Non sapendo di essere intercettato Filippo Piritore – ex prefetto che avrebbe depistato le indagini sull’omicidio dell’ex presidente della Regione Piersanti Mattarella, e arrestato oggi – confidava alla moglie il timore di essere coinvolto in iniziative giudiziarie. Era il 22 settembre 2024 e da poco era stato interrogato dalla Procura. “Qualche cosa fanno – diceva. Tutto quello che mangio mi fa acidità per ora… è lo stress…tu non sai quello che…”, dice alla donna. ” E va beh fai male…sbagli…tanto non serve a un cazzo quindi…peggio per te…tutto sto stress ridicolo…”, risponde lei. 

“Rompere i coglioni dopo quarantacinque anni…”, continua Piritore, riferendosi agli inquirenti che continuano a indagare sul delitto. “Qualche cosa fanno”, aggiunge paventando iniziative contro di lui. “Ma che fanno…! Non fanno un cazzo…dopo quarant’anni che cazzo devono fare… sei tu che sei tipo uccello del malaugurio”, commenta la moglie. Secondo i pm le frasi captate sarebbero “incompatibili con la posizione di un funzionario che ha compiuto il proprio dovere”. “Figura di merda, non ricordavo un cazzo….io poi gliel’ho detto…’ guardi secondo me…dico saranno sparite negli anni ’90 perché dico prima nell”80 servivano da solo…non potevano servire solo per le impronte digitali…e dopo è venuto il Dna…quindi sono sparite da…se sono state occultate negli anni ’90…quando si è scoperto il Dna”, aveva detto alla moglie il 17 settembre dopo essere stato sentito, riferendole il contenuto dell’interrogatorio. 

“Il tenore delle conversazioni intercettate – è il commento dei magistrati – rivelava innanzitutto un profondo sconvolgimento di Piritore sia prima che dopo le sue dichiarazioni, tanto che lo stesso cercava di sfuggire alle domande della moglie durante il tragitto per e da Palermo per sottoporsi all’atto istruttorio”.

Contrada: ‘Mai saputo del guanto, con Piritore non eravamo amici”

“In 45 anni, da quando è stato ucciso Piersanti Mattarella, non ho mai sentito parlare di questo guanto. Mai. Glielo posso assicurare”. A parlare con l’Adnkronos è Bruno Contrada, l’ex numero 2 del Sisde, che il 6 gennaio del 1980, quando fu ucciso il presidente della Regione, era a capo della Squadra mobile di Palermo, ad interim, dopo l’uccisione di Boris Giuliano. “Io facevo sia il dirigente della Criminalpol che il capo della Mobile – racconta Contrada che oggi ha 94 anni – Dopo poco tempo prese il mio posto Giuseppe Impallomeni, che fu portato dal questore Vincenzo Immordino, per sostituire Boris Giuliano. Una nomina avvenuta contro il mio parere”.

Contrada non andò sul luogo dell’omicidio, quella mattina del 6 gennaio 1980. Ma nell’estate di quell’anno raggiunse la vedova di Piersanti Mattarella, che era in vacanza a Londra. “Fu il questore di allora a chiedermi di andare a Londra per mostrare alla vedova, Irma Chiazzese, una foto. Quella di Salvatore Inzerillo. Era stato pochi giorni dopo l’omicidio del Procuratore Gaetano Costa. E la signora disse: ‘Lo escludo che sia stato lui a sparare’. Io, temendo che avesse paura, la rassicurai e le dissi: ‘Non lo dirò mai a nessuno se lo ha riconosciuto’ ma lei insistette e disse che non era lui. Così me ne tornai a Palermo”.

Poi, parlando dell’ex Prefetto Filippo Piritore, finito ai domiciliari, dice: “Non è mai stato alle mie dirette dipendenze. E soprattutto non eravamo amici. Io ero alla Criminalpol e ad interim alla Mobile”. Secondo la Procura di Palermo i rapporti tra i due erano ottimi al punto che Piritore avrebbe invitato Contrada al battesimo della figlia, nata nel febbraio del 1980.

“Non ricordo assolutamente di essere andato al battesimo della figlia di Piritore”, dice Contrada. “Magari mi avrà invitato ma non sono andato, assolutamente. Né sono mai stato a casa sua o lui a casa mia”. E poi parla di una fotografia con i funzionari della Squadra mobile di allora, e ribadisce: “E Piritore non c’era”.

Dopo l’omicidio, Bruno Contrada ebbe dei contatti con l’allora pm che coordinava l’inchiesta sull’omicidio Mattarella, Pietro Grasso. “Ho avuto dei contatti con Grasso, mi pare che gli consegnai un rapporto giudiziario, in particolare sugli appalti sulle scuole”. Poi, tornando a parlare di Piritore ribadisce: “Non ho alcun elemento per dire che lui avrebbe depistato le indagini, se solo avessi avuto la minima idea lo avrei denunciato io alla Procura…”.

Agueci: “L’inchiesta conferma che non è stata solo Cosa nostra”

Contattato dall’AdnKronos Leonardo Agueci, il magistrato che rappresentò l’accusa nel processo d’appello per l’omicidio dell’ex presidente della Regione, ucciso il 6 gennaio di 45 anni fa in via Libertà a Palermo, dice invece: “Prendo atto che un ex alto dirigente di Polizia viene accusato di depistaggio per avere fatto sparire delle prove importanti sull’omicidio di Piersanti Mattarella e questa mi sembra un’ulteriore evidente conferma che non si sia trattato di un semplice omicidio di mafia. Lo dice del resto la stessa Procura, affermando che le indagini sull’omicidio furono ‘gravemente inquinate e compromesse dai appartenenti alle istituzioni che, all’evidente fine di impedire l’identificazione degli autori del delitto, sottrassero dal compendio probatorio un importantissimo reperto, facendone disperdere definitivamente le tracce’”.

