Alexander Krieger appende la bici al chiodo e sale sull’ammiraglia. Dopo 25 anni dalla sua prima gara e sei stagioni da professionista trascorse tra Alpecin e Tudor Pro Cycling, nelle quali ha ricoperto principalmente il ruolo di gregario, il 34enne ha deciso di concludere la sua carriera da corridore. Corridore veloce, ha compiuto il grande salto piuttosto tardi visto che ha firmato il suo primo contratto professionistico nel 2020, al fianco di Mathieu van der Poel, che ha supportato nel suo primo successo al Giro delle Fiandre. In questi anni è distinto soprattutto per il lavoro a supporto dei velocisti o dei capitani per il Nord, con il suo miglior risultato che resta un secondo posto alla Paris – Chauny del 2020.
“Da giovane ciclista, avevo un’idea piuttosto romantica di come sarebbe stata la vita da professionista – commenta il corridore tedesco – Ricordo un training camp a Maiorca. C’era vento, ero in strada da diverse ore e stavo soffrendo parecchio. Quando Geraint Thomas e la sua squadra, il Team Sky, mi vennero incontro e pensai tra me e me: da professionista, le cose andranno sicuramente sempre bene; avrò sempre buone gambe. La dura realtà è che invece da professionista si soffre allo stesso modo”.
Quando gli si chiede cosa gli mancherà più della sua vita da corridore, ammette che gli mancheranno “il brivido, le emozioni e l’estasi di una gara”, nonché “i tifosi che ti incitano, la gioia di tagliare il traguardo, la tensione prima della gara e la soddisfazione interiore di sedersi sull’autobus climatizzato dopo la gara, appena fatta la doccia e con un piatto di pasta tra le mani”. Esempi da cui si comprende bene che un certo romanticismo non gli è mai passato: “In generale, mi piace molto andare in bicicletta, adoro andare i bici e continuerò a trovare il tempo per farlo in futuro […] Il ciclismo è stato ed è la mia passione, oltre che la mia professione. Questa passione rimarrà per sempre una costante nella mia vita. Tuttavia, non trovo che il ciclismo come professione sia una carriera facile.”
Tra i momenti chiave della sua carriera, per Krieger non è stato semplice riprendersi dalla brutta caduta subita al Giro d’Italia 2024 e proprio quel periodo di stop ha contribuito a delineare il suo futuro. Infatti, il corridore tedesco ha avuto così l’opportunità di collaborare con il Team Devo della sua squadra e, da quell’esperienza, è nata la prospettiva di rimanere nel team, nel ruolo di direttore sportivo.
“Il tempo trascorso con i corridori del vivaio lo scorso anno mi ha motivato a intraprendere questa strada – spiega al riguardo – Ho notato subito quanto i giovani atleti siano disponibili e attenti, quanto lavorino già in modo professionale e accorto, e che è qui che si gettano le basi per i sogni e il successo. Fisicamente, nonostante la loro età, sono già molto avanti mentre, dal punto di vista tecnico e tattico, vedo possibilità di ulteriore miglioramento. È qui che entro in gioco io. È anche essenziale mostrare ai corridori del team Devo l’importanza di adottare un approccio realistico al ciclismo professionistico. Solo pochi atleti hanno così tanto talento da riuscire a ottenere tutto con facilità. Il fallimento fa parte di questo percorso tanto quanto la vittoria. Nonostante tutti i dati e i numeri, devono capire di essere umani. Per me non è mai stato scontato rimanere nel ciclismo professionistico. Tuttavia, entrare a far parte del Team Devo è la cosa giusta da fare in questo momento. Voglio anche ringraziare la mia squadra per la fiducia e per l’opportunità di esplorare nuovi orizzonti nella mia vita.”
