di
Elisa Messina
80 anni dopo le violenze delle truppe alleate sbarcate all’Isola d’Elba, Consiglio Comunale ha votato all’unanimità l’assegnazione della medaglia d’oro Città di Portoferraio alla donna che nel 1944 si rese protagonista di un gesto incredibile. A lei sarà dedicata anche una strada
Non è la medaglia d’oro al valor civile conferita dal Presidente della Repubblica, ma anche la medaglia d’oro Città di Portoferraio ha il suo valore e finalmente Olimpia Mibelli Ferrini avrà, alla memoria, quell’onore che le spetta da 80 anni. E proprio dalla sua città. Grazie al voto unanime del Consiglio Comunale.
Chi era Olimpia? Una donna di Portoferraio che, giovanissima, nel giugno 1944, dopo lo sbarco delle truppe alleate all’Isola d’Elba, si rese protagonista di un gesto eroico che è stato dimenticato, rimosso: si offrì a una banda di soldati che stavano per violentare alcune ragazzine, salvandole dallo stupro. Un sacrificio enorme, che avrebbe potuto portarla alla morte visto che il bilancio di quella due giorni di delitti, violenze e razzie – compiute da soldataglie a cui era stato concesso un «diritto di preda» dopo lo sbarco – conta diversi morti ammazzati e almeno 200 stupri accertati.
Ma il gesto di Olimpia, la scelta istintiva, immediata, di una ragazza libera, orfana, che viveva già da sola, è stato probabilmente giudicato troppo «sconveniente» per essere celebrato. Negli stessi documenti dell’epoca viene definita: «una ragazza di facili costumi». Istantanea di una morale ignobile.
In generale, all’Elba, negli anni a seguire, si preferì tenere chiusa, perché troppo dolorosa, la pagina di quello che successe nel giugno 1944, quando le truppe alleate – per la precisione soldati africani delle colonie francesi – arrivarono all’Elba, ingaggiarono una battaglia di due giorni con i nazisti che da alleati erano diventati occupanti, e poi si lasciarono andare a violenze e saccheggi. Non tutti, certamente, ma le tante violenze compiute hanno lasciato una cicatrice profonda negli elbani. Quella che tutt’ora fa dire loro: «Qui non ci fu Liberazione ma sbarco».
La mozione per la medaglia città di Portoferraio a Olimpia, titolo che non veniva assegnata ormai da diversi anni, è stata presentata dal gruppo di opposizione Bene Comune guidato da Marcella Merlini ma è stata accolta e votata all’unanimità da tutto il Consiglio. La cerimonia si terrà il 16 settembre, il giorno del devastante bombardamento sulla città.
Non solo: oltre alla medaglia, il sindaco Tiziano Nocentini ha ora annunciato che la procedura per la dedica di una strada nel centro storico di Portoferraio sarebbe già in corso. L’associazione toponomastica femminile, un anno fa, fece una richiesta ufficiale al sindaco perchè alla memoria di Olimpia fosse dedicata una via.
La medaglia è il primo, vero, gesto concreto che le istutuzioni – in questo caso quelle locali – compiono per ricordare questa eroina dimenticata, questa «partigiana senza medaglie» come è stata definita. Una delle tante donne, ragazze, adulte e anziane, che hanno subito violenza per il solo fatto di essersi trovate sulla strada di bande di soldati: truppe provenienti da Senegal, Marocco e altre colonie francesi mandate a morire sulle coste europee, forse drogate prima di essere spedite sulle spiagge minate (le foto dell’epoca sono impressionanti) e comunque autorizzate dai superiori francesi, perloppiù corsi, a prendersi tutto ciò che volevano dagli «italiani che sono tutti fascisti». Sbarco e relativi soprusi erano la vendetta, a spese dei civili inermi, delle violenze compiute dalle camicie nere in Corsica. Ma vanno considerate anche le mire che, in quel momento, la Francia aveva sull’Elba, l’isola di Napoleone, l’isola italiana più vicina alla Corsica.
Fu un trauma enorme per la popolazione elbana: aspettava i liberatori e si ritrovò in casa dei predatori. Tragedie già vissute in altre zone d’Italia, in Lazio per esempio, e diventate famose anche per il romanzo e il film «La Ciociara». Ma lo sbarco dell’Elba con i suoi drammi è rimasta una pagina minore e poco conosciuta. Così, le tante donne che hanno subito le violenze si sono ritrovate vittime due volte, prima dei soldati e poi dell’oblio imposto dalla vergogna collettiva.
Tra gli anni 70 e 80 si parlò, in verità, delle pratiche per l’assegnazione di un’onorificenza nazionale per Olimpia Mibelli Ferrini, ma non partì mai alcuna richiesta. Ne’ si concretizzò la proposta, lanciata già negli anni 90, per dedicarle una via: la prefettura si oppose per assenza di documentazione che comprovasse i fatti. Probabilmente nessuno si impegnò abbastanza per rintracciare testimoni che all’epoca erano ancora in vita. O forse non si vollero trovare: in fondo erano fatti scabrosi, da dimenticare. La stessa Olimpia continuò la sua vita con semplicità senza mai chiedere nulla per sè. Fino alla morte nel 1995.
Solo negli ultimi anni è riemersa la volontà di celebrare la memoria di Olimpia e lasciare finalmente una luce accesa sui fatti del 44. In occasione dell’80esimo anniversario dell’Operazione Brassard – questo il nome in codice dello sbarco delle truppe coloniali francesi -, il Corriere dedicò un servizio allo sbarco dimenticato e alla vicenda di Olimpia. E, nell’agosto 2024, a un evento pubblico, il sindaco di Portoferraio Nocentini promise una via per Olimpia.
Non solo: quest’anno, con la pubblicazione del volume «Lo sbarco della vergogna» uno degli autori, Mario Ferrari, ex sindaco di Portoferraio, ha scritto al presidente della Repubblica Mattarella per richiedere l’assegnazione di una medaglia al volore: nel libro sono raccolti molti documenti inediti, anche su Olimpia e sulle violenze.
Infine un romanzo storico, premiato, «La figlia del ferro» di Paola Cereda, ha reso Olimpia anche una figura letteraria rielaborando la sua storia incredibile e la storia di quei giorni. Anche l’Elba, insomma, ora ha la sua «Ciociara».
Finzione letteraria a parte, ora è la vera Olimpia a ricevere il riconoscimento che merita. Quell’Olimpia Mibelli che non ha neppure una tomba (riposa in una fossa comune) ma avrà, speriamo, il nome inciso in una delle vie della sua città. Onorare lei, oggi, anche se tardivamente, significa onorare e ridare dignità a tutte le vittime di quella pagina orrenda della storia elbana considerata per troppo tempo un tabù.
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30 luglio 2025 ( modifica il 30 luglio 2025 | 18:36)
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