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C’è una barca vecchiotta nel primo sogno che Claudio Risé trascrive dopo aver compiuto ottant’anni. «Una specie di caicco», annota, «ormai difficile da trovare», con due vele già issate. Il sogno comincia nel rumore di una festa universitaria, troppa gente, troppe parole inutili. Poi, senza sapere come, il sognatore si trova lì, sul ponte di legno. Scende sottocoperta, trova una cabina modesta, si stende, osserva e ascolta le onde leggere del porto. «Ho una piacevole sensazione di freschezza, silenzio», racconta, «e mi godo lo sciabordio della barca nell’acqua».
Per anni Risé, psicanalista, studioso, cristiano irregolare e silvestre (e ospite alla festa di Tempi a Caorle quest’anno), ci ha guidati alla ricerca del maschile ferito, del padre scomparso, della natura dimenticata. Ora ci consegna Scuola di sogni (Signs Publishing, curato da Francesco Borgonovo), che è un libro-testimonianza e insieme un atto di fede: nella realtà dell’inconscio, nella profondità dell’uomo, e nel bambino et…

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