Oggi mancano 100 giorni all’inizio delle Olimpiadi invernali. La sciatrice bergamasca: «Consegno la tesi a fine gennaio 2026: ho studiato come una bestia, ma il tempo è quello che è»

Cento giorni ai Giochi di Milano-Cortina e un’idea di fondo: a causa dell’ancora incerta partecipazione di Federica Brignone e con la sicura assenza di Marta Bassino, lo sci azzurro declinato al femminile guarderà più che mai a Sofia Goggia anche se all’apertura di Coppa del Mondo, nel gigante di Soelden, è incappata in una scivolata. Lei, campionessa ma anche personaggio capace di colpire per le sue riflessioni mai banali, sarà pure una delle stelle assolute della missione azzurra tra quei cinque cerchi che tornano in Italia 20 anni dopo Torino 2006.
La storica italo-austriaca Roberta Rio ha messo a punto «l’effetto topofilia», metodo scientifico con cui risvegliamo il legame con i luoghi del cuore. Per i latini era il «genius loci». Quello di Sofia Goggia sta a Cortina?
«Probabilmente sì, ma in realtà lo colloco tra Cortina, posto di grandi gioie, e la mia Bergamo».
Però Cortina le ha anche riservato momenti duri, come l’incidente che ha messo a rischio la presenza ai Giochi 2022.
«Non penso minimamente a quella caduta. Prima e dopo Pechino ci sono state tante gare, alcune con infortuni. Ma ogni seguito è sempre stato, come mi piace sottolineare, all’insegna dell’amore».
Trentatré anni il 15 novembre, una carriera importante anche se con tante sfortune. Che cosa la spinge ancora?
«Vivo per le esperienze non fatte, per quel potenziale non espresso, per gli obiettivi che voglio raggiungere. Vivo infine per le emozioni che lo sci mi dà: nella vita ce ne saranno altre, ma nulla sarà paragonabile all’adrenalina con cui apro un cancelletto di partenza e alla gioia e al senso di condivisione con lo staff che provo se una gara va bene».
Quindi mette in conto il rimpianto, una volta ritirata?
«Non ci saranno nostalgie se avrò la consapevolezza di aver dato tutto».
Perché si guarda al suo oro olimpico del 2018 più che a quell’argento del 2022, frutto di un mezzo miracolo?
«Perché il valore di una medaglia è insito nel suo colore. Però il percorso che mi ha portato all’argento di Pechino è stato speciale. Sono due storie diverse: a Pyeongchang, mia prima Olimpiade, arrivavo da leader del ranking e lì ho battuto Lindsey Vonn. Sono stata poi la prima italiana a vincere l’oro olimpico in discesa. A Pechino mi sono rimasti 16 centesimi sullo stomaco, ma di più non potevo fare: ho corso su… una gamba e mezzo, non ero sicura di arrivare al traguardo. Per il valore umano intrinseco il secondo posto in Cina vale forse di più».
Finalmente è reduce da un’estate di lavoro «normale». Ha colto sensazioni inedite?
«Ho seguito una preparazione diversa, poliedrica sul piano fisico: ho esplorato una motricità differente, ho curato la parte acrobatica e i salti, mi sono misurata su superfici varie, tant’è che all’inizio il piede infortunato un anno fa doleva parecchio».
Ha scelto anche di trasferirsi a La Parva, in Cile, dove si allenavano i maschi ed è arrivata a ridosso della tragedia di Matteo Franzoso, un’esperienza che l’ha toccata nel profondo.
«Non è stato semplice vivere certi momenti, ma è un argomento di cui noi tutti non possiamo parlare tanto, nel rispetto della volontà della famiglia di Matteo».
Non si sa se Federica Brignone recupererà almeno per i Giochi. E si è fatta male pure Marta Bassino. Inevitabilmente i riflettori saranno su Sofia Goggia.
«Immagino che lo scenario possa essere questo. Ma assieme alla mia squadra ho cercato di creare uno scudo protettivo fin dall’infortunio di Federica».
Il presidente del Coni Buonfiglio ha detto che ci saranno quattro alfieri italiani: una coppia uomo-donna a Milano e una a Cortina. Vorrebbe un posto per lei?
«Non so se sarò scelta, ma il team Goggia non ha fatto e non farà pressioni alla giunta del Coni».
Come immagina la sua stagione e l’avvicinamento olimpico?
«Uso tre aggettivi riferiti a me stessa: costante, lucida, concentrata».
Nello sci c’è un modo diverso per raccontare e raccontarsi?
«Molto sta nell’atleta e nei contenuti che ha da condividere. Lo sci potrebbe poi essere raccontato in modo diverso se finalmente la Coppa del Mondo cambiasse format e aggiungesse gare estive nel continente australe: si parlerebbe di noi tutto l’anno».
Se la sente di dare un colpo d’occhio alla sciatrice Sofia Goggia dopo il 2026?
«Nel 2027 sarà ancora in gara. Poi si vedrà. Aggiungo: nel 2027 anche come dottoressa…».
Sofia laureanda.
«Consegno la tesi a fine gennaio 2026: ho studiato come una bestia (Scienze politiche ndr), ma il tempo è quello che è».
Fidanzati sempre alla larga?
«Sempre alla larga. Almeno fino al prossimo aprile. Poi procederò al casting? Ma quale casting… E comunque ora sono troppo concentrata su altre cose».
Dato che Brignone non riuscirà a difendere la Coppa del Mondo, lei si sente un’alternativa a Mikaela Shiffrin e a Lara Gut-Behrami?
«Chissà, tra due litiganti…».
E se ai Giochi 2026 non andasse come tutti si aspettano?
«Nessuno potrà scalfire il mio passato e quello che ho vinto. E la mia immagine di Cortina rimarrà sempre l’alba che illumina le Tofane quando sono sulla seggiovia».



















































29 ottobre 2025 ( modifica il 29 ottobre 2025 | 08:43)