Paolo Conte disegna, suona, racconta. E ora, espone. Tra pochi giorni, le sue opere pittoriche saranno le grandi protagoniste della mostra “Paolo Conte. Original” — retrospettiva che raccoglie 143 lavori, alcuni dei quali mai presentati prima: un viaggio visivo che attraversa decenni e stati d’animo, in cui il progetto musicale e figurativo “Razmataz” emerge come sintesi perfetta tra suono e immagine, tra racconto e visione.



«La musica? Una fata carica di verginità»

La sua musa ispiratrice? La musica. «La musica è come una fata. Fa la regia di tutto. Interpreta i colori, nasconde dentro di sé la tecnica, impone se stessa. Intimamente la musica rimane sempre accovacciata dietro a tutto il resto, per poi ispirare», racconta in un’intervista rilasciata a La Stampa. «La musica per me è ancora quella cosa che dà una prima ispirazione ed è carica di verginità, sorprende persino l’autore». Se vogliamo, un appiglio «per sfuggire alla realtà».


Un’ancora quasi… necessaria: «Io non sono mai stato bravo con la realtà. Ho sempre sentito la difficoltà di raccontare l’attualità. Quello che mi accorgo di fare è ancorarmi al passato, o forse al futuro. Ma l’attualità non fa per me. Per quanto anche ora mi sforzi, cerco di seguire i media, ma non riesco a farmi un’idea chiara di cosa succeda veramente qui vicino e nel mondo. Ci sono troppe notizie, tutte affannose, ansiogene», frenetiche. Così come il calcio che, un tempo, lo divertiva ma che oggi lo lascia indifferente: «È tutto troppo veloce, esasperato, non lo riconosco più».





L’arte e l’intelligenza artificiale

Il concitante presente si muove al ritmo dell’intelligenza artificiale: «Mi incuriosisce molto il gran parlare che si fa dell’intelligenza artificiale, anche se non ho capito esattamente cos’è e se oltre alla minaccia che mi sembra essere, almeno per quanto riguarda l’arte, possa essere anche qualcos’altro». L’arte, per Conte, non può essere ridotta a mero prodotto di un cervello non-umano: va vissuta, attraversata in tutte le sue fasi. Anche quando sembra lontana, sfuggente, difficilmente raggiungibile. Perché, talvolta, la crisi creativa è parte integrante del percorso.

E Conte lo sa bene: «Mi è capitato un periodo nemmeno tanto breve in cui non riuscivo a scrivere testi che mi soddisfacessero da abbinare alla musica che avevo scritto. Proprio facevo fatica. Così, per stuzzicare la fantasia, sono andato a comprarmi un rimario, per vedere se almeno dal suono delle parole potevo trovare una ispirazione. A un certo punto ho trovato un verso che proprio mi piaceva, decido dentro di me di usarla, ma poi leggo: “da una canzone di Paolo Conte”».

Del resto, i suoi testi sono innumerevoli. Ma non tutti lo hanno soddisfatto. «Esistono una decina di testi che per fretta di composizione non mi hanno soddisfatto, ma non dirò mai quali sono. Il fatto è che io ho sempre scritto principalmente musica, per me quella era la cosa più importante. E a volte i testi sono arrivati, diciamo così, alla fine, un po’ di corsa».


Insomma, Paolo Conte è un artista ancora tutto da scoprire: un enigma aperto, mai del tutto svelato. E proprio così vuole essere ricordato. 




Ultimo aggiornamento: giovedì 30 ottobre 2025, 14:24





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