di
Valeria Costantini

Andrea Bellucci, padre della ventenne morta dopo l’incidente sulla Cristoforo Colombo

«Cucciola mia, era un tesoro, una ragazza solare, era prudente alla guida, scrivetelo che la mia Bea non c’entra nulla con le corse clandestine». È un omone Andrea Bellucci, alto, spalle larghe, la maglietta nera che indossa lo rende ancora più imponente. Per questo fa ancora più impressione quel filo di voce con cui parla, tra un singulto e un altro, della sua adorata figlia, Beatrice, appena ventenne, uccisa dalla micidiale carambola di venerdì notte sulla Cristoforo Colombo, strada tra le più pericolose della Capitale. 

La giovane studentessa in Giurisprudenza all’università Roma Tre è morta dopo il ricovero all’ospedale San Giovanni: la Mini Cooper su cui viaggiava insieme alla sua amica Silvia (rimasta gravemente ferita), è stata travolta a folle velocità dalla Bmw con a bordo due ragazzi coetanei, per poi finire la corsa contro uno dei pini presenti sullo spartitraffico. Sventrata dall’impatto l’utilitaria, Beatrice, incastrata tra le lamiere, non è sopravvissuta. E ora, davanti all’ipotesi di un incidente provocato da una gara illegale tra macchine, la famiglia della giovane non deve fare i conti solo con gli abissi del lutto, ma con la rabbia di chi resta a chiedere verità e giustizia. 



















































Il lutto, la rabbia

«Per carità, dovete precisarlo che le ragazze non stavano facendo nessuna corsa, mia figlia era attenta, non beveva mai se doveva guidare» sussurra ma insiste ancora il papà Andrea, gli occhi azzurri resi ancora più chiari dal pianto, dirigente bancario, mentre passa da un abbraccio ad un altro. Nonostante il dolore accoglie con gentilezza amici e parenti sull’uscio di casa, la villetta di via Brentonico, quartiere Infernetto, non distante dal mare di Ostia. 

Poche centinaia di metri e da casa Bellucci si arriva alla Colombo, mille volte l’avrà percorsa Beatrice, detta «Bibbi», per andare all’università come per le serate con le amiche in centro. O come il giorno prima di morire, per un pranzo al Caffè Bulgari in zona Ostiense, come ricorda una sua foto condivisa sui social. «Una brava ragazza, sempre gentile, l’abbiamo vista crescere», la ricordano in lacrime i vicini di casa, una coppia di anziani, in fila in una lenta e dolente processione per stringere Andrea. Dentro le mura della villa, il dolore più riservato, quello di mamma Teresa e del fratello di Beatrice, Federico. 

Papà e figlia uniti nello sport

Bea e il padre erano molto legati, li univa la passione per lo sport e il tifo per la Roma: lo scorso marzo aveva postato sul suo profilo Instagram una tenera immagine che la ritraeva abbracciata a lui sugli spalti dello stadio, stesso sorriso, stessa sciarpa giallorossa al collo. Tutta la famiglia poi continuava a non mancare alle partite della Smi Roma Volley: a fondare la squadra era stato proprio papà Andrea, così orgoglioso che poi la stessa figlia Bea aveva seguito le sue orme, militando nel settore giovanile. «Andava a scuola con mia figlia, erano anche partite in vacanza insieme alcuni anni fa, Bibbi amava moltissimo il mare, non riesco a credere che quella bella ragazza non ci sia più» riesce a dire Pamela, mentre torna in auto dopo le condoglianze. 

«Le ho messo la sua prima racchetta tra le mani, veniva a giocare nel mio circolo quando era piccola, siamo tutti sconvolti qui nel quartiere, ci conosciamo tutti» racconta Pierfrancesco Marchesi, politico di lungo corso al Lido di Roma, da sempre residente all’Infernetto. È un viavai quasi ininterrotto di amici e parenti davanti alla casa dei Bellucci, famiglia molto nota sul litorale: il nonno di Andrea fu tra i fondatori della Dc di Ostia, zii e cugini gestiscono ristoranti noti e filiali di istituti bancari. «Come si fa, come si fa» scuote la testa Andrea ad ogni amico che lo stringe, lasciando in sospeso una domanda a cui nessuno può rispondere.


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26 ottobre 2025 ( modifica il 26 ottobre 2025 | 07:26)