di
Paolo Salom
Intervista ad Alon Pinkas: «Mai sentite parole così esplicite dal nostro alleato»
Per Alon Pinkas, ex diplomatico, consigliere di premier come Shimon Peres e Ehud Barak, il problema per Israele è uno solo: l’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu. «È una questione di credibilità. Che ha origini antiche e si è riproposta negli anni al cospetto di presidenti come Bill Clinton, Barack Obama, il primo Trump, poi Joe Biden e, ora, il secondo Trump».
Pinkas, che è stato console israeliano a New York dal 2000 al 2004 e oggi è un commentatore sulle maggior testate del Paese, ci risponde dalla sua casa di Tel Aviv per parlare dell’ultimo scontro verbale tra la Casa Bianca e lo Stato ebraico, scaturito dal voto preliminare della Knesset sull’annessione di parte dei Territori occupati. Un voto subito sconfessato da Netanyahu che ha accusato l’opposizione di volerlo mettere in cattiva luce. «Vero. Ma ogni volta che apre bocca, gli interlocutori devono fare attenzione alle virgole, perché alla fine sanno che Bibi proverà a manipolarli».
«Certo. Pensiamo al piano per Gaza del presidente Usa: è stato anticipato da Trump per l’assenza di fiducia nel nostro premier. E prima ancora, Donald si era infuriato per l’attacco in Qatar e lo ha detto a chiare lettere in un’intervista (su Time, ndr)».
Siamo in un passaggio delicato, il piano per Gaza prevede una seconda fase...
«Sì, e gli americani cominciano a pensare che Netanyahu sarà un ostacolo. Non potendo fare aperte pressioni, usano le parole. Non è un caso che il vicepresidente Vance si sia dichiarato “offeso” dal voto sull’annessione».
Non sembra però che tra Netanyahu e Trump ci sia malumore. Anzi: in pubblico sono tutti sorrisi.
«Vediamo i fatti. Gli Stati Uniti sono contrari all’annessione dei Territori dal 1967. Finora lo status quo è stato rispettato. Arriviamo agli accordi di Abramo del 2020. Subito dopo la firma alla Casa Bianca, Netanyahu disse ai rappresentanti dei coloni: “Quando torno in Israele, presenterò una risoluzione per annettere larghe parti dei Territori”. Gli Emirati, avendolo saputo, chiamarono subito Trump: “Ci ritiriamo dagli accordi e dall’acquisto di armi. Perché? Netanyahu ha detto che annetterà la Cisgiordania…”. Trump si infuriò e subito richiamò all’ordine l’”amico” Bibi: “Ritira subito tutto”. E così fu».
Ma oggi la situazione non è differente?
«Non direi. Prima lo ha costretto a scusarsi con il Qatar (dopo l’attacco missilistico del 9 settembre, ndr) e poi ad accettare l’accordo che ha di fatto fermato la guerra a Gaza. Ora c’è un fragile cessate il fuoco. Cosa ha fatto Trump, visto che non si fida di Netanyahu? Ha mandato in Israele Witkoff e Kushner; poi Vance, e ora arriva Rubio. Mai visto nulla di simile. Ribadisco: Netanyahu non fa una bella figura. E poi la minaccia esplicita su Time…».
Trump ha detto: «Israele perderà tutto il sostegno degli Stati Uniti se annetterà la Cisgiordania».
«Esatto: mai sentite parole simili e così esplicite dal nostro alleato».
La legge tuttavia è stata «congelata» dal premier che ha dato la colpa all’opposizione e a un deputato ribelle del Likud, il suo partito.
«Quel voto, proprio ora, è stato una follia. Bibi dice che è stata una montatura? Primo, non ha nemmeno provato ad evitare una simile figuraccia. Secondo, se voleva ma non ci è riuscito, ha dimostrato di essere debole. In ogni caso sono d’accordo con lui su una cosa: l’opposizione ha fatto il male di Israele».
Reggerà la tregua a Gaza? Si passerà alla fase due?
«Non sono ottimista. Esiste un problema di Hamas che non vuole disarmare e delle forze internazionali che potranno entrare nella Striscia solo dopo un accordo con l’Anp: cosa che Netanyahu non vuole. E quindi siamo a un’impasse che sta facendo infuriare gli americani: se sponsor come i sauditi si tireranno indietro, Trump non ci farà una bella figura».
«Niente. Netanyahu cercherà di convincere gli Usa che basterà un’altra operazione militare e tutto sarà sistemato. Ma così Israele sarà di nuovo al centro delle critiche del mondo».
«Siamo noi che dobbiamo vivere qui. Pensate al disastro se anche in Cisgiordania si tornerà alla violenza. L’unica soluzione possibile sono elezioni e un nuovo governo. Senza Netanyahu».
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24 ottobre 2025
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