di
Sandra Cesarale
L’attore e regista alla Festa di Roma presenta la stagione finale di «Vita da Carlo». E il 17 novembre, per i suoi 75 anni, sarà sindaco della Capitale per un giorno
Dopo una gaffe al suo disastroso Festival di Sanremo, per difendersi dalla gogna mediatica della «cultura woke», Carlo Verdone va in tv dalle Belve di Francesca Fagnani. Parte così Vita da Carlo 4, su Paramount Plus dal 28 novembre.
Ma sul politicamente corretto, evocato in questo capitolo finale, l’attore e regista romano ha più di una riserva: «Ci sono cose ridicole come “Genitore 1” e “Genitore 2”. Stiamo solo creando una grande confusione. Non si può cancellare Shakespeare, il più grande scrittore del mondo, perché è troppo patriarcale ed è contro le donne. La commedia all’italiana si fonda sulla scorrettezza, con questo principio sarebbe da buttare al gabinetto. Bisogna contestualizzare il periodo, avere buonsenso. Sembra la dittatura di un’intelligenza da salotto». Il problema sono gli eccessi: «Se sei sempre corretto, la risata rischi di non averla più. L’altro giorno ho girato una scena nel mio nuovo film, Scuola di seduzione: lui bassino, lei con una benda sugli occhi: “Mi sembri un bel tipo”. Poi se la toglie e lo vede… Mi dicono: “Carlo no, cambiamo personaggio”».
La quarta stagione di Vita da Carlo sarà l’ultima: «Per carità, fermiamoci qua. Credo di essere stato il primo in Italia a raccontare me stesso, a tratti un po’ romanzato, in tv. Sono stati ritmi estenuanti. Ho fatto del mio meglio e sono stato onesto, a volte molto coraggioso».
Questo capitolo racconta un nuovo inizio: «La mia ex moglie non può più vedermi da solo, a Nizza, che prendo il caffè, giro, vado in bicicletta, faccio veramente una vita mortificante». Ex-consorte e figli lo spingono ad accettare un incarico da docente di regia al Centro Sperimentale di Cinematografia. «È stato bello tornare lì — racconta —. Mi ha permesso di fare un omaggio a mio padre Mario, che è stato un dirigente del Csc per tanto tempo, e ai miei anni da studente, quando mi sono diplomato sotto Roberto Rossellini e poi ho ricoperto il ruolo di consigliere di amministrazione. Ma è soprattutto, una dedica ai giovani». Quegli stessi ragazzi ai quali Carlo deve insegnare regia: «Con loro ho dei contrasti perché parlano in un modo che per me è scorretto. Hanno idee differenti dalle mie, io arrivo da un’altra era».
In qualche modo le incomprensioni si superano e il saggio finale, realizzato con l’amico-nemico (Sergio Rubini), «va al Festival di Cannes. La scena termina con un applauso ai miei studenti e io che vado via. È la vita: quello che ho dato ho dato, adesso tocca ai giovani». E aggiunge: «Ho scoperto dei ventenni in gamba, meriterebbero considerazione. A volte abbiamo idee sbagliate sui ragazzi che stanno vivendo un mondo difficile creato dai vecchi». E sono i nuovi talenti, secondo Verdone, i più a rischio con i tagli all’audiovisivo previsti in finanziaria: «Fanno paura. Il problema è che non c’è stato un adeguato controllo. Un sacco di film non sono mai usciti. Quello accusato del duplice omicidio a Villa Pamphilj si è preso i soldi e il film non l’ha mai fatto. Però attenzione: se tagliamo i finanziamenti alle produzioni indipendenti, che più di tutte possono offrire attori, registi e sceneggiatori nuovi, non avremo un cinema che cambia, ma i soliti film, con i soliti attori.
Nel cast stellare di Vita da Carlo, Monica Guerritore, Sergio Rubini, Caterina De Angelis, Maria Paiato, Antonio Bannò. Non mancano special guest come Francesca Fagnani, Maccio Capatonda, Renzo Rosso, Giovanni Veronesi, Vera Gemma e Alvaro Vitali, scomparso lo scorso giugno. «Alvaro — ricorda Verdone — aveva un ruolo già nella seconda serie, ma stava troppo male. Quando ha girato con noi avevamo paura che non riuscisse a terminare le riprese. Per me più che Pierino, ha rappresentato un cinema antico. Fellini era innamorato di questo ometto piccolino, con la faccia strana. Averlo sul set era come trovare un aggancio con un cinema che ho amato, pieno di una serietà data non da produttori intellettuali, ma da caciottari che avevan soldi e intuito».
Il 17 novembre compirà 75 anni e sarà sindaco di Roma per un giorno. «Un onore, come quello riservato ad Alberto Sordi. Sono un uomo semplice, con l’età ho imparato a non farmi prendere dall’ansia e dall’agitazione. Certo, sono stato felice quando mi ha chiamato Mattarella per farmi gli auguri. Ma non sento l’emozione e pasticche non ne prendo più».
25 ottobre 2025
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