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Daria Bignardi scrive ancora, scrive sempre. E così è arrivata al suo decimo romanzo. Questo è dedicato alla solitudine. Tutto è nato da un viaggio in Vietnam con suo figlio Ludovico. E dal ritorno a casa con un senso di vuoto. «Racconto – al Corriere della Sera – di quando sono nati i miei figli. Lavoravo tanto: scrivo della fatica che facevo nel cercare di essere la madre perfetta, l’angoscia che provavo».
La maternità
Poi continua: «Nonostante avessi letto tutta Virginia Woolf e le altre femministe, quando ho avuto una famiglia e dei figli sono stata colpita da un incantesimo: ho dimenticato tutto. Non rimprovero nulla agli uomini che avevo a fianco: a me stessa sì. Perché io queste cose le avevo studiate. In tante donne c’è una vocazione all’accudimento rischiosa. Viene meno lo spazio per elaborare i propri vissuti».
Le ventenni di oggi
Al Corsera Daria Bignardi analizza anche le ventenni di oggi: «Mia figlia e le sue amiche le vedo attentissime a non farsi incastrare. Riconoscono, nelle loro mamme e nonne, qualcosa da non replicare. Guardandole, come dice Luisa Muraro, sembra davvero che il patriarcato sia al capolinea. Spero poi non vengano colpite anche loro dall’incantesimo».
Le app
Nel libro parlando di solitudine si parla anche delle app dei nostri telefoni cellulari: «Uso molto WhatsApp: senza, non riuscirei ad avere una vita così ricca di rapporti.
Figli, amici, flirt. Ma all’inizio dell’anno ho cercato di uscirne: era invadente la figura di Musk, questi oligarchi costruiscono fortune sulla nostra solitudine…».
Parlando di sè e della popolarità confessa che «alla televisione sono arrivata per caso. Da ragazza frequentavo i collettivi: ho sempre amato più gli ambienti underground. Solo di recente mi sono resa conto del legame tra solitudine e pregiudizio: la superficialità e l’esagerazione della tv ti restano addosso».
Il divorzio
Daria nel libro ha deciso di parlare, per la prima volta, della fine del suo matrimonio con Luca Sofri: «Il divorzio è una casa che crolla: credo sia stato quello ad avermi riportata ai traumi originari. Senza, forse non sarei arrivata a fare i conti con la mia solitudine. In Uganda, nella foresta, ho incontrato i gorilla: il loro sguardo primordiale mi ha fatto tornare alla mente un episodio». Un episodio quasi da non credere: «Mentre ci stavamo separando, in casa ho creato una specie di altare. Un barbagianni impagliato, pelli di coniglio dei nativi americani, una piuma d’aquila, piante, minerali. Poi, in un negozio di giocattoli, ho comprato delle galline gonfiabili e le ho appiccicate tutte per terra, all’ingresso. I miei figli mi guardavano perplessi. Non sapevo perché lo stessi facendo». In. questo momento Daria Bignardi stava chiedendo protezione al mondo animale…
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