di
Alessia Cruciani

Dopo le acquisizioni di Vimeo e WeTransfer e la trattativa per Aol, il fondo Bailie Gifford cerca nuovi soci e chiuderà il 2025 con ricavi superiori a 1,2 miliardi di dollari

È una di quelle «sceneggiature originali» per l’economia italiana. Perché non arriva dalla manifattura ma da un gruppo di giovanissimi che più di dieci anni fa ha deciso di piegare le regole: proprio come il cucchiaio di Matrix da cui hanno preso il nome. Oggi Bending Spoons, la tech company milanese diventata unicorno (oltre il miliardo di dollari di valutazione), che sviluppa app scaricate da milioni di persone nel mondo, potrebbe arrivare a valere addirittura 12 miliardi di dollari. Secondo un documento visionato da Bloomberg News, Baillie Gifford, storico investitore con sede a Edimburgo, sta cercando co-investitori per una quota della società. Se la valutazione verrà confermata, si tratterà del più alto valore mai raggiunto da una tech company italiana.
Un traguardo che arriva in un momento di forte espansione. Bending Spoons, fondata per sviluppare app nel 2013 da Luca Ferrari, Francesco Patarnello, Matteo Danieli, Luca Querella e Tomasz Greber, è diventata nota in Italia per aver sviluppato l’app Immuni durante la pandemia, ma il suo mercato è soprattutto globale. Nel 2024 ha registrato 622 milioni di euro di ricavi (+72,5%) con un Ebitda del 50,6%, superiore perfino a quello di Apple o Google. Per il 2025 sono previsti ricavi superiori a 1,2 miliardi di dollari.
Ferrari, che possiede circa il 16% dell’azienda, guida un gruppo che ha fatto delle acquisizioni il proprio motore. Dal 2013 a oggi sono circa cinquanta, dieci solo nell’ultimo anno, per un investimento complessivo di 1,7 miliardi di dollari. Dopo WeTransfer, Evernote e Brightcove, Bending Spoons ha appena rilevato Vimeo per 1,38 miliardi e sarebbe in trattativa con Yahoo per acquistare anche Aol. In parallelo prepara un aumento di capitale fino a 350 milioni di dollari, parte di un piano di finanziamento complessivo da 2,5 miliardi sostenuto da JP Morgan e Goldman Sachs.

Acquisizioni continue

La logica è semplice quanto spietata: comprare aziende con un prodotto valido ma sottoperformante, ottimizzarle e rilanciarle con ristrutturazioni che garantiscono margini record ma comportano spesso tagli pesanti al personale, addirittura oltre metà dei team nei casi di Evernote e WeTransfer. «Siamo radicali nella trasformazione — ha ammesso Ferrari in una lunga intervista a Sifted, testata del Financial Times — . Riscriviamo il codice, modifichiamo l’interfaccia e, spesso, anche il management per dare un segnale forte di cambiamento e rilancio. Ma offriamo pacchetti di uscita ben superiori agli standard».
L’azienda ha oggi 1.000 dipendenti — si fanno chiamare spooner — e oltre 300 milioni di utenti mensili. L’inglese è la lingua ufficiale negli uffici di via Nino Bonnet, ma resta la regola tutta italiana del «niente cappuccino dopo le 11», che gli stranieri spesso faticano a rispettare. Il lavoro è intenso: «È un ambiente impegnativo — ha aggiunto Ferrari — ma estremamente meritocratico. Pretendiamo molto da noi stessi e dagli altri».



















































Doti e abilità

Questa meritocrazia attrae giovani da tutta Europa. Florinda Pannofino, oggi ventottenne, guida Evernote e un team da 200 milioni di euro di fatturato. «Nella maggior parte delle aziende non avrei mai avuto questa responsabilità», ha detto. Per Ferrari, «talento ed esperienza non sono correlati. In un mercato competitivo, se vuoi più esperienza devi rinunciare a un po’ di talento. Noi scommettiamo sui giovani». Molti vengono scelti quando ancora sono all’università. In cambio, l’azienda offre libertà e premi fuori scala: budget per attività di team (dal surf in Portogallo al coworking alle Canarie), viaggi aziendali alle Seychelles e la possibilità di crescita rapidissima. Non a caso nel 2023 sono arrivate 350 mila candidature, quest’anno potrebbero essere 600 mila.
La struttura è piatta, senza gerarchie rigide. Ogni anno Ferrari chiede a investitori e top manager se ritengono che l’azienda debba cercare un nuovo ceo: «Se più di due persone dicono di sì, avviamo la ricerca». Forse un modo per tenere viva la cultura del dubbio e della responsabilità condivisa. Quando cerca un confronto, però, non si affida a un solo mentore. Accanto ai co-founder, Ferrari condivide le scelte strategiche con il direttore finanziario Davide Scarpazza e con la responsabile dei talenti Anna Lami. Nel consiglio siedono anche due investitori istituzionali — Fabio Canè di NB Renaissance e Tommaso Paoli di Nuo Capital — e due membri indipendenti di peso: Bob Mylod, ex Cfo di Booking.com, e Leah Schwartz, ceo della banca d’investimento Allen & Company. A investire su Bending Spoons spiccano anche personalità celebri come il musicista The Weeknd, l’attore Bradley Cooper, l’ex ceo di Google Eric Schmidt, il rapper Fedez, l’imprenditore francese delle telecomunicazioni Xavier Niel.
Il futuro? «Potremmo quotarci al Nasdaq già domani, ma non abbiamo fretta — ha spiegato Ferrari —. Vogliamo costruire una delle aziende di maggior successo di tutti i tempi, con radici in Europa».
Quando è lui ad aver bisogno di un consiglio speciale, non chiama un consulente, ma si affida alla famiglia e, a volte, a un maestro ancora più giovane di lui: Siddharta di Hermann Hesse. «Mi ricorda di restare calmo e concentrato».

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27 ottobre 2025