E’ un tema che ciclicamente torna a far discutere il mondo del ciclismo: i chetoni. Sostanze naturali prodotte dal nostro organismo in condizioni particolari come digiuno prolungato, basso apporto di carboidrati o esercizio intenso. Ma parallelamente, disponibili anche come integratori esterni e lì esplode il caos. Sia chiaro: non hanno nulla a che fare con il doping (perché si è sentito anche questo). Sono metaboliti energetici che il corpo usa (e produce) quando il glucosio scarseggia.

Ma allora perché se ne parla così tanto? E perché il 20 ottobre scorso l’UCI ha suggerito prudenza nel loro utilizzo, pur senza inserirli nella lista delle sostanze vietate?

Per fare chiarezza ne abbiamo parlato con Luca Porfido, nutrizionista della VF Group-Bardiani CSF-Faizanè. «L’obiettivo dell’UCI – entra subito nel merito Porfido – è stato chiaro: evitare usi impropri e concentrare l’attenzione sulle basi della nutrizione», cioè carboidrati, idratazione e recupero. In un contesto in cui la scienza non ha ancora dato risposte definitive sugli effetti ergogenici dei chetoni e il mercato muove cifre importanti, serve equilibrio.

Luca Porfido è il nutrizionista del team della VF Group-Bardiani

Luca Porfido è il nutrizionista del team della VF Group-Bardiani

Dottor Porfido, dunque, che cosa sono i chetoni e come vengono usati nel ciclismo?

I chetoni sono composti che il corpo produce quando la disponibilità di carboidrati è bassa. Entrano come combustibile alternativo: quando le riserve di glicogeno si riducono, possono fornire energia. Nel ciclismo sono stati introdotti perché si pensava potessero aiutare nel recupero e nella disponibilità energetica. Alcuni li assumevano prima e dopo lo sforzo, qualcuno anche durante. L’idea è sostenere la prestazione quando gli zuccheri finiscono. In pratica però servono protocolli precisi e tanta personalizzazione.

Perché l’UCI ha consigliato cautela? Fanno male?

Non si parla di doping e infatti non sono vietati. L’UCI ha citato ragioni di salute e trasparenza. I chetoni sono acidi e un abuso potrebbe alterare l’equilibrio del corpo, anche se è raro avere situazioni estreme in atleti monitorati. Il punto è più legato alla confusione che si è creata: tra pubblicità, costi elevati e poche prove scientifiche, il rischio è concentrarsi su un “mito” invece che sulla nutrizione di base. E poi non c’è ancora un metodo di controllo oggettivo o un protocollo consolidato.

In molti comunque continuano ad assumerli dopo lo sforzo almeno nelle corse a tappe in vista del giorno successivo (foto Instagram)

In molti comunque continuano ad assumerli dopo lo sforzo almeno nelle corse a tappe in vista del giorno successivo (foto Instagram)

Prima hai detto che qualcuno li assumeva anche durante lo sforzo. Ma oggi si usano ancora in gara?

Oggi in gara no, praticamente non li vedi più, perché con tutti i carboidrati che si assumono sarebbe inutile. E’ anche una benzina meno nobile.

E che rischi ci sono nell’abuso di chetoni?

Si arriva a dosi l’abuso può creare squilibri: parliamo di acidi, e se esageri puoi alterare la fisiologia. Ma più che tossicità, il rischio reale che ripeto, non è pensabile in atleti tanto controllati. Il rischio semmai è distrarre l’atleta. Cioè mettere risorse economiche e mentali su qualcosa con benefici non dimostrati, trascurando alimentazione, idratazione e recupero. L’UCI vuole preservare proprio questo: la gestione corretta dell’atleta e evitare false aspettative.

Cos’è una dieta chetogenica e come si struttura per un atleta?

Una dieta chetogenica non è ricca di proteine, come molti pensano, ma di grassi. I carboidrati devono stare sotto i 50 grammi al giorno, a volte sotto i 30. Grossomodo parliamo del 70-80 per cento delle calorie dai grassi, il 15-20 per cento dalle proteine e solo 5-10 per cento dai carboidrati.

Una dieta chetogenica è sbilanciata a favore dei grassiUna dieta chetogenica è sbilanciata a favore dei grassi

Una dieta chetogenica è sbilanciata a favore dei grassiUna dieta chetogenica è sbilanciata a favore dei grassi

Un pasto tipo di chi esegue questa dieta?

Carne o pesce bianco, o una frittata semplice, con verdure poco zuccherine. Oppure ricotta, mozzarella, formaggi stagionati, avocado, frutta secca, olio extravergine. Fonti di grassi, anche MCT (trigliceridi a catena media, ndr): tipo olio di cocco, ma anche extravergine d’oliva. Ovviamente tutto calibrato sul soggetto e monitorato, non improvvisato.

Perché questo tema resta così sensibile se non c’è doping di mezzo?

Perché c’è tanta confusione e tanta comunicazione commerciale. L’UCI non li vieta, ma dice: la letteratura non mostra benefici importanti e costano molto. Meglio non far credere che siano la chiave della performance. E poi manca un vero modello sperimentale. Faccio un esempio: con la caffeina puoi fare placebo, coi chetoni no. Se ti faccio fare un test con la caffeina e te ne dò una che ne contiene un X grammi e una zero, ma ti dico che ti ho dato la stessa quantità puoi fare una valutazione. E poi non c’è standardizzazione di timing, dosi, contesti. Quindi l’alert dell’UCI non è contro la sostanza ma a favore della trasparenza, della scienza e del rispetto delle basi della preparazione.