di
Massimo Gaggi

L’ex revisore Milone (laico): «Transazioni con nomi alterati, io non sono stato una spia». E fa ricorso per il mancato riconoscimento di un indennizzo e il no alla sua richiesta di riabilitazione

Conti economici dello Stato più piccolo del mondo da molti anni in profondo rosso. Un deficit previdenziale per il personale del Vaticano mai definito, ma stimato tra uno e due miliardi di euro. Sulla cui copertura le autorità ecclesiastiche non hanno fornito informazioni ai dipendenti che temono per la loro pensione. Buone notizie dallo Ior, la banca del Vaticano: ha i conti di un istituto risanato dopo gli scandali del passato e ha consegnato al Pontefice un cospicuo profitto. Ma dalle sue carte emerge anche che l’ordine dato da papa Francesco alle congregazioni di riportare sotto il controllo di questo Istituto tutte le partecipazioni finanziarie detenute all’estero non è stato fin qui rispettato. E il timore di procedure finanziarie non trasparenti, addirittura dei varchi lasciati aperti al riciclaggio di denaro, che si ripresenta periodicamente come un fenomeno carsico.
Dieci anni fa, con Benedetto XVI dimissionario dalla guida di una Chiesa nella tempesta degli scandali sessuali ma anche di quelli finanziari coi sospetti di riciclaggio e il Vaticano tagliato fuori dalle reti telematiche dopo le verifiche di Moneyval, l’autorità europea antiriciclaggio, e della stessa Banca d’Italia, senza più nemmeno un Bancomat funzionante, il nuovo papa, Francesco, affidò il tentativo di fare pulizia e riformare al cardinale australiano George Pell. Coadiuvato da Libero Milone, un esperto laico proveniente dalla Deloitte, nominato Revisore generale con ampi poteri d’indagine su tutti i movimenti finanziari degli organismi della Chiesa.

Oggi, dopo anni di conflitti, guerre sotterranee della Curia contro Pell (finì perfino in galera, per accuse infondate, poi riabilitato, è scomparso due anni fa) il licenziamento (formalmente dimissioni forzate) di Milone e del suo team, accusati di essere andati al di là dei loro poteri indagando sui comportamenti economici di alti prelati, e dopo altri eventi traumatici come il processo e una pesante condanna penale in primo grado del cardinale Becciu che era stato l’accusatore di Milone, ecco nuove scosse sismiche: mentre sta per iniziare il processo di Appello per Becciu, emergono nuovi documenti inquietanti mentre dall’estero giornali e siti come The Australian e The Pillar, uno dei più autorevoli organi d’informazione dei cattolici americani, parlano di smoking gun che erano state individuate da Pell nelle finanze vaticane e del rischio che possano arrivare nuove sanzioni (The Pillar arriva a parlare di una possibile reazione nucleare) se dovesse emergere una consolidata pratica amministrativa di modifica dei codici di alcune transazioni finanziarie internazionali appena effettuate, per impedire l’identificazione della provenienza dei fondi.



















































I pontefici sono pastori universali, vicari di Cristo sulla Terra, ma anche sovrani (con poteri assoluti) del Vaticano. Comprensibilmente la Chiesa fa di tutto per concentrare l’attenzione sulla funzione pastorale del papa che delega alla segreteria di Stato la gestione delle questioni temporali. In questi giorni Leone XIV è immerso nei bagni di folla del Giubileo dei giovani. Ma porta anche il fardello lasciato da papa Francesco che, dopo i primi affondi riformatori, ebbe atteggiamenti oscillanti che consentirono ad alcuni elementi della Curia di isolare e attaccare Pell. Poi un altro cambio di rotta e la condanna di Becciu e l’amarezza di Bergoglio che definì queste disavventure finanziarie il grande cruccio del suo papato. Costretto a dedicarsi al dissesto della Santa Sede anche nelle sue ultime settimane di vita: poco prima del ricovero al Policlinico Gemelli chiese di sostenere le donazioni creando un nuovo organismo. Poi commissariò il sistema pensionistico usando parole gravi: «Necessarie misure strutturali urgenti, non più rinviabili per la sostenibilità del Fondo» con «decisioni non facili e sacrifici per tutti».

Papa Prevost riparte da qui: sicuramente porta il pragmatismo e la modernità della chiesa americana, l’impegno alla trasparenza di Francesco, ma anche la conoscenza della Curia romana e la volontà di riformare senza grandi strappi. Le vicende di Pell (che 9 anni fa denunciò in una lettera qui pubblicata comportamenti sospetti dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio del Vaticano, e rapporti impropri con una banca svizzera, poi smembrata anche per i suoi comportamenti irregolari e le vicende di Milone, sembrano appartenere a un passato abbastanza lontano.

Ma Milone, che ha visto la sua richiesta di riabilitazione e indennizzo dal tribunale del Vaticano respinta in prima e seconda istanza non nel merito ma con l’argomento, per lui infondato, che avrebbe dovuto denunciare per i torti subiti non la Segreteria di Stato ma coloro che lo attaccarono e cioè il cardinale Becciu (allora Sostituto, cioè numero due della Segreteria di Stato) e l’allora capo della Gendarmeria, Giani, non si ferma. Ieri, in una conferenza stampa, ha annunciato l’ulteriore ricorso in Cassazione, ha raccontato di aver avuto, dopo aver lasciato il ruolo di Revisore, ben 18 incontri col cardinale Parolin (sempre in un convento, mai in Vaticano) alla ricerca di una composizione della controversia e ha detto di sperare di poter illustrare al nuovo pontefice il suo operato: “Non sono una spia, ho fatto solo il mio lavoro di revisione segnalando una trentina di casi di irregolarità trasmessi al Promotore di Giustizia per le necessarie indagini. Ma non è stato mai avviato alcun procedimento.

Milone non può rivelare quanto da lui scoperto, ma per i casi già noti ha fornito conferme. Lo ha fatto in passato per gli abusi di un cardinale e ieri ha confermato quanto sostenuto da The Pillar circa una procedura illecita che consisteva, una volta completata una transazione finanziare, nel modificare elettronicamente tanto i nomi dei protagonisti dell’operazione, quanto i relativi codici Iban e Swift.

Il Vaticano, con un passato di gestioni amministrative opache aveva, e forse ha ancora, bisogno di una profonda opera riformatrice. George Weigel, celebre teologo conservatore e biografo di Giovanni Paolo II, ha scritto che il cardinale Pell, chiamato da Francesco a riformare, aveva davanti a sé due strade: procedere lentamente cercando di non spaventare la Curia e di convincere i recalcitranti, o procedere speditamente con una cura radicale, sapendo di non avere molto tempo a disposizione. Ha scelto la seconda via aiutato da un Revisore che, incaricato di applicare le procedure contabili internazionali a Curia e congregazioni, è stato accolto come un corpo estraneo.

Per Leone XIV un difficile risanamento e una difficile ricucitura.  

31 luglio 2025