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Emirates compie 40 anni, storia della compagnia che ha cambiato il modo di volare (e che non doveva nascere)
AAffari

Emirates compie 40 anni, storia della compagnia che ha cambiato il modo di volare (e che non doveva nascere)

  • 27 Ottobre 2025

di
Leonard Berberi

Il decollo il 25 ottobre 1985 con due aerei e un aeroporto piccolo in mezzo al deserto. Poi la compagnia di Dubai ha portato sui «superjumbo» suite, docce e bar

È la mattina del 25 ottobre 1985. Decine di persone salgono le scale e si imbarcano in un aereo con una livrea mai vista. C’è un’aria di festa e di curiosità. I piloti studiano le carte nautiche e intanto fanno i conti con i cappelli delle divise che sono troppo grandi. Non c’è stato molto tempo per creare taglie più piccole. Un problema fastidioso, ma nulla in confronto a quello che succede al di fuori della cabina. Bisogna avviare una compagnia in pochissimi mesi e renderla profittevole. Tocca formare dal nulla piloti e assistenti di volo, personale di terra, ingegneri e addetti alle vendite. E, soprattutto, convincere il mondo a fare almeno scalo all’aeroporto di Dubai — un piccolo terminal nel deserto degli Emirati Arabi Uniti — e a volare con un vettore ignoto agli stessi abitanti del posto: Emirates.

Il decollo

Ma quando, quel venerdì 25 ottobre 1985, alle 11.45 locali, l’Airbus A300 con il logo dorato e la bandiera sulla coda decolla per il suo primo volo verso Karachi, in Pakistan, comincia anche l’avventura di una delle aviolinee che ha fatto la storia dell’aviazione moderna, ha trasformato l’esperienza di viaggio portando a 40 mila piedi di quota un lusso un tempo impensabile e — grazie a un sostegno statale senza precedenti — costringendo le altre compagnie prima a subirne il contraccolpo, poi a reagire per non perdere prestigio e quote di mercato. Un modello che ha ispirato anche altri governi dell’area a creare la propria compagnia di bandiera, come accade poi con Qatar Airways.



















































Emirates compie 40 anni, storia della compagnia che ha cambiato il modo di volare e che non doveva nascere

Quarant’anni dopo

Fondata quarant’anni fa con appena due aerei — un Boeing 737 e un Airbus A300 presi in leasing da Pakistan International Airlines — Emirates conta oggi 268 velivoli, ha trasportato finora oltre 860 milioni di passeggeri e vola in 152 città. Nel 2025 è quattordicesima al mondo per posti in vendita sui voli, secondo i dati Cirium, ma sale al quarto posto se si considera il parametro più rilevante del settore: gli «available seat kilometers» (ASK), cioè il numero di posti disponibili moltiplicato per i chilometri percorsi. Il suo logo, nel tempo, è comparso nei cartelloni dei più importanti eventi sportivi — Formula 1, tennis, calcio, golf —, mentre i suoi stipendi e benefit hanno attratto centinaia di piloti europei, americani e australiani.

Le origini

Eppure Emirates non doveva nemmeno nascere. Negli anni Ottanta Dubai conta sui collegamenti di Gulf Air, compagnia controllata da un consorzio di Paesi del Golfo. Ma nel 1984 il vettore inizia a tagliare i voli sulla città proprio mentre l’emirato punta con decisione sullo sviluppo economico. Con il rischio di un isolamento crescente, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, all’epoca ministro della Difesa e oggi sovrano di Dubai, convoca Maurice Flanagan, direttore generale di dnata (l’agenzia di viaggi e servizi aeroportuali della città), chiedendogli quasi un miracolo: «È possibile creare in pochi mesi una nuova compagnia, efficiente e redditizia?». E con un capitale iniziale di appena 10 milioni di dollari, circa 27 milioni di euro attuali.

Emirates compie 40 anni, storia della compagnia che ha cambiato il modo di volare e che non doveva nascere

I primi passi

Flanagan e il suo team si mettono subito al lavoro. La compagnia viene fondata il 15 marzo 1985. I due aerei, noleggiati dai pachistani, vengono ridipinti con la livrea di Emirates — rimasta di fatto identica ancora oggi —. I primi piloti li mette a disposizione, gratis, Pakistan International Airlines, mentre Dubai avvia la formazione dei propri. Le rotte iniziali collega Dubai a Karachi e Mumbai, destinazioni naturali data la forte presenza di lavoratori pachistani e indiani negli Emirati. Sette mesi e dieci giorni dopo la fondazione, il volo EK600 — tuttora operativo — decolla dalla pista del piccolo scalo di Dubai.

Il volo EK600

A bordo dell’A300 ci sono 11 membri dell’equipaggio, guidati dal comandante Fazle Ghani e dal primo ufficiale Ejaz ul Haq, già in uniforme con lo stile oggi iconico ei cappelli grandi. Tra i passeggeri figura membri della famiglia reale, dirigenti della compagnia, funzionari aeroportuali e dell’autorità per l’aviazione civile. Il biglietto di andata e ritorno in Economy costa 1.500 dirham (circa 1.224 euro odierni), con un limite di bagaglio di 20 chili. L’aereo atterra a Karachi dopo due ore, mentre nel frattempo l’altro velivolo, il Boeing 737, è decollato per Mumbai. Alle cinque del pomeriggio dello stesso giorno, l’A300 rientra a Dubai.

