L’emergenza dei medici dell’emergenza. Da giovedì, in seguito a una legge fermamente voluta dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, non potranno più essere prorogati i contratti esterni dei medici “gettonisti”, vale a dire di coloro che, soprattutto nei pronto soccorso, vengono ingaggiati, per colmare le lacune degli organici. La situazione è talmente confusa che neppure esiste un dato preciso sul loro numero: alcune stime parlano di 10mila a livello nazionale e un migliaio nel Lazio (ma la cifra comprende anche gli infermieri), mentre altre statistiche dicono che mediamente nei pronto soccorso rappresentano il 18 per cento dei medici in servizio, ma in alcune regioni si arriva anche al 30. Questo significa che in una delle fasi più delicate dell’anno – le ferie dei medici in servizio, l’assalto ai pronto soccorso nelle località turistiche, le ondate di caldo e le preoccupazioni in alcune aree per i sintomi di West Nile – si creeranno delle voragini: mano a mano che scadranno i contratti, non ci sarà un numero sufficiente di specialisti dell’emergenza in servizio.
Racconta il presidente di Simeu (Società Italiana della medicina di emergenza-urgenza), il dottor Alessandro Riccardi: «Non siamo contrari al provvedimento che ferma l’abuso dell’utilizzo dei gettonisti, ma contestualmente serviva una riforma che colmasse le lacune che si sarebbero create. Vi sono pronto soccorso in Italia che faticheranno a proseguire la loro attività, è necessaria una strategia per rinforzare gli organici senza però fare marcia indietro sullo stop ai gettonisti». Di fatto, la grande riforma, benedetta da tutti, parte senza un piano B. Al Ministero della Salute per ora non commentano, ma è in corso un confronto con le Regioni per trovare una soluzione con il rischio che poi si vada a imboccare la solita scorciatoia: una serie di proroghe. In più occasioni la Corte dei conti ha denunciato questo sistema: nella relazione del 2024 è stato affermato che il ricorso ai gettonisti è un «problema nazionale», con una «spesa complessiva troppo alta e un impatto sulla continuità assistenziale».
Si legge ancora che a fronte della «fuga dei medici, sottopagati dalle strutture sanitarie, c’è la loro sostituzione con gettonisti altresì molto onerosi per le pubbliche finanze». Secondo Anac, l’autorità anti corruzione, tra il 2019 e il 2024 l’uso dei contratti esterni è costato nelle Asl italiane oltre due miliardi di euro. Nel solo 2024 si è superata quota 450 milioni di euro. Racconta il responsabile della Sanità di Azione, il consigliere regionale Alessio D’Amato: «Poiché non c’è un riconoscimento economico per chi lavora in pronto soccorso, va deserto un terzo delle borse di studio per i medici dell’emergenza. I giovani non si presentano. Non pochi medici preferiscono lavorare a chiamata, tramite cooperative, perché in tre giorni guadagnano quanto prenderebbero di salario in un mese se fossero assunti. Ma così è un serpente che si morde la coda: non ci sono abbastanza medici in pronto soccorso e si ricorre alle cooperative esterne. Ma allo stesso tempo una parte dei medici preferisce quella formula perché guadagna molto di più. Dunque, nessuno contesta la norma per porre fine a questo sistema, ma era necessario preparare per tempo un piano B».
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Si calcola che le cooperative che forniscono i medici ricevano anche 90 euro all’ora. Alcune ispezioni dei Nas hanno rivelato che in diversi casi, in prima linea, ci sono medici gettonisti che non hanno i requisiti professionali per svolgere quel ruolo. Il mese scorso il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha spiegato: «Noi vogliamo che i medici entrino dalla porta principale del servizio sanitario nazionale, questo vuol dire fare un concorso ed essere assunti e lavorare a tempo pieno per la sanità pubblica. Ora, dobbiamo capire la situazione regione per regione e verificare quanti gettonisti operano nei vari servizi. Dobbiamo dare il segnale che non è questo il modo per andare avanti. Ciò che viene speso per i gettonisti può essere usato per fare assunzioni». Ha anche detto che l’obiettivo è pagare di più chi lavora in pronto soccorso e concedere maggiore flessibilità perché un giovane medico non vuole condannarsi a 40 anni trascorsi nella prima linea dell’emergenza-urgenza.
Dopo queste promesse di un mese fa, però, non è successo nulla di sostanziale e ora nei pronto soccorso la scadenza del 31 luglio viene vista come un possibile terremoto i cui effetti non sono prevedibili. Dice Riccardi dal punto di osservazione di Simeu: «Il nostro è un lavoro logorante, che porta molto stress. Questo ci andrebbe riconosciuto. Serve una riforma reale. Abolire i gettonisti è sacrosanto, ma preparando un’alternativa. Cosa succederà con la scadenza dei loro contratti è imprevedibile. Anche perché non è vero che gli afflussi nei pronto soccorso si riducono in estate. Anzi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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