Nel primo consiglio comunale utile, il capogruppo di Forza Italia Alberto Ancarani presenterà una question time sulla recente decisione della Regione Emilia-Romagna che ha bloccato la possibilità per i medici di medicina generale di prescrivere oltre 2.100 esami, spostati nel catalogo delle “Alte specialità”.

“È una scelta unilaterale, senza alcun preavviso né confronto con gli attori coinvolti – sostiene Ancarani – Si tratta di esami di laboratorio, diagnostici e specialistici di uso comune, per i quali ora i pazienti dovranno necessariamente rivolgersi a uno specialista del servizio sanitario pubblico, anche solo per ottenere una prescrizione già consigliata da un collega del privato convenzionato. Questo comporta un ulteriore passaggio, nuove liste d’attesa e potenzialmente diagnosi tardive”.

A quanto sembra un paziente già proveniente da uno specialista, magari del privato convenzionato, che ha suggerito al medico curante alcuni esami non potendoli prescrivere direttamente se non su ricetta bianca a pagamento, si troverà invece a non poter più andare dal proprio medico curante per la prescrizione degli esami già consigliati, ma dovrà prendere un altro appuntamento da uno specialista omologo, ma operante in struttura pubblica, per farsi prescrivere quanto consigliato dal collega precedente sottoponendosi ad una nuova lista di attesa.

Le attese per visite specialistiche, già oggi molto lunghe, potrebbero peggiorare ulteriormente. “La decisione rischia di compromettere l’accesso tempestivo alle cure e mina il rapporto fiduciario tra medico e paziente, riducendo i medici di base a meri burocrati”, accusa Ancarani. Il consigliere critica anche la promozione delle case della salute e dei Cau: “Suona come una presa in giro, se poi i cittadini devono comunque vagare tra strutture diverse per ottenere una prescrizione”.

Alla giunta comunale Ancarani chiede se condivida questa scelta della Regione, se intenda farsi promotrice di una richiesta di blocco dell’ordinanza e se non ritenga che si tratti, nei fatti, di un incentivo al ricorso a prestazioni private a pagamento, in contrasto con l’idea di sanità pubblica che la Regione ha sempre rivendicato.