L’ictus ogni anno colpisce 15 milioni di persone a livello globale: 5 milioni perdono la vita e altri 5 rimangono permanentemente disabili, con un conseguente onere per la famiglia e la comunità. I sopravvissuti infatti possono subire perdita della vista o della parola, paralisi e confusione. Inoltre, le persone che hanno già avuto un ictus hanno un rischio di ulteriori di episodi significativamente aumentato.
L’incidenza di ictus è in calo in molti paesi ad alto reddito, soprattutto grazie a un migliore controllo dell’ipertensione e alla riduzione dei livelli di fumo. Tuttavia, il numero assoluto di ictus continua ad aumentare a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Tra i sintomi dell’ictus, gli esperti dell’Iss ricordano: “Intorpidimento del viso, del braccio o della gamba, soprattutto su un solo lato del corpo; confusione, difficoltà a parlare o a comprendere il discorso; difficoltà a vedere con uno o entrambi gli occhi; difficoltà a camminare, vertigini, perdita di equilibrio o coordi nazione; forte mal di testa senza causa nota; svenimento o perdita di coscienza“.
“Anche quando le persone colpite da ictus hanno accesso a trattamenti moderni e avanzati, il 60% muore o riporta disabilità. È quindi importante conoscere i segnali d’allarme e agire rapidamente, ma è ancora meglio prevenire – ricordano Luigi Palmieri e Chiara Donfrancesco, ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità – . La ricerca dimostra che diversi fattori aumentano la probabilità di avere un ictus. Alcuni fattori di rischio sono legati alle scelte che facciamo nel nostro stile di vita”.
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“L’ictus è una patologia tempo-correlata, vale a dire che più precoce è l’intervento più alta è la probabilità di un recupero completo. Quindi è fondamentale riconoscerne repentinamente i segnali – spiegano gli esperti Iss –. Se si vede qualcuno che mostra segni di ictus, chiamare immediatamente un medico o un’ambulanza comunicando il sospetto ictus. È opportuno farlo anche se i sintomi non sono molto gravi, perché un ictus può progredire”.
In Italia, le malattie del sistema circolatorio, che includono l’ictus – oltre alle malattie ischemiche del cuore, le malattie cerebrovascolari e le altre malattie cardiache – rappresentano la prima causa di morte con il 30,9% di tutti i decessi nel 2022 (ultimo dato di mortalità disponibile).
E i decessi per le malattie cerebrovascolari rappresentano il 24,6% del totale dei decessi dovuti alle malattie del sistema circolatorio. Nel nostro Paese, in linea con l’Europa ma diversamente dai Paesi a basso-medio reddito, negli ultimi tre decenni si assiste a un calo del numero dei casi e della mortalità per ictus.
Negli ultimi anni in Italia si continua a registrare una riduzione dei decessi per le malattie del sistema circolatorio: il tasso di mortalità standardizzato (Eurostat 2013) si è ridotto dell’10,9% nei 6 anni dal 2017 al 2022: dal 30,3 per 10.000 abitanti nel 2017 al 27,0 per 10.000 abitanti nel 2022. Nello stesso periodo il tasso di mortalità delle malattie cerebrovascolari si è ridotto del 14,8% (da 7,77 a 6,62 per 10.000 abitanti).
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La riduzione della mortalità per le cause cerebro e cardiovascolari, ha continuato a essere rilevata nonostante nel 2020 si sia registrato un aumento totale di circa 110mila decessi rispetto alla media degli anni 2018 e 2019, spiegato principalmente dalla mortalità per Covid-19. Se si osserva la tendenza dal 1980 fino al 2022, il tasso di mortalità delle malattie cerebrovascolari si è ridotto del 73,4% (75,1% negli uomini e 72,7% nelle donne).
“Questa riduzione della mortalità per le malattie del sistema circolatorio, incluso l’ictus – commentano i dati italiani Luigi Palmieri e Chiara Donfrancesco, ricercatori del Dipartimento malattie cardiovascolari, dismetaboliche e dell’invecchiamento dell’Istituto Superiore di Sanità – è stata favorita dal miglioramento dell’efficacia delle misure di prevenzione e terapeutiche. Parallelamente, il potenziamento degli interventi assistenziali e riabilitativi ha contribuito a ridurre la disabilità associata a queste patologie”.

