La Giornata del Risparmio non ha più la solennità di un tempo. È diventata una cerimonia un po’ sbrigativa e troppo prevedibile nei toni e nei messaggi. Conserva comunque un suo residuo fascino anche se sono lontane, negli anni ‘50 e ‘60, e ormai ingiallite, le immagini di tanti alunni che ricevevano, tremanti, il loro primo libretto postale o bancario con cento lire. Una sorta di passaporto finanziario per l’età adulta. 

Ormai la Giornata del Risparmio è la Giornata delle banche e dei loro azionisti. Non dei risparmiatori e dei correntisti. Ma è proprio grazie a questi ultimi che gli istituti di credito hanno potuto ottenere profitti così grandi e, nel rapporto con il governo, persino imbarazzanti. Grazie alla pigrizia degli italiani che tengono troppi soldi su conti correnti, scandalosamente poco remunerati. Qualche volta viene il dubbio che alle banche, dopotutto, dell’educazione finanziaria dei propri clienti importi poco o nulla. Con risparmiatori più svegli e reattivi guadagnerebbero di meno.



















































Com’è tradizione, ieri è stato diffuso anche il sondaggio Acri-Ipsos sullo stato d’animo finanziario delle famiglie italiane che dovrebbe far riflettere per l’aumento del malessere. La propensione al risparmio del popolo di straordinarie formiche italiane si affievolisce. Il 57 per cento dei nuclei familiari sta peggio. Solo il 41 per cento riesce a risparmiare qualcosa contro il 46 dell’anno precedente. È la percentuale più bassa dal 2018. Cresce, al 64 per cento, la tendenza a tenere i soldi sul conto corrente, che sono un po’ il materasso d’antan. Minore l’interesse per l’azionario, immarcescibile la passione per il mattone.

29 ottobre 2025