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L’espansione

È un inizio in sordina. Poco clamore, tanta praticità. Circa due anni dopo, Emirates riceve il suo primo aereo di proprietà, un Airbus A310, e inizia a espandere la rete aggiungendo le prime destinazioni europee — Francoforte e Londra Gatwick. La Guerra del Golfo del 1991 consente alla compagnia di acquisire preziosi slot all’aeroporto di Londra Heathrow, che negli anni diventano un asset strategico (ci vola 14 volte al giorno, oggi, tra andata e ritorno). Nel 1998 Emirates tenta di espandersi all’estero acquistando il 43% di Air Lanka (poi divenuta SriLankan Airlines), salvo ritirarsi un decennio dopo.

L’ordine dei «superjumbo»

Il vero salto arriva nel 2000, quando Emirates finisce sui radar dei grandi vettori piazzando un ordine record da 12 miliardi di dollari per 60 Airbus A380, i giganti a due piani allora ancora noti come «A3XX». Quando nel 2008 gli A380 debuttano con Emirates — pochi mesi dopo quelli di Singapore Airlines —, il trasporto aereo in Occidente è in crisi a causa del crollo finanziario globale. I clienti corporate — quelli che riempiono le classi Prima e Business — spariscono, oltre due terzi degli Stati entrano in recessione e la domanda di viaggi cala drasticamente. In questo contesto, l’impatto mediatico del nuovo aereo di Emirates è senza precedenti.

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Il lusso a bordo

A bordo del «superjumbo», come venne ribattezzato, Emirates installa docce per i passeggeri di Prima classe, aree per cambiarsi, schermi a cristalli liquidi da 15,4 pollici con mappe di volo in tempo reale e persino immagini dalla telecamera di coda. Le 14 suite private con poltrone completamente reclinabili sono dotate di porta elettrica, minibar e scrivania. I passeggeri di Prima e Business possono inoltre accedere a due bar — uno davanti e uno in coda alla cabina — dove ordinare qualsiasi tipo di cocktail, gratuitamente. La compagnia è stata poi tra le più lente a introdurre la Premium Economy, la classe intermedia oggi più redditizia per i vettori.

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Dove vola di più oggi

Secondo i dati Cirium del 2025, dopo Dubai (il suo hub), Emirates vola soprattutto verso Bangkok e Londra Heathrow. Milano Malpensa è la prima destinazione italiana — e la decima della rete globale —, con quasi 780 mila posti offerti. Altri 375 mila posti sono disponibili sui voli diretti Malpensa–New York JFK, grazie ai diritti di quinta libertà: lo stesso aereo che parte da Dubai per Milano prosegue poi per New York, e viceversa. Un modello replicato anche sulle rotte Atene–Newark e Barcellona–Città del Messico. Quando entra nei mercati occidentali Emirates fa male: abbattendo le tariffe — con voli tra l’Europa e l’Asia a 400 euro, andata e ritorno, in Economy —, buttando fuori mercato diversi vettori, spostando decine di migliaia di persone ogni giorno attraverso Dubai.

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Le frizioni con le rivali

Nel 2015 la compagnia emiratina subisce forse il contraccolpo maggiore: i tre colossi statunitensi — Delta Air Lines, United Airlines e American Airlines — la accusano, assieme a Qatar Airways ed Etihad Airways, di espandersi grazie ai sussidi pubblici, danneggiando così il mercato, la concorrenza e i consumatori. Emirates replica con circa 400 pagine di documento. E oltre a respingere gli addebiti, accusa i vettori americani di avere «le mani sporche». «Dal 2002 hanno ricevuto oltre 100 miliardi di dollari in aiuti governativi e continuano a beneficiare, insieme ad altri vettori americani, di vantaggi annuali che potenzialmente superano i 24 miliardi di dollari». Nel marzo 2023 avvia la partnership commerciale con United.

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Gli aerei ordinati

Oggi Emirates gioca nella liga dei campioni dell’aviazione mondiale, aiutata anche dall’hub che si trova a una distanza «accettabile» dalla Nuova Zelanda e dal Nord America. Dopo essersi progressivamente sganciata dalla politica delle tariffe basse — anche per evitare complicazioni nei mercati regolati come Unione europea e Stati Uniti — e aver introdotto in flotta gli Airbus A350, in attesa dei Boeing 777X con le estremità alari pieghevoli (in ritardo di diversi anni per le certificazioni non ancora emesse), la compagnia ha chiuso l’esercizio 2024/2025 con 34,8 miliardi di dollari di ricavi, un utile netto di 5,2 miliardi di dollari, 53,7 milioni di passeggeri trasportati, quasi 70 mila dipendenti e 5 miliardi investiti per rinnovare gli interni di 219 aerei.

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I prossimi passi

Emirates è tra le poche big a volare ancora in Russia. Dal gennaio 2003 il suo presidente è un inglese nato ad Aruba, naturalizzato emiratino: sir Tim Clark, 75 anni, veterano dell’industria che nei prossimi mesi dovrebbe lasciare il comando a un altro, non ancora scelto anche se le selezioni sono iniziate. Al successore toccherà anche gestire il trasloco dell’hub. Per anni la crescita di Emirates è andata di pari passo con lo sviluppo del Dubai International Airport, oggi principale hub globale. Entro la fine del decennio il vettore si trasferirà nel nuovo terminal da 35 miliardi di dollari in costruzione presso l’altro scalo della città, l’Al Maktoum International Airport. Per rispondere alla concorrenza locale, ma anche per contrastare i rivali turchi e indiani e cinesi.

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27 ottobre 2025

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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