“Non far caso a quello che dico quando sono insieme ai compagni. Nessuno… nessuno di noi è sincero.” Di frasi e momenti indimenticabili, Gioventù Bruciata di Nicholas Ray ce ne ha lasciati tanti, tantissimi. Oggi sono esattamente 70 anni da quando uscì in sala per la prima volta quel film, un film che avrebbe cambiato tutto, per sempre, per ciò che riguarda la rappresentazione della giovinezza la cinema, l’averla liberata da una visione paternalistica e illusoria. E dire che tutto nasce grazie ad uno psichiatra: Robert Lidner. Aveva pubblicato “Ribelle senza causa: analisi di uno psicopatico criminale” nel 1944, dove si parlava di assassini, follia, psicopatia anzi. La Warner pensò di tirarci fuori un qualche film, acquistò i diritti, ma per arrivare alla stesura finale di Stewart Stern e Irving Shulman ci volle molto tempo e non pochi sforzi. Doveva addirittura partire a fine anni ’40, con sua maestà Marlon Brando che aveva convinto tutti, ma il già bizzoso fenomeno decise di rimanere sui palchi teatrali. Bisognerà aspettare l’arrivo di un altro talento precoce a maestoso, quello di James Dean, per avere il giusto protagonista per Gioventù Bruciata. Nicholas Ray spenderà diversi mesi in giro per il paese ad intervistare giudici, poliziotti, assistenti sociali, ma anche gang giovanili e un sacco di ragazzi, per avere un quadro antropologico e sociale completo del mondo giovanile. Il risultato finale, sarà un capolavoro, una pietra miliare, il primo, vero, grande film di formazione.

Un’analisi spietata di una società in frantumijames deanpinterest

Warner Bros.

Gioventù Bruciata esce in un momento molto particolare, quando l’America sta cambiando. Da una parte abbiamo un paese che si gode una ripresa economica eccezionale, è uscito vincitore dalla Seconda Guerra Mondiale, è il paese della libertà, di Hollywood, la nuova Superpotenza che domina in ogni campo, punto di riferimento per l’Occidente contro il blocco sovietico. Ma intanto, qualcosa prende forma nella classe media e non solo, c’è un’intera generazione che scalpita, che non ne vuole sapere di quel mondo ereditato dai padri, che vuole cercare qualcosa di diverso dall’american dream consumista. La produzione avrebbe voluto creare un film incentrato su ragazzi di strada, abbandonati, Nicholas Ray però, intuì che Gioventù Bruciata doveva essere un film sull’America “normale”, sulla classe media che all’epoca costituiva la spina dorsale del paese, la sua forza motrice. Ed è a quella classe sociale che appartiene lui, Jim Stark (James Dean) 17enne che si è trasferito da poco a Los Angeles con i genitori Frank (Jim Backus) e Carol Stark (Ann Doran). Non sta andando bene, è stato fermato dalla polizia per ubriachezza, in centrale fa però la conoscenza di due coetanei: Judy (Natalie Woods) che è stata fermata perché informata su una rissa di alcuni coetanei, e Plato (Sal Mineo), che ha ucciso una cucciolata di cani. Ai poliziotti, appare immediatamente chiaro che quei tre covano una rabbia e una sofferenza incredibili e non hanno alcuna comunicazione reale con i propri genitori.

Uno scontro generazionale senza precedenti james deanpinterest

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Gioventù Bruciata è il film che parlò per la prima volta in modo reale, concreto e approfondito dell’universo giovanile, andando oltre la dimensione frivola, superficiale o parziale che fino a quel momento aveva dominato. Tutti i protagonisti hanno un pessimo rapporto coi genitori, attraverso il quale Nicholas Ray ci mostra quella reale distanza che separava la Interbellum Generation (coloro i quali erano nati agli inizi del secolo), dalla Generazione Silenziosa, arrivata prima dei Boomers, e composta da chi rifiutava la standardizzazione morale proposta dal paese, ivi compreso il maccartismo. Sarebbero stati coloro i quali avrebbero guidato la lotta per i diritti civili, aprendo la strada a quella del ’68. Jim, che immediatamente comincia ad essere attratto da Judy, che diventa il padre mai avuto per Plato, si trova in una realtà giovanile fatta di bullismo, incoscienza, con lo spaccone Buzz (Corey Allen) che prima sfida Jim ad un match col coltello, e poi in quella “chicken run” che diventerà uno dei momenti cinematografici più iconici di tutti i tempi. Gioventù Bruciata grazie alla sensibile e innovativa regia di Nicholas Ray, assume completamente il punto di vista di Jim, di quei ragazzi. I “grandi” sono tagliati fuori e allora ecco che dialoghi, evoluzione dei personaggi, contrasti e confessioni seguono il linguaggio franco, istintivo e colloquiale dei protagonisti, che solo tra di loro trovano pace, che hanno tutta la vita davanti ma dentro si sentono già vecchi, già falliti. E quel fallimento diventa qualcosa di universale.

