Tour de France 2023 – Etape 15 – Les Gets Les Portes du Soleil / Saint-Gervais Mont-Blanc (179 km) – POGACAR Tadej (UAE TEAM EMIRATES), VINGEGAARD Jonas (JUMBO-VISMA)
Sono cinque anni di fila che fanno primo e secondo al Tour de France. Una roba mai vista nella storia del ciclismo e che, salvo imprevisti, dovrebbe riproporsi pure nel 2026. Tadej Pogačar e Jonas Vingegaard. Ancora loro. Sempre loro. Con lo sloveno che comanda 4-2 (incluso il Tour vinto su Roglic nel 2020 all’ultimo respiro).
Il percorso della prossima Grande Boucle è intrigante e movimentato. Almeno sulla carta. Pochi (e non semplici) chilometri a cronometro (19 nella cronosquadre del primo giorno a Barcellona e 26 in quella individuale dopo il secondo giorno di riposo), poche tappe per i velocisti e tante frazioni perfette per attacchi e colpi di mano. Le salite non mancheranno, visto che si attraverseranno 5 catene montuose: Pirenei, Massiccio Centrale, Vosgi, Jura e Alpi.
Tadej Pogacar, Jonas Vingegaard – Col du Tourmalet, crediti A.S.O./Charly Lopez
Verranno riproposti alcuni arrivi in salita mitici: Le Lioran, dove Vingegaard rimontò Pogačar al Tour del 2024 battendolo in volata; Le Markestein, dove Pogi sverniciò Jonas nel finale dopo aver preso l’imbarcata sul Col de la Loze tre giorni prima; Orcieres-Merlette, celebre per la crisi di Eddy Merckx nel 1971 sotto i colpi di Luis Ocana; e ovviamente il ritorno annunciato dell’Alpe d’Huez, uno dei simboli del Tour insieme al Mont Ventoux (che quest’anno sarà decisivo per il tour de France femminile).
Inedita e innovativa la scelta del Tour, di far terminare sia la 19esima che la 20esima tappa proprio su una delle montagne più amate al mondo. La prima volta affrontando il versante classico coi suoi 21 tornanti. E il giorno successivo al termine della frazione più brutale della 113esima edizione della Grande Boucle.
Prima di volare a Parigi, infatti, i corridori dovranno digerire 5600 metri di dislivello salendo l’interminabile Croix de Fer, poi faranno i conti col Galibier (dal lato nobile del Telegraph) e quindi con l’Alpe d’Huez ma salendo dal Col de la Sarenne, mortifero nei suoi ultimi km.
“In crescendo” è stato lo slogan scelto dagli organizzatori per pubblicizzare la prossima edizione, che tutti sperano evidenzi distacchi meno ampi di quelli degli ultimi due anni, dove Pogačar ha fatto il bello e il cattivo tempo a proprio piacimento. Tadej vorrà arrivare a quota 5 successi per eguagliare i giganti della storia. Jonas spera di riassaporare quelle gioie sulle strade francesi già vissute nelle edizioni 2022 e 2023.
Richard Plugge, il grande capo della Visma, ha detto che il percorso è perfetto per Vingegaard. Ma anche per Van Aert. Che potrebbe avere la possibilità di replicare il successo finale a Parigi, visto che è stato confermato il triplo passaggio su Montmartre, anche se il prossimo anno, dopo l’ultimo scollinamento, ci saranno 15 km per arrivare sui Campi Elisi e non 6 come lo scorso luglio.
Nelle tre settimane, dal 4 al 26 luglio 2026, cercheranno di ritagliarsi uno spazio prezioso anche gli attaccanti, visto che il percorso offre tante frazioni mosse e con dislivelli importanti. Giornate in cui serviranno coraggio, gambe e un pizzico di follia.
E se Pogačar e Vingegaard non mancheranno di sicuro (il danese però prima potrebbe fare il Giro d’Italia per chiudere il discorso della tripla corona), al via da Barcellona (27esima Grand Départ dall’estero per il Tour) è difficile che non vedremo pure Evenepoel, nuova stella della RedBull, e Ayuso, volato alla Lidl per fare il capitano.
In Francia sognano che al via ci possa essere Paul Seixas. Ha 19 anni, è la stella del ciclismo transalpino e ci arriverebbe dopo un anno in cui ha già imparato tanto e mostrato tanto. Qualcuno teme che si possa bruciare. Ma sono pensieri antichi e desueti. Tadej e Remco sono arrivati nel circuito a gamba tesa e nessuno ha proferito verbo. Se uno possiede il DNA del fenomeno, tutto il resto è aria fritta.
Di una cosa siamo certi. Sarà una corsa pazzesca ed emozionante come sempre. Vive le Tour.
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