Dopo aver puntato i fari sul Tour de France uomini con Stefano Garzelli, facciamo la stessa cosa con il Tour de France Femmes insieme a Giada Borgato. Due ex corridori, due attuali commentatori Rai, due super competenti. La Grand Boucle in rosa si compone di nove tappe e 1.175 chilometri e, rispetto a quella maschile, sembra ancora più dura.
Tre tappe piatte, ma una è lunghissima. Tre movimentate, una crono, l’arrivo sul Mont Ventoux e la frazione finale con il Col d’Eze, che di fatto diventa mezza montagna. Un percorso complesso, che analizziamo con Borgato.


Giada, Tour de France Femmes: che impressione ti fa?
E’ bello mosso. Abbiamo un arrivo in salita secco al Mont Ventoux e quello è l’unico arrivo in quota, per le scalatrici, dove si deciderà quasi del tutto la classifica. Per il resto è molto mosso. Ci sono tante tappe da fughe, da fughe di qualità, c’è la crono ed è abbastanza lunga. E poi per le velociste hai poche occasioni, perché le prime due tappe non sono facilissime. La prima, per esempio, ha un arrivo su uno strappetto, quindi anche lì non sarà semplice.
Abbiamo notato che la crono è praticamente identica a quella maschile. Sia nel chilometraggio che nel profilo…
La crono è bella, anche dura, perché c’è quella salitina con una punta massima al 7,3 per cento, quindi importante. E’ comunque una crono lunga e se ne vedono poche così durante l’anno nel ciclismo femminile. Nel 2023 c’era quella di Pau, di 22,6 chilometri, poi nel 2024 quella di Rotterdam, ma era breve, meno di 7 chilometri. Vinse Demi Vollering, che quel giorno andò in maglia gialla. L’anno prima aveva vinto Marlen Reusser, ma su una distanza ben più lunga.
E Kopecky guadagnò terreno…
Quest’anno la crono sarà importante per la generale. Poi sarà positiva per certi tipi di atlete e negativa per altre, come Kasia Niewiadoma, che non va fortissimo nelle cronometro e potrebbe perdere qualcosa. Peggio ancora per le scalatrici come Gigante, Fischer-Black e Gaia Realini: potrebbero lasciare secondi preziosi.


Quella e il Ventoux saranno decisive per la generale dunque?
Saranno importanti. Diciamo che crono e Mont Ventoux delineeranno l’80-90 per cento della classifica. Il resto lo farà il Col d’Eze nella tappa di Nizza, che arriva a fine Tour quando la stanchezza si fa sentire. E’ una tappa breve, circa 100 chilometri, un continuo su-giù sull’Eze che può diventare più duro del Ventoux stesso.
La sensazione, Giada, è che sia un Tour in cui la squadra conta tantissimo. Sei d’accordo?
Conta molto perché ci sono tante tappe da fuga. Per esempio, la terza tappa da Ginevra ha una salita di 11 chilometri all’inizio: lì può partire una fuga. Non vedo rischi per la generale, ma potrebbe essere una tappa per le fuggitive. La quinta frazione, quella successiva alla crono, conta otto Gpm, con una salita lunga all’inizio e poi tante brevi.


















Quindi vedi che è rischioso: se parte qualcuno di classifica, si spacca tutto…
Sì. Arrivi dal giorno del cronometro e chi ha perso tanto potrebbe tentare qualcosa. Se parte una di classifica, devi avere una squadra forte per chiudere o per controllare. Dopo la crono, quella tappa può diventare pericolosa: qualcuna potrebbe buttarsi dentro in fuga per recuperare o cambiare le carte.
In teoria questo Tour Femmes suggerisce squadre specifiche. Cioè non puoi fare team misti con velocista e donna di classifica. E’ così?
Dipende. Prendiamo la SD Worx: ha Wiebes e Van der Breggen, cosa fa, non porta Wiebes? Idem la FDJ-Suez, con Vollering e Wollaston. Magari la sprinter si arrangia, ma le sue volate le farà. Le squadre ci tengono a vincere tappe e al Tour portano sempre le migliori.
E se scappa qualcuna in avvio, chi controlla?
La maglia verde ha la sua importanza, ma serve una velocista di alto livello o una donna da classifica. Se portano una sprinter è perché hanno quasi la certezza di poter vincere o fare podio, altrimenti scelgono le sei migliori per la generale.


Visti i suoi miglioramenti in salita, la crono lunga e la partenza dalla Svizzera: questo Tour Femmes può sorridere a Marlen Reusser?
Proprio ieri facevo un censimento delle ragazze che vanno forte in salita e a cronometro. E pensavo a lei. Quando fecero la crono di Pau di 22,6 chilometri, vinse proprio Reusser. Quindi punterà molto sulla crono e poi dovrà salvarsi sul Mont Ventoux. Quello è il suo unico ostacolo. Ma è grosso, grosso, grosso.
Però quest’anno è andata forte in salita…
Sicuramente Reusser metterà il Tour Femmes tra gli obiettivi del 2026. Ma il Mont Ventoux non è una salitina qualsiasi. E’ lunghissimo, con pendenze sempre alte e il problema dell’altitudine: a un certo punto non ci sono alberi, l’aria è rarefatta e diventa difficile respirare. Lì non so come potrà comportarsi rispetto alle altre. Il Ventoux è una salita diversa da tutte.
Potrebbe esserci una sorpresa?
Le solite Vollering, Niewiadoma… ma su un percorso così è difficile dire una favorita secca. Penso a Fischer-Black, Gigante o Ferrand-Prévot che potrebbero staccare Van der Breggen, Reusser, Vollering e Elisa Longo Borghini sul Ventoux. Ma nella crono il gioco si ribalta.


E’ un bell’incastro. Questo dovrebbe garantire spettacolo…
Sì. Anche la salitina nella crono potrebbe sembrare favorevole alle scalatrici, ma è una salita da fare di potenza. Per me sarà un Tour che rimarrà aperto fino alla tappa di Nizza.
Per questo abbiamo detto che conta molto la squadra: la quinta tappa dopo la crono è un trappolone annunciato…
E’ vero. Tanti GPM, salite e discese, e nove giorni di corsa al massimo. Ricordate che un anno fa, parlando sempre del Tour, dicemmo: «Occhio alle prime tappe per le cadute». Ebbene, ce ne sono state tantissime nei primi tre giorni. Ci sono tanti fattori da considerare, anche i chilometraggi.
In che senso?
Al Tour Femmes sono sempre lunghi. L’ottava tappa, sì, è pianeggiante, ma misura 175 chilometri: credo sia la terza più lunga della storia del ciclismo femminile. E arriva dopo la montagna del Ventoux e prima del Col d’Eze. Ripeto, per me questo può essere il Tour Femmes.