L’allora sostituto procuratore generale di Palermo, nel 1998, aveva impugnato la sentenza di assoluzione della Corte d’Assise di primo grado e quindi, nel processo di appello, aveva chiesto la condanna per il terrorista “nero” Giusva Fioravanti quale esecutore materiale dell’omicidio, riprendendo le tesi di Giovanni Falcone e Gioacchino Natoli.

I giudici della Corte d’assise d’appello di Palermo confermarono però la sentenza di assoluzione, divenuta poi definitiva in Cassazione, sostenendo che Cosa nostra non si sarebbe potuta avvalere della “collaborazione” esterna di killer. “Non v’è dubbio però”, dice l’ex procuratore aggiunto di Palermo, “che oggi si è acquisita una chiara consapevolezza sui contatti avvenuti tra mafia e ambienti eversivi, come in particolare affermato dalla sentenza della Corte d’Assise di Bologna, confermata lo scorso gennaio dalla Corte di Cassazione”.

E, tornando a parlare dell’inchiesta che coinvolge l’ex Prefetto Filippo Piritore, finito agli arresti domiciliari con l’accusa di avere depistato le indagini, facendo sparire il guanto del killer ritrovato sulla Fiat 127 dopo l’omicidio, Agueci osserva che, “se vi è stata, da parte di funzionari dello Stato, una attività di occultamento di prove dirette all’identificazione del killer, è difficile pensare che ciò sia stato fatto per favorire uomini della mafia, ma piuttosto per coprire personaggi appartenenti ad altri ambienti, apparentemente estranei – all’epoca – alle strategie mafiose. E difatti le indagini, inizialmente concentrate verso esponenti di mafia, solo in un secondo tempo, e precisamente dopo le dichiarazioni rese nel 1982 da Cristiano Fioravanti, fratello di Giusva, si rivolsero in direzione dello stesso Giusva Fioravanti e del terrorismo “nero”, ricevendo peraltro una fondamentale conferma dal riconoscimento da parte di Irma Chiazzese, vedova dell’allora presidente della Regione siciliana, che in quella mattina del 6 gennaio 1980 disse di avere visto in faccia il killer del marito”.

“Nonostante ciò la Corte d’Assise di Palermo – che ha condannato i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Provenzano, Bernardo Brusca, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nené Geraci quali mandanti dell’omicidio – ha ritenuto invece di assolvere Fioravanti e Cavallini, dall’accusa di avere materialmente eseguito l’omicidio, accogliendo la analoga richiesta del Pubblico Ministero di Primo Grado. È una sentenza che non mi ha mai convinto – dice ancora Agueci – tanto è vero che ne ho chiesto la riforma in appello e, nel successivo giudizio, ho chiesto la condanna di Fioravanti quale autore materiale dell’omicidio, cosa della quale sono ancora oggi convinto”.

Omicidio Mattarella, il cronista autore dello scoop: “Non fu Piritore la mia fonte”

Così Daniele Billitteri, 74 anni, ex cronista di cronaca nera del Giornale di Sicilia e autore dello scoop pubblicato pochi giorni dopo l’omicidio di Piersanti Mattarella sul ritrovamento del guanto nella Fiat 127 trovata in via Laurana e della telefonata anonima arrivata alla Squadra mobile di Palermo, in cui venivano descritti i movimenti del killer dopo il delitto: “Non so se il Prefetto Piritore può avere depistato le indagini – ha detto all’AdnKronos -. L’ho conosciuto quando era un giovane funzionario della Squadra mobile di Palermo e io un giovane cronista del Giornale di Sicilia. E se lo ha fatto sono certo che non lo ha fatto per conto di Bruno Contrada che all’epoca era il dirigente pro tempore della Squadra mobile”. 

Era l’8 gennaio del 1980 quando Billitteri scriveva: “Una voce maschile aveva descritto i movimenti dei sicari di Mattarella e rivelava un particolare incredibile: ‘Uno dei due killer è passato da via Libertà poco tempo dopo l’omicidio, quando già l’auto del presidente della Regione era circondata dagli esperti della Scientifica’. Lo sconosciuto informatore avrebbe descritto i movimenti degli assassini subito dopo l’omicidio. In particolare, i due killer sarebbero stati visti abbandonare la 127 bianca in via De Cristoforis, una traversa di via Laurana. A questo punto, i due giovani sarebbero entrati nell’androne di un edificio vicino alla strada e si sarebbero cambiati d’abito. Poi, sarebbero saliti su una 850 grigia”. Successivamente, “uno dei sicari sarebbe ripassato da via Libertà”. E poi l’altro scoop: “Sarebbero stati trovati dei guanti nella 127”. Era il guanto del killer, di cui si sono perse le tracce. Secondo la Procura di Palermo a fare sparire il prezioso reperto, la ‘prova regina’, sarebbe stato proprio Piritore.

Il guanto scomparve misteriosamente fra la Squadra mobile e il palazzo di giustizia. Il giornalista Daniele Billitteri nei mesi scorsi è stato ascoltato come persona informata sui fatti dalla ormai ex procuratrice aggiunta Marzia Sabella e dalla sostituta Francesca Dessì. Oggi Billitteri dice: “Non fu sicuramente Filippo Piritore a fornirmi quelle notizie”. “Io vivevo praticamente alla Squadra mobile di Palermo e quindi avevo ottimi rapporti con le mie fonti”, aggiunge.

Tornando sul reperto scomparso, Billitteri spiega: “A quel tempo non c’era ancora il Dna e probabilmente a queste cose non si prestava la dovuta attenzione”.