di
Alessandro Fulloni

Il colossale monitoraggio, mai fatto prima in Italia, a cura del Politecnico di Milano sui dati tra il 2014 e il 2023 messi a disposizione da Aci, Istat e forze dell’ordine. Oltre 164.000 i feriti. «Lo studio? Dopo la tragedia di Rebellin»

I numeri sembrano quelli di una battaglia: tra il 2014 e il 2023 gli incidenti che hanno coinvolto ciclisti sono stati oltre 164 mila. I morti sono circa tremila e i feriti più di 150 mila. Il trend è in aumento ma è perché aumenta l’uso della bicicletta. Questo monitoraggio — colossale, mai visto sinora in Italia, con mappe interattive che consentono addirittura di risalire a ogni singolo sinistro — è stato condotto da un gruppo di ricercatori che fa capo al Politecnico di Milano. Decisivo l’apporto dell’Istat che ha messo a disposizione dati georeferenziati e rapporti provenienti dalle forze dell’ordine, Aci e ministero dei Trasporti.

I numeri della mappatura — anzi, «l’Atlante degli incidenti ciclistici in Italia», consultabile online sul sito dell’università milanese — mostrano grandi differenze tra strade e scenari delle varie regioni. Non tutte, infatti, presentano lo stesso livello di pericolosità.
La Lombardia è la regione con il maggior numero di incidenti in assoluto: esattamente 41.502 tra il 2014 e il 2023. Subito dopo vengono Emilia-Romagna (30.447) e Veneto (23.139), dove l’uso della bicicletta è molto diffuso ma dove il traffico e la densità urbana aumentano i pericoli. E sono proprio queste le regioni, compresa la Toscana, dove si registra il 70% degli incidenti in bici.
 
Ma come nasce l’idea del monitoraggio?
«Da da un momento di sconforto — afferma il professor Paolo Bozzuto, del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico, coordinatore del progetto e ciclista appassionato —. Dopo la morte di Davide Rebellin abbiamo pensato di fare qualcosa che andasse oltre al cordoglio: serviva costruire conoscenza e con questo lavoro abbiamo voluto mettere i dati al servizio della collettività». 



















































Scorrendo le tavole messe a disposizione dai ricercatori — tra cui Fabio Manfredini, Emilio Guastamacchia e Shidsa Zarei, «tutti pedalatori» — emerge che il 73 % degli incidenti avviene su strade urbane, ma il 48 % delle vittime si registra fuori città, lungo le strade extraurbane, dove la velocità è maggiore e la protezione minore. Più in dettaglio: tre incidenti su quattro sono nei centri abitati, ma quasi una vittima su due muore su strade extraurbane, dove le velocità sono più alte e le protezioni per i ciclisti quasi inesistenti.

Gli incidenti si concentrano nei giorni feriali, con picchi tra giovedì e sabato, e il momento più critico è il sabato tra le 10 e le 12, quando si incrociano automobilisti diretti al lavoro e tanti ciclisti sportivi.
Il problema non è il maltempo: oltre il 90 % dei sinistri avviene con cielo sereno e su fondo asciutto. E ancora: le tipologie più comuni restano gli scontri laterali e frontali-laterali, agli incroci o nelle rotatorie, dove si concentrano le violazioni di precedenza. Solo il 12 per cento degli incidenti coinvolge esclusivamente biciclette: nella maggior parte dei casi (68 %), lo scontro è con un’autovettura.

Va detto che questo monitoraggio non propone soluzioni, «fotografa» l’esistente, se così si può dire, e mette i risultati del monitoraggio a disposizione delle amministrazioni: «Della mobilità ciclistica sappiamo relativamente poco». Una certezza è nei rapporti: «La visibilità è il miglior salvavita: luci e giubbini riflettenti riducono drasticamente il rischio».

27 ottobre 2025 ( modifica il 27 ottobre 2025 | 15:53)