Dopo più di 50 giorni di detenzione, finalmente Sofiane Sehili è stato liberato il 23 ottobre 2025, con la sentenza del tribunale russo di Pogranichniy. L’ultraciclista francese era stato arrestato il 2 settembre scorso mentre tentava di stabilire il record dell’attraversamento dell’Eurasia in bicicletta.
L’arresto e la detenzione russa
Tutto è cominciato a inizio luglio, quando Sofiane è partito da Lisbona per tentare di battere il record della traversata eurasiatica fino a Vladivostok, detenuto dal 2017 da Jonas Deichmann. Il percorso, di circa 16.000 km, comprendeva un passaggio attraverso Turchia, Georgia e Uzbekistan, e rappresentava per Sofiane un ritorno alle origini del suo rapporto con la bicicletta: una sfida solitaria e cicloturistica, lontana dalle gare organizzate.
Mancavano pochissimi chilometri dalla meta finale, quando Sofiane ha incontrato un ostacolo che ha messo tutto in discussione. È stato respinto al checkpoint cinese di Sanchakou, sul confine sino-russo, e intraprendere un percorso alternativo avrebbe significato dire addio al record.
Era il 1 settembre: quella notte Sofiane ha attraversato un sentiero di montagna transfrontaliero, e il giorno dopo si è consegnato alle autorità russe per regolarizzare la sua posizione. A quel punto è stato immediatamente arrestato, iniziando così la lunga detenzione che ha tenuto con il fiato sospeso il mondo del ciclismo.
L’udienza e il rilascio
Sofiane è rimasto in carcere per quasi due mesi. Il Ministero degli Affari Esteri francese si è attivato per cercare una mediazione, mentre le informazioni che la famiglia riceveva erano sporadiche e spesso preoccupanti, soprattutto per quanto riguarda il cibo e i contatti con le persone intorno a lui.
Infine, dopo oltre cinquanta giorni di detenzione, il 23 ottobre si è tenuta l’udienza di giudizio, al termine della quale il tribunale di Pogranichniy in Russia ha finalmente disposto la liberazione di Sofiane Sehili. Infatti, l’ultraciclista francese è stato riconosciuto colpevole di ingresso illegale nel Paese, ma il giudice ha deciso di non comminare alcuna multa (che sarebbe stata pari a circa 50.000 rubli, poco più di 500 euro) in considerazione del tempo già trascorso in custodia e dell’assenza di intento criminale.
In aula, Sofiane è apparso provato ma tranquillo, ancora vestito con il suo abbigliamento tecnico da viaggio. Al termine dell’udienza ha pronunciato poche parole, che riassumono lo spirito con cui ha affrontato tutta la vicenda: «Questa è la fine di questa avventura in Russia».
Ha inoltre pubblicato un video su Instagram per ringraziare i suoi sostenitori e tranquillizzare tutti quelli che hanno seguito con apprensione la sua vicenda.
Oltre il limite: la lezione di Sofiane per il mondo dell’ultracycling
La vicenda di Sofiane riapre il dibattito sulla libertà di movimento degli atleti d’avventura e sulle difficoltà legali che possono incontrare in territori stranieri. La sua esperienza mette in luce quanto siano rischiose le imprese di ultracycling. Non solo per le sfide legate all’ambiente, alla fatica e agli imprevisti che possono cambiare il corso di un viaggio, ma anche per qualcosa di più invisibile e umano.
Forse il rischio più difficile da riconoscere è quello che nasce dentro la mente di chi pedala. Dopo giorni, settimane, mesi in solitudine, può insinuarsi un senso di onnipotenza, una fiducia totale nelle proprie capacità che a volte offusca la lucidità di fronte a decisioni importanti. È una tensione sottile, ma reale: quella tra la libertà assoluta che la bici sa dare e la consapevolezza dei limiti che ogni avventura impone.
Il caso di Sofiane ha anche mostrato il ruolo fondamentale della solidarietà internazionale e della comunità ciclistica globale, che non ha smesso di far sentire la propria voce con sostegno, affetto e pressione diplomatica. Oggi, con la libertà ritrovata, Sofiane è il portavoce di un tipo di ciclismo forte e resiliente: il simbolo di chi ha imparato che la vera vittoria non è un record, ma la capacità di rialzarsi.
E chissà che, un giorno, non torni davvero a inseguire quel sogno interrotto: magari più consapevole, ma sempre guidato dalla stessa determinazione e voglia di libertà.
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