Shane Dave Tamura, ex running back con un brillante passato sportivo, ha compiuto una sparatoria negli uffici della Rudin Management, nel cuore di Manhattan, prima di togliersi la vita. Cresciuto in California, Tamura era noto per i suoi meriti atletici, ma con il tempo ha iniziato ad attribuire i suoi disturbi psichici a una sospetta encefalopatia traumatica cronica (CTE), probabilmente causata dagli impatti subiti in campo. Come altri ex giocatori finiti in tragedie simili, nutriva un forte rancore verso la NFL.
L’odio verso la lega e la discesa nel baratro
Tamura aveva lavorato come guardia giurata in un casinò di Las Vegas, ruolo che gli ha consentito di ottenere legalmente armi da fuoco. L’AR-15 usato nella sparatoria sarebbe stato assemblato a partire da componenti acquistati separatamente. Negli anni era stato coinvolto in episodi di instabilità mentale e possedeva precedenti lievi. Ha lasciato un biglietto in cui chiede di analizzare il proprio cervello, convinto di soffrire di CTE, la stessa patologia confermata in casi come Phillip Adams o Dave Duerson.
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Il nodo irrisolto della CTE nella NFL
Solo nel 2016 la NFL ha ammesso un collegamento tra football e encefalopatia traumatica, dopo una class action di ex giocatori. Da allora, ha investito milioni in sicurezza e tecnologie protettive. Nonostante ciò, nella scorsa stagione si sono registrati 182 casi di commozione cerebrale tra gli atleti. Shane Tamura, però, non aveva mai avuto accesso a cure o controlli preventivi nei suoi anni giovanili. Il caso riapre il dibattito su quanto lo sport, e la sua gestione, possano influenzare la salute mentale degli ex atleti.
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