Le nuove sanzioni di Donald Trump contro le aziende petrolifere russe hanno prodotto un primo effetto: lo stop degli acquisti delle compagnie statali cinesi, come detto. E Putin parla apertamente di «atto ostile» degli Usa. Tra gli effetti collaterali c’è l’aumento dei prezzi del petrolio sui mercati mondiali: sul mercato di New York vola a 62 dollari al barile (+6%), il Brent del Mar del Nord va a 66 dollari al barile (+5,4%). Tutto questo succede mentre si alza la tensione al confine tra Russia e Unione Europea: ieri sera la Lituania ha segnalato una violazione del suo spazio aereo da parte di alcuni caccia russi.

In Asia il presidente americano proverà a fermare due guerre: quella commerciale con la Cina, ma anche quella reale scatenata tre anni e mezzo fa dalla Russia contro l’Ucraina. Trump, in Corea del Sud, giovedì avrà un faccia a faccia con Xi Jinping e cercherà di convincerlo a collaborare per spingere Putin a negoziare. Ha spiegato Trump: «Penso che Xi possa avere una grande influenza su Putin. E parleremo sicuramente di Russia e Ucraina».

PROGRAMMA
Le tappe del viaggio del presidente statunitense in Asia saranno tre: la prima in Malesia, a partire da domenica. A Kuala Lumpur si svolgerà il vertice dell’Asean (l’Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico). In una versione molto ridotta di quanto avvenuto a Sharm el-Sheikh per Gaza, Trump parteciperà alla firma della pace tra Cambogia e Thailandia al termine di una guerra lampo. Ma sempre all’ombra delle Petronas Towers s’incontreranno le delegazioni di Usa e Cina per affrontare i problemi legati al conflitto sui dazi e sulle terre rare. Scrive il South China Morning Post: «I colloqui commerciali Usa-Cina in Malesia saranno cruciali per aprire la strada al vertice Xi-Trump». Da Kuala Lumpur il presidente americano si sposterà in Giappone, dove incontrerà la nuova premier Sanae Takaichi. Infine, il 30 ottobre andrà a Gyeongju, in Corea del Sud, per la riunione dell’Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation). Ed è lì che i due uomini più potenti del mondo si guarderanno negli occhi. Parleranno di economia e commercio internazionale, ma Trump chiederà a Xi di fare ragionare Putin. La Russia dipende molto dalla Cina e allo stesso tempo Pechino, che ha appena varato il nuovo piano quinquennale, potrebbe non avere interesse a un mondo in fiamme per i contraccolpi sulla sua crescita economica. Il presidente ucraino Zelensky su questo non è molto fiducioso, è convinto che Pechino preferisca indebolire l’Occidente: «La Cina è una questione molto complicata. Non abbiamo neanche un dialogo permanente con Xi Jinping. Abbiamo avuto alcune conversazioni e lui mi ha detto che non vende armi. Ma so una cosa: la Cina aiuta la Russia, non aiuta l’Ucraina e non è interessata alla nostra vittoria e alla sconfitta russa». Sul tavolo però c’è il nuovo atteggiamento di Trump: ha sì negato i missili a lungo raggio Tomahawk a Kiev, ma dagli Usa ci saranno comunque forniture di Patriot. Inoltre, la Casa Bianca, dopo avere frenato sull’incontro a Budapest con Putin («ma non è completamente escluso» dicono a Washington), ha aumentato la pressione economica su Mosca. E ieri la Reuters ha parlato delle conseguenze immediate che interessano anche Pechino: le compagnie petrolifere cinesi hanno sospeso l’acquisto di greggio russo trasportato via mare proprio per le sanzioni imposte da Washington contro i maggiori produttori di petrolio di Mosca, Rosneft e Lukoil. Le cinesi PetroChina, Sinopec, Cnooc e Zhenhua Oil temono di essere a loro volta colpite dalle misure. Lo stesso sta avvenendo in India. Pechino e Nuova Delhi sono i principali acquirenti di petrolio russo. A Mosca cresce il nervosismo. Putin è tornato a minacciare parlando dei Tomahawk (che però Trump, come detto, non intende fornire a Kiev): «La risposta della Russia sarebbe sbalorditiva, molto forte, se non schiacciante». Sulle nuove sanzioni: «Sono un atto ostile di Trump, ma non avranno effetto sull’economia russa. Nessun Paese che si rispetti agisce sotto pressione». Ancora a proposito del vertice di Budapest ormai annullato: «Il dialogo è sempre meglio dello scontro, delle controversie o addirittura della guerra». Per il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev «Trump è sul sentiero di guerra».


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