James Dean e la nascita di un nuovo genere cinematografico james deanpinterest

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James Dean era già diventato un volto da tener sott’occhio grazie a Nella valle dell’Eden, capolavoro di Elia Kazan, che l’aveva posto come il futuro del cinema americano. Ma è la sua interpretazione di Jim Stark che lo farà diventare il simbolo stesso di una generazione, ma più ancora il prototipo del ribelle cinematografico. Solitario, acuto, tormentato, diverso dalla norma, odia e ad un tempo ama la collettività, così come la sua famiglia, da cui non riceva la comprensione, l’ascolto che sogna. Vorrebbe parlare del suo amore per Judy, di quel silenzio che lo travolge, della morte di Buzz per quella folle scommessa, di quanto si senta in trappola, così come Plato e Judy, anime perse nel mare della vita. C’è una linea netta che separa ciò che è il cinema di quegli anni, la generazione di cui James Dean sarà simbolo, da quelle precedenti. Il tormento, il rovello interiore, il dramma, ci arrivano dallo sguardo, il linguaggio del corpo, il dire-non dire, cambieranno il concetto di recitazione da quel momento in avanti. Anche in questo Gioventù Bruciata farà scuola, con la usa capacità di parlarci della timidezza di quegli anni e quel periodo della vita. Nicholas Ray conoscerà un trionfo incredibile grazie a questo film, che entra nel cuore del pubblico con quel finale tragico, la morte di Plato, Jim che infine si apre con i genitori. Nomination agli Oscar per Mineo, Woods, che come Dean, diventeranno i totem generazionali di quegli anni.

L’eredità di un film diventato mito americanojames deanpinterest

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Tutti e tre saranno sul set de Il Gigante, l’ultima di James Dean sul grande schermo, prima del tragico incidente che lo consegnerà al mito postumo eterno. Gioventù Bruciata diventerà anche in questo film cult, maledetto, visto che anche la Woods e Mineo scompariranno precocemente. Negazione totale del mito machista e vincente della società americana, analisi psicologica raffinata della solitudine di quell’età, che nei decenni a venire piccolo e grande schermo spesso descriveranno in modo stereotipato come “felice”, dopo 70 anni il film di Nicholas Clay continua ad esercitare un fascino incredibile. Solo quattro anni dopo dalla Francia, François Truffaut con I 400 colpi creerà l’altro lato della medaglia del coming of age, certamente non meno importante o profondo, anzi. Gioventù Bruciata diventerà mito americano, così come James Dean, un po’ un paradosso se pensiamo a quanto Nicholas Ray cercasse di distruggere tale elemento. Nei decenni a venire, registi del calibro di George Lucas, Francis Ford Coppola, Michael Cimino o Kevin Reynolds, prenderanno molto dalla struttura, dalla semantica e volontà di parlarci di un piccolo ristretto gruppo di giovani per rappresentarci il dramma di un’epoca, una generazione e della sua incapacità di trovare il proprio posto nel mondo. Ancora oggi, con serie come Euphoriao Adolescencec’è qualcosa di Gioventù Bruciata che torna in vita, per ricordarci che essere giovani a volte è difficilissimo, e il dramma degli adulti è che si dimenticano di averlo vissuto.

Headshot of Giulio Zoppello

Sono nato a Padova nel 1985, da sempre grande appassionato di sport, cinema e arte, dopo dodici anni come allenatore e scoutman professionista nel mondo della pallavolo, ho deciso di intraprendere la carriera di giornalista.
Dal 2016 ho cominciato a collaborare con diverse riviste cartacee e on-line, in qualità di critico ed inviato presso Festival come quello di Venezia, di Roma e quello di Fantascienza di Trieste.
Ho pubblicato con Viola Editrice “Il cinema al tempo del terrore”, analisi sul cinema post-11 settembre. Per Esquire mi occupo di cinema, televisione e di sport, sono in particolare grande appassionato di calcio, boxe, pallavolo e tennis.
In virtù di tale passione curo anche su Facebook una pagina di approfondimento personale, intitolata L’Attimo Vincente.
Credo nel peso delle parole, nell’ironia, nell’essere sempre fedeli alla propria opinione quando si scrive e nel non pensare mai di essere infallibili.