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Laura Cuppini

Perno (Ospedale Bambino Gesù): «West Nile non si trasmette da uomo a uomo, ma non sappiamo se chi si è ammalto sviluppa immunità»

Carlo Federico Perno, responsabile dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, la diffusione del virus West Nile in Italia è preoccupante?
«Senza dubbio serve attenzione. Nel 2025 sembrano esserci più casi rispetto agli anni precedenti, probabilmente per una serie di casualità che non riguardano il caldo o la quantità di zanzare, ma piuttosto la presenza di uccelli selvatici, serbatoi naturali del virus. E le zone paludose, come l’Agro Pontino o la Pianura Padana, sono maggiormente a rischio. Il virus è trasmesso all’uomo, ma anche ad altri animali (in particolare i cavalli), dalla zanzara Culex, presente in Italia da alcuni decenni».

West Nile non passa da uomo a uomo: potrebbe accadere in futuro?
«È difficile, perché il virus ha una trasmissibilità non fortissima, al contrario di Sars-CoV-2. Serve una buona quantità di sangue infetto per provocare un contagio attraverso la zanzara-vettore. O attraverso, per esempio, una trasfusione. Invece non abbiamo evidenza della trasmissione attraverso rapporti sessuali».



















































È possibile che si sviluppi una forma grave in soggetti sani?
«Non possiamo escludere l’eventualità, anche se l’evoluzione della malattia con encefalite è molto rara e colpisce di preferenza i soggetti fragili. Nei primi anni di diffusione della febbre West Nile in Italia, c’erano stati però alcuni casi di encefalite in adulti senza patologie, poi guariti. Finora la mortalità ha riguardato persone anziane immunodepresse o con patologie, ma bisogna restare vigili».

Come si riconosce un’infezione da virus West Nile?
«Nella maggior parte dei casi i sintomi sono assenti o molto lievi, ma in presenza di febbre alta o sintomi neurologici centrali, come convulsioni, sonnolenza, disturbi della vista, bisogna andare in ospedale e sottoporsi al test, non solo nelle zone endemiche come l’Agro Pontino. Questo vale per adulti e bambini, anche se finora non risultano casi infantili gravi. I sintomi dell’infezione poi sono variabili: per esempio possono verificarsi gastroenterite, disturbi respiratori o cutanei. Dato che in questo periodo dell’anno i virus stagionali circolano poco, è bene in questi casi avere il sospetto di West Nile e sottoporsi ad accertamenti».

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Dove si fanno i test?
«Per ora solo negli ospedali, che poi inviano il campione ai Centri abilitati, per esempio l’Istituto Spallanzani».

Quali sviluppi può avere la malattia?
«Il virus, nelle forme più severe, provoca encefalite, un’infiammazione del cervello. Un’eventualità molto rara, ma non impossibile. In ogni caso, se si tratta in tempo, generalmente si riesce a fermare l’edema cerebrale, ovvero l’accumulo anomalo di liquido».

Chi si è ammalato raggiunge l’immunità?
«Non lo sappiamo con certezza. West Nile fa parte di una grande famiglia di virus, che comprende anche Zika. Sappiamo che questi virus “parenti” non forniscono immunità crociata, cioè l’infezione non protegge da germi simili. Inoltre esistono diversi ceppi di West Nile, almeno 9, e non è chiaro se l’infezione causata da un ceppo possa proteggere dagli altri. Questo virus va studiato, anche perché ormai è endemico a livello mondiale, si trova in tutte le aree con clima temperato. In Italia la sorveglianza è attiva ed efficace, ma non accade lo stesso in altri Paesi».

30 luglio 2025 ( modifica il 30 luglio 2025 | 13:00)