di
Greta Privitera

Una mappa mostrata ieri dal Segretario di Stato Marco Rubio sostiene l’ipotesi di partizione

La mappa gigante di Gaza divisa in due proiettata alle spalle del Segretario di Stato Marco Rubio, per alcuni osservatori, è un indizio che rischia di tramutarsi in prova. Ne avevano già parlato il vicepresidente JD Vance e il genero di Donald Trump, Jared Kushner. Nel loro viaggio israeliano salva-tregua, Vance ha spiegato che a Gaza ci sono due regioni. Una relativamente sicura — il 53% sotto il controllo dell’esercito israeliano — e l’altra pericolosa — il 47% nelle mani di Hamas — dove i miliziani sono tornati a governare con la forza (vedi esecuzioni di piazza). Kushner specificava: «Nella zona controllata dall’Idf, si sta prendendo in considerazione l’avvio della ricostruzione di una nuova Gaza per dare ai palestinesi un posto dove andare, un posto dove trovare lavoro, un posto dove vivere».

Il primo a scriverlo è stato il Wall Street Journal: sembra che Stati Uniti e Israele stiano pensando a un «piano B» provvisorio, ideato da Kushner, che dividerebbe la Striscia secondo le linee concordate dal «piano A» di Trump — quello dei 20 punti — per far partire la ricostruzione nella parte dov’è presente l’Idf, in attesa che i miliziani siano disarmati e cedano il potere.



















































Un progetto non ancora confermato che, però, dovrebbe «congelare» la situazione corrente e aiutare l’amministrazione americana a prendere tempo nel periodo indefinito che passerà tra la conclusione della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco e l’avvio della seconda. Dove ci si aspetta il dispiegamento di una forza internazionale di stabilizzazione, il ritiro parziale dell’esercito israeliano e il disarmo completo di Hamas, che, finora, continua a rifiutare.

Rimangono molte incognite anche sull’organismo internazionale che dovrà governare la Striscia. E c’è un elefante nelle stanze dei negoziati: con la situazione di caos in cui si trova Gaza, quale nazione si prenderà il rischio di mandare truppe, con Hamas che resta armato e radicato sul territorio?

Nonostante gli Stati Uniti parlino di dividere per ricostruire pensando al bene dei palestinesi, i governi arabi si oppongono all’idea, per la paura che questa ripartizione possa creare una zona controllata stabilmente da Israele. Tahani Mustafa, membro dell’European Council on Foreign Relations, ricorda al Wall Street Journal che qualsiasi piano che prevede di tagliare Gaza a metà incontrerà una forte resistenza da parte dei palestinesi. Il timore è che Israele possa replicare nella Striscia quello che ha fatto in Cisgiordania, «assumendo il pieno controllo della sicurezza e costringendo gli abitanti a rifugiarsi in aree non collegate tra loro».

Per i palestinesi, continua l’esperta, Gaza rappresenta «l’unico lembo di contiguità territoriale». E conclude con la paura di tutti: «Alla fine, la realtà sarà una situazione di stallo». Altri analisti, invece, credono che la suddivisione dell’enclave e la costruzione di zone gestite da Israele possano indebolire politicamente Hamas e rendere più facili i passaggi successivi che dovrebbero portare a un processo di pace giusto.
Su X, l’analista israeliana di Crisis Group, Maria Zonszein, fa notare che nella cartina di Rubio, oltre al 53% in giallo dell’esercito israeliano, si vede che Gaza è suddivisa in cinque sezioni, in linea con la vecchia «strategia delle cinque dita». La strategia per cantonizzare la Striscia.

24 ottobre 2025