Da un lato l’alba naturale, dall’altro il tramonto allungato: e nel mezzo un continente, l’Europa, che continua a litigare con l’orologio. Ogni ottobre, come un rituale antico (quest’anno tra domani e domenica), torniamo indietro di un’ora ripristinando il ritmo solare; e ogni primavera cerchiamo di guadagnare tempo. Ma guadagnare cosa, davvero? Energia, dicono alcuni. Salute mentale, ribattono altri. E intanto ogni stato dell’Ue si spacca come una clessidra. C’è chi vorrebbe fermare per sempre le lancette sull’ora legale, chi invece difende l’ora solare come ultimo baluardo del ritmo circadiano, quello naturale, quello dettato dalla luce. Pedro Sánchez, il primo ministro spagnolo, ha riaperto il dibattito sul suo profilo X: «Come sapete, questa settimana si torna a cambiare l’ora. E francamente non ha senso». Il premier ha affermato che vuole abolire l’ora legale perché «contribuisce a malapena al risparmio energetico e ha un impatto negativo sulla salute e sulla vita delle persone». Se inizialmente (un secolo e mezzo fa) era stata messa in vigore con l’obiettivo di promuovere il risparmio energetico ora questo cambio non serve più. Così Sánchez ha rilanciato la questione al Consiglio Europeo, deciso a chiudere il sipario sul balletto delle lancette entro il 2026. Ma la partita non è solo una questione spagnola. Già nel 2019 il Parlamento europeo aveva votato per abolire il cambio d’ora: con 410 sì, 192 no e 52 astensioni, ma senza riuscire a trovare un accordo tra gli Stati membri. Eppure, come in un déjà vu amministrativo, la direttiva non è mai entrata in vigore. Italia, Portogallo e Grecia frenano; Francia tentenna, Germania si divide, Finlandia vorrebbe chiudere la questione subito – e la Commissione prende tempo, ironia della sorte. Intanto i cittadini si schierano come in una sfida tra mattinieri e nottambuli. C’è chi firma petizioni in Italia come “Ora legale per sempre”, arrivata a 350 mila firme grazie alla Società Italiana Medicina Ambientale e Consumerismo no profit. C’è però chi teme che il buio mattutino spezzi il sonno di grandi e piccoli. Tra Bruxelles e Madrid, tra sonno e risparmio, tra nostalgia e fisiologia, l’Europa non ha ancora deciso che tempo vuole darsi. Forse perché, come in tutte le grandi scelte, non è solo una questione di lancette, ma di identità. E intanto, ancora una volta, ci prepariamo a spostarle.