di
Alessandra Muglia
Lo scrittore nigeriano: a me va bene così, il problema sono le altre migliaia di persone la cui vita orbita negli States bloccate qui
Nessun bastone a sostenere i suoi 91 anni, Wole Soyinka prende voli e viaggia come un ragazzino: martedì era a Lagos, oltre un’ora d’auto dalla sua casa ad Abeokuta, per annunciare al mondo che non può più andare in visita negli Stati Uniti.
Nessuna rivendicazione dallo scrittore primo premio Nobel africano: «Voglio rassicurare il consolato americano qui che mi sta bene che mi abbiano revocato il visto» aveva detto martedì in una conferenza stampa show, a partire dal titolo, «Saga senza fine: Idi Amin con la faccia bianca», che accosta Donald Trump all’ex dittatore ugandese.
Già nel novembre 2016, dopo la prima vittoria di Trump, sdegnato dal «suo linguaggio razzista e dal suo disprezzo per i principi democratici, avevo strappato la mia green card da residente e sono tornato in Nigeria» ha ricordato ieri al Corriere appena atterrato ad Abuja per un altro incontro. «E per una strana coincidenza, subito dopo il suo insediamento alla Casa Bianca ho ricevuto una notifica dall’Agenzia delle Entrate che mi avvisava riguardo a un controllo sulla mia situazione fiscale degli ultimi cinque anni. Bene, il risultato è che ho dovuto sborsare oltre 60.000 dollari. Per tornare dalla Nigeria a Washington e sottopormi a questo audit ho dovuto chiedere un visto B1, B2, quello che mi hanno revocato ora».
Davvero le sta bene non poter andare più negli Usa?
«Personalmente non sono preoccupato. Non è una questione che riguarda me, stiamo parlando di migliaia e migliaia di persone colpite. Nigeriani che hanno vissuto negli Stati Uniti per una vita, che hanno cresciuto là famiglie e che tornati in Nigeria per una visita non sono poi più potuti ripartire».
Nel suo caso la revoca appare una ritorsione.
«Certo che lo è. Non è la prima volta. Trump lo ha fatto con centinaia di altre persone. È successo a Oscar Arias (altro premio Nobel, ex presidente del Costa Rica, ndr) solo perché ha detto che Trump stava governando come un imperatore. Questa amministrazione ha chiarito che perseguiterà chiunque dica qualcosa di negativo sul suo governo. E continuerà a farlo finché gli americani non si rendono conto di avere un mostro tra le mani».
Ha provato ad opporsi?
«Quando tre settimane fa ho ricevuto la lettera dall’ambasciata Usa che mi invitava a tornare e a sottopormi a un nuovo colloquio ho detto: “No, non mi interessa. Che facciano quello che vogliono”. Una settimana dopo ho ricevuto una telefonata dall’ambasciatore. Molto cortese e amichevole, voleva convincermi a presentarmi per il colloquio. Gli ho ribadito il mio rifiuto. Gli ho detto che potevano venire lui e il suo staff nella mia residenza, senza visto. Abbiamo riso. Poi mi è arrivata la revoca».
Gli Usa da Paese della libertà dove si era rifugiato per proteggersi dal dittatore Abacha sono diventati un posto da cui si fugge.
«È un contrasto rivoltante. Pensi che quando sotto Abacha scappai dalla Nigeria, mi era stato offerto un esilio tranquillo a Parigi ma scelsi gli Stati Uniti. Oggi invece gli Usa sono il luogo da cui persino molti dei suoi stessi cittadini stanno scappando o vorrebbero farlo. Non dovremmo mai dare le cose troppo per scontato, il rovescio della medaglia più inatteso può verificarsi nei luoghi che non ti aspetti».
Scriverà un’opera teatrale su Donald Trump?
«L’ho già scritta. Leggete A Play of Giants (satira feroce su alcuni dei dittatori africani alle prese con un’ambasciata a New York nel 1980, ndr )».
Pensa che il retroterra culturale dell’amministrazione Trump sia simile a quella di molti leader africani?
«L’intero globo è pieno di esponenti e sostenitori di quella cultura. Guardate Putin. Questo disallineamento di potere e libertà ci accompagna da secoli. Sembra che continuerà a farlo ancora per molto tempo. L’individuo che diventa una sorta di simbolo di quella cultura disumanizzata si sposta semplicemente da un luogo all’altro. Sono ovunque. Trump non fa eccezione. Vogliamo solo che gli americani capiscano che è il loro turno. Tutto qui».
30 ottobre 2025 ( modifica il 30 ottobre 2025 | 10:09)
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