di
Irene Soave
La campagna elettorale «contro la negatività», una proposta per risolvere i problemi abitativi, la ricetta «socioliberale»: così il 38enne Rob Jetten potrebbe guidare il prossimo governo olandese (ed essere il primo premier gay dichiarato del Paese)
Con il 98% delle schede scrutinate, in Olanda è testa a testa tra Geert Wilders e Rob Jetten: i populisti di ultradestra di Wilders, con 26 seggi, e i liberali di sinistra del partito D66, con altrettanti seggi proiettati, si contendono il posto di primo partito. Cioè, quando le urne saranno chiuse, la prerogativa di guidare le trattative per la formazione del nuovo governo. In Olanda è un processo che dura normalmente molte settimane, spesso mesi.
Se l’incarico andasse a Wilders, che nelle elezioni del 2023 lo ha avuto e che ha poi staccato la spina alla sua maggioranza a giugno, l’impasse sarebbe più netta e rapida: tutti i partiti che potrebbero portargli i seggi necessari a raggiungere la maggioranza di 76 hanno già dichiarato di non volercisi più in nessun caso alleare.
Più lunghe le trattative se l’incarico andasse a Rob Jetten, leader del partito Democraten 66, fondato nel 1966 con una ricetta «socioliberale» cioè come alternativa progressista ai liberali di destra. Tra gli analisti c’è chi vede possibile una coalizione di larghe intese (a cui i Popolari, maggior forza del centrodestra, sono per ora contrari), chi una virata del Paese a sinistra, chi una virata a destra. Di certo c’è che, se non a Wilders, l’incarico di guidare le trattative e poi il governo toccherà a Rob Jetten.
Trentottenne, nato a Veghel, nel nord del Brabante, deputato dal 2017, ministro dell’Energia nel quarto governo Rutte e fervente europeista, è dal 2023 il leader dei Democraten 66. Nel 2024 ha reso pubblica la sua lunga relazione con l’hockeyista argentino Nicolàs Keenan: se sarà eletto Ministro presidente – cioè capo del governo – sarà il primo apertamente omosessuale della storia dell’Olanda. Oltre che il più giovane.
La campagna elettorale dei Democraten 66 ha puntato soprattutto su due aspetti: la forte crisi abitativa del Paese, e la necessità di una «narrazione positiva» dopo anni di tensioni. Il primo tema è molto sentito dagli olandesi, una popolazione di 18 milioni di persone a cui mancano, secondo gli studi, circa 400 mila abitazioni – il che rende carissime e difficilmente disponibili quelle esistenti, oltre a esacerbare la tensione relativa all’arrivo dei migranti, che arrivando «prendono posti» soprattutto nelle graduatorie per l’edilizia sociale. I D66 si sono distinti per aver preso il tema molto sul serio: la soluzione che propongono è di riconvertire per uso abitativo l’1 per cento del molto terreno a uso agricolo che esiste nei Paesi Bassi.
Ma molto peso, nel successo di Rob Jetten, l’ha avuto l’enfasi sul termine «positività» che ha usato per l’intera campagna. Il suo slogan, opposto alle tinte fosche e agli anatemi di Wilders, è stato un obamiano «Het kan wel», cioè più o meno «possiamo», yes we can. A urne appena chiuse, mercoledì sera, ha esultato: «Hanno vinto le forze positive!».
E ancora: «Milioni di olandesi hanno scelto forze positive, e una politica che guarda al futuro». Con «appena 26 seggi», ha dichiarato, «so che siamo un piccolo partito di fronte alla storia del Paese». Quindi si è detto pronto a «collaborare con molti partiti», per «formare un governo stabile e ambizioso composto da un ampio centro politico». Un appiglio, per chi volesse coglierlo – soprattutto a destra – per le larghe intese.
30 ottobre 2025
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