Durante l’estate è stata protagonista con il brano Oh ma insieme a Rocco Hunt e impegnata nel tour, ora la voglia di evolversi sempre ha portato Noemi anche in radio con la conduzione di Non solo parole su Radio1 e in tv tra i giudici del talent Io Canto Family su Canale 5. In cantiere c’è la ripartenza del Nostalgia Tour nei teatri con il gran finale al palazzetto del sport di Roma, per la sua prima volta. “Come resisto? Mi faccio di ovomaltina”, scherza l’artista in una conversazione con l’ANSA.
“Quando inizi l’anno con il festival di Sanremo come ho fatto io, l’auspicio è che sia un anno pieno di impegni, con tanti tasselli in più”. E dato che il toto-nomi per la prossima edizione è già partito, sgombra subito il campo dalle ipotesi che possono riguardarla. “Ancora? Mi viene il dubbio che nessuno si sia accorto che ho fatto l’ultimo festival – ironizza -. Due di seguito mi è capitato di farli nel 2021 e 2022, però mi serviva: sentivo l’esigenza di dover rafforzare un cambio musicale e canoro. Stavolta non sento questa necessità. Quella settimana voglio andare in montagna a sciare”, e se la ride di gusto. Febbraio è lontano e gli impegni lavorativi intanto la reclamano. “In radio mi piace sentire parlare gli altri, sapere cosa pensano. Io sono fan dei podcast, ma non quelli che si improvvisano. Il mio preferito? La Zanzara, ma forse non dovrei dirlo. La conduzione mi piace soprattutto se parliamo di musica. In tv mi ha emozionato il contatto con i giovani. Se devo scegliere però preferisco la radio: non mi devo truccare, E io sono una da jeans e maglietta. La dimensione del look è diventata importante, anche troppo. Guardarsi e non vedersi, è una sensazione brutta, io l’ho vissuta per una parte della mia vita. Oggi sono più pacificata. Mi piaccio? Diciamo che punto di più sulla simpatia”.
Alcune sue colleghe, da Elodie ad Emma, si sono cimentate anche con successo con il cinema, Noemi ne è stata attirata? “Sono laureata in critica cinematografica e mi piace più scrivere che recitare. Se dovessi fare una scelta del genere sarebbe dettata dal progetto e dalla sua qualità”. Se avesse la possibilità di avere un programma tutto suo, “sarebbe legato a musica e arte, con una serie di incontri con artisti di ambiti diversi”. In ogni caso non lascerebbe mai la musica per la tv o la radio. “No, mai. Cantare dal vivo e il contatto con il pubblico sono le cose che preferisco. Far diventare le canzoni pezzi della vita di qualcun altro è impagabile”. Il 20 dicembre sarà sul palco del palazzetto dello sport della sua Roma, a conclusione del tour indoor. “Una grande soddisfazione, costruita con lentezza. È una bellissima ciliegina, anzi una ciliegiona sulla torta che è stato fin qui il mio percorso. Sarà una grande festa, con tanti amici”, racconta Noemi. Già annunciati Gigi D’Alessio, Francesco Gabbani, Fabrizio Moro, Tiromancino e Carl Brave. E dopo il palazzetto, c’è nella lista dei desideri anche uno stadio. “No, non ho un repertorio da stadio, anche se la mia Vuoto a perdere viene cantata sia dai tifosi del Paris Saint-Germain che da quelli del Napoli. Allo stadio vado a vedere la Roma, mentre la mia dimensione più bella è il teatro e il mio sogno piuttosto – rivela l’artista – è fare un concerto con l’orchestra”.
Tra una conduzione, un live, una prima serata tv, Noemi trova il tempo anche di andare in studio. “Fare musica è un po’ come fare il contadino, si va tutti i giorni. È una necessità a prescindere se deve uscire qualcosa o no. Non sono di quelle che a tavolino si mette a scrivere, sono più per l’emotion: stai cazzeggiando esce fuori un’idea. ne parli con un autore che stimi e nasce qualcosa di bello”. Di collaborazioni la cantante ne conta moltissime nel suo curriculum: “Ho sempre cambiato, ma trovando autori e cantautori molto bravi. Quando Vasco mi ha detto che voleva scrivere sul mio modo di cantare e nacque Vuoto a perdere mi sono stupita. Anche quest’anno al festival Blanco e Mahmood hanno voluto scrivere Se t’innamori muori sulla mia voce. Con il mio tipo di voce non posso cantare qualsiasi cosa”. La collaborazione mancata – almeno finora – è quella con Andrea Laszlo De Simone: “Mi piace il suo modo di raccontare la musica, il suo approccio supervintage e super-out, il suo essere fuori dalle dinamiche del mercato. Io invece sono più dentro alla parte pop, più legata all’algoritmo, a questo tamagochi a cui deve sempre dar da mangiare”.
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