo, lui aveva proposto la sua versione di Nessun dorma in uno dei più brillanti esempi di cupio dissolvi dopo Lorenzo Lucca a Eindhoven. Comunque la voce c’è, la canna e la tenuta pure, ma deve crescere. In tutti i sensi. E esplodere anche senza il ricatto sentimentale dell’emozione forte.
Si toglie la coppolella e sembra un caratterista del Padrino. Poi balla poco e allora dobbiamo ascoltare la voce. Meno soul di quello che puoi immaginare, ma più sul blues. Sceglie con Paola un Pino Daniele non tra i migliori e quindi paradossalmente ancora più complesso da restituire. Ecco, al di là delle venature originali della voce e le mossette e i look passati, sotto la coppolella non è che non ci sia niente. Ma potrebbe non esserci abbastanza.
Sincero? Non ho riconosciuto Wrecking Ball fino a metà canzone. Il 3 va condiviso con il giudice che decide di dargli una performer e una cantante lontana anni luce da lei e infatti Amanda devitalizza la canzone come fosse un dente cariato, la appiattisce, la fa sparire dietro un karaoke di altissimo livello. Voce clamorosa, ma il sospetto è che sappia fare molto bene sempre la stessa cosa o quasi.
Lo so è un voto davvero troppo severo. Ma se mi tocchi Mia Martini è come se mi dici che Diego Armando Maradona non è stato il più grande giocatore della storia del calcio. Lei prende Gli uomini e non va. Né quando rimane attaccata a testo e armonie, non brillando mai, né quando prova cambi di ritmo e tonalità su singoli momenti. A un certo punto giuriamo, su “ti uccidono”, di averla sentita stonare. Sta di fatto che è la prima volta che sento questa canzone e non mi commuovo né mi vergogno. Una nota di merito per il look: bellissimo. Se Lauro l’avesse valorizzata quanto ha fatto lo stylist, ora sarebbe la favorita.
Tutto sbagliato, ma non tutto da rifare perché vengono eliminati. Penalizzati da tutto: dalla sedia conquistata immeritatamente ad Achille Lauro che confeziona per loro una presentazione irritante e controproducente. Ci dice che scrivono inediti clamorosi, ma non ne portano uno. Sottolinea che hanno fatto il Conservatorio e poi fa far loro due pezzi musicalmente abbastanza elementari. A quel punto, che so, dagli Bohemian Rhapsody. Cronaca di una morte (nel talent, sia chiaro) annunciata.