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Franco Togni (Automha) ha riavuto le chiavi del complesso. Soci inibiti, solo lezioni ai ragazzini fino a primavera

Assicura che «non appena ci saranno novità lo farò sapere» e che «con il Tennis Club Bergamo ci siamo lasciati in buona armonia, sfido qualcuno a sostenere il contrario». Ma quel qualcuno c’è, a quanto risulta, oltre ad una forma diffusa di eufemistico malumore colto nell’ambiente del glorioso sodalizio sportivo che ha terminato la sua storia alla vigilia del centenario. Lo avrebbe festeggiato l’anno prossimo, dopo aver riempito la bacheca di prestigiosi trofei, tra cui i titoli italiani conquistati un mese fa dalle giovani promesse del vivaio.

A parlare è Franco Togni, imprenditore ed ex patron di Automha, che da un mesetto è ritornato in possesso delle chiavi del Tennis Club Bergamo, complesso con 7 campi, una piscina e una club house con vista su Città Alta. Ci era arrivato nel 2020 in un momento non facile, in cui si era reso necessario far fronte ad un evento inaspettato. Valverde, la società immobiliare proprietaria del complesso, aveva intimato nel settembre di quell’anno lo sfratto per 18 mila euro di affitto non pagati. Per il Tennis Club fu una sorpresa, non solo perché si trattava di una cifra contenuta (nemmeno sei mesi di arretrati), ma perché i canoni non corrisposti erano, per così dire, da tempo ampiamente accettati dalla proprietà, peraltro partecipata da molti soci dello stesso Tennis Club.



















































I motivi erano noti. C’era stata una ristrutturazione conclusasi nel 2010 con notevoli investimenti. Erano rimasti debiti per un milione ma il sodalizio, con i bilanci in attivo, riusciva a barcamenarsi, con la prospettiva di estinguere il debito a medio termine grazie ad una gestione attenta ai costi. Pagando, anche se non proprio in modo puntuale, il canone di locazione. Tutto tollerato, insomma. E allora perché quello sfratto?
Alla porta dell’immobiliare Valverde aveva bussato un possibile acquirente interessato a mettere le mani sul complesso ma non per mantenere fini sportivi. La proprietà aveva dato un aut aut così riassumibile: «Se mi date gli stessi soldi del potenziale acquirente, il tennis rimane a voi». Fu trovata una via d’uscita nel coinvolgimento, in finanza e di fatto, di Togni.
Chi meglio di lui? Imprenditore affermato, già sponsor in ambito sportivo con l’Atalanta e che, proprio nel Tennis Club aveva finanziato i due palloni di copertura, acquistò la maggioranza della Valverde.

A fronte di questo ingaggio che nell’ambiente ricordano come «entusiasta», venne costituita la nuova Spa, Austin (capitale sociale 525 mila euro, di cui 315 mila sottoscritto da Automha e 210 mila dai soci del circolo) che acquistò il 62,38% del capitale sociale della Valverde con una spesa complessiva di poco inferiore ai 430 mila euro, a fronte della valutazione dell’area stimata in 600 mila. Dal punto di vista immobiliare, un affare.
Diventato socio di maggioranza, Togni si ripropose di rivoltare il Tennis Club come un pedalino
con progetto di restyling affidato all’archistar Mauro Piantelli e un investimento di 2 milioni e mezzo. Un cifrone che, gli fu fatto presente fin da subito, il Tennis Club alle prese con una gestione molto «attenta» non sarebbe mai riuscito a ripagare. Meglio, gli fu consigliato, effettuare interventi più contenuti: il rinnovo della club house e degli spogliatoi femminili per 500 mila euro sarebbe bastato. Seguì un periodo di grande «incertezza» progettuale con Togni che avanzò alcune proposte mai realizzate: rifacimento della club house, realizzazione di un nuovo campo di padel, uno di pickleball, e un giardino pensile. A concretizzarsi fu, invece, una convenzione con il Comune di Bergamo per lo spostamento della volumetria disponibile sopra due campi da tennis per attribuirla all’area della club house, oltre all’installazione di un’antenna telefonica a fianco del campo centrale a un canone di 25 mila euro l’anno (con una mezza sollevazione popolare). 

Nel frattempo, dopo l’ingresso dello stesso Togni nel cda, si registrarono altri eventi, tra cui la sua imposizione di sostituire la decennale ristorazione a conduzione famigliare (unanimemente apprezzata) con una società professionale. Che se ne andò dopo due mesi. Senza più l’appeal della ristrutturazione, senza un bar e senza un ristorante, il Tennis Club registrò un calo di iscritti. Di qui l’obiettivo di risollevarne le sorti, tra costi energetici sempre più cari e plurime interlocuzioni con lo stesso Togni nel tentativo di accordarsi su un canone sostenibile e sull’avvio del restyling promesso. Finché, a fronte degli arretrati, si è arrivati alla risoluzione del contratto un mese fa. Togni ha pagato al Tennis Club una cifra che ha parzialmente contribuito a sanare il debito, consentendo così ad alcuni soci di estinguere le fidejussioni bancarie che avevano in capo (mentre un debito di qualche decina di migliaia sarà sanato da altri soci volonterosi). Oggi si trova proprietario di un complesso funzionale e funzionante (concesso per le lezioni ai ragazzini fino in primavera), tra campi e piscina, ma su cui pende un grosso punto interrogativo. Nell’ambiente del tennis bergamasco, si respirano rammarico e grande disillusione, sentimenti molto lontani dalla «buona armonia» con cui, a detta di Togni, le parti si sarebbero lasciate.


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27 ottobre 2025