I campi della Defense Arena sono molto diversi da Bercy e al chiuso manca l’incidenza dei fenomeni atmosferici. Come la composizione delle superfici sta influenzando i giocatori
Luigi Ansaloni
29 ottobre – 15:47 – MILANO
È bastato poco a Carlos Alcaraz per cambiare idea sulla bontà dei campi della Defense Arena di Parigi, che quest’anno ha sostituito Bercy come sede dell’ultimo Masters 1000 della stagione, riaccendendo i riflettori sulla velocità delle superfici. Lo spagnolo li aveva battezzati come “più lenti” dello scorso anno e dunque migliori “per far vedere lo spettacolo del tennis”. Dopo la sconfitta al debutto contro Cameron Norrie, in conferenza stampa Alcaraz è tornato sui suoi passi, lamentandosi più volte proprio della lentezza dei campi parigini, come aveva fatto già durante il match.
quante differenze—
La questione delle superfici sta diventando quasi il tema centrale di ogni torneo, soprattutto da quando Roger Federer, in un podcast con Andy Roddick, ha detto che c’è un’omologazione decisa dagli organizzatori per favorire Alcaraz e Sinner, in modo tale che arrivino sempre in finale. Concetto sposato anche da giocatori ancora in attività, come Alexander Zverev e Alex de Minaur. Diciamolo subito: il campo della Defense Arena è completamente diverso da quello di Bercy. Sembrano due tornei diversi, dal 2024 al 2025. Non lo dice solo chi ci gioca, ma i numeri. Il “Court Pace Index” (CPI), ovvero l’indice di velocità del campo del Masters 1000 di Parigi è passato in un anno dal 46.6 al 35.1, una diminuzione di ben 11.5 punti. Un’enormità di differenza di valore, se si parla dello stesso torneo. Il Cpi si basa su un coefficiente che misura la rapidità di una superficie incrociando due variabili, l’attrito e la restituzione verticale, con dati raccolti direttamente da Hawkeye attraverso il sistema di telecamere a triangolazione. Il CPI, dunque, mostra la velocità effettiva dei campi misurata durante le partite reali e consiste in una media calcolata sui giorni in cui si disputa il torneo Atp. A differenza di quanto succede con i campi in cemento all’aperto, che diventano più veloci quando sono esposti al sole e al calore e più lenti nelle sessioni notturne, in indoor non esistono condizioni meteo influenti e quindi tutto dipende dalla combinazione tra la tipologia di palle e tra gli strati che compongono la superficie. Dunque, gli organizzatori o chi per loro, hanno molto margine per “decidere” la velocità di un campo. In indoor/cemento c’è una base regolare in cemento o asfalto e hanno una superficie di finitura con acrilico o poliuretano. Ci si può aggiungere uno strato imbottito sotto l’acrilico per aumentare o diminuire la velocità. Grosso modo, più sabbia si aggiunge alla miscela della superficie, più lento sarà il campo. Il punto è che tutte le superfici possono essere modificate a seconda dei gusti e dei desideri degli organizzatori, che ovviamente devono rispettare dei paramenti imposti, ma c’è un ampissimo potere decisionale. E altro aspetto da non sottovalutare: non sempre il risultato finale del campo è quello desiderato.
scivoloso—
Al netto delle lamentele dei giocatori, il centrale della Defense Arena è apparso scivoloso, con un rimbalzo della palla inusuale, per un campo indoor. Alcaraz ha detto che è quasi peggio di Montecarlo (terra rossa) e guardando il famoso CPI non c’è andato nemmeno troppo lontano, visto che nel Principato è di 29, non troppo distante dal 35.1 del 1000 Parigino. Shanghai, altro torneo massacrato per la sua (nuova) lentezza, era addirittura a 32.8, nulla se confrontato al 44.6 di Toronto o del 43 di Cincinnati. Solo Indian Wells, con 30.9, ha un cemento più lento. Ma se è più lento, quindi più nelle caratteristiche di un re della terra battuta come lui, perché Alcaraz si è trovato così male? Perché in campi di questo tipo, in assenza di qualsiasi fattore esterno, la palla ha uno scivolamento e un ribalzo non congeniali al genio dello spagnolo. Il numero uno dal mondo ha meno tempo per preparare i colpi, non ha un servizio adatto a questo tipo di superficie, in più fatica a usare le sue micidiali rotazioni e non ha il tempo nemmeno per caricare i colpi con le sue proverbiali accelerazioni, visto che la palla torna indietro veloce e salta poco. Inoltre, a Carlos viene meno anche il vantaggio della sua straordinaria mobilità, visto che sapersi muovere in questi tipi di campo conta meno rispetto che altrove. Problemi che vi ricordano qualche grande del passato? Esatto: Rafael Nadal. Il maiorchino per tutta la sua carriera non è mai riuscito davvero a trovare il bandolo del matassa all’indoor. Vedremo se il connazionale, col passare degli anni, ci riuscirà. Magari da Torino, dove si giocherà con Sinner (che al contrario su questi campi ci sguazza beato) il n.1.
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