di
Luca Bertelli
Il giornalista, esperto di geopolitico, ha raccontato come è nata la sua passione per la geografia: «Da bambino sfasciavo tutto, ma avevo grande memoria: così ripetevo a memoria le cartine». Ma la vera passione è per la sua Roma: «Tifare è la parte migliore: nelle radio locali parlo di calcio».
Giornalista, esperto di geopolitica, volto divenuto molto popolare negli ultimi anni anche per i suoi interventi televisivi nelle trasmissioni di Enrico Mentana su La7 (con quest’ultimo ha poi fondato una rivista chiamata “Domino”), Dario Fabbri sarà a Brescia l’11 novembre all’Auditorium della Camera di Commercio per partecipare a una serata dal titolo “Economia di guerra, economia di pace. L’Europa al tempo dei dazi”, organizzata da Rinascimento Culturale. Ospite in questi giorni del podcast “Bsmt”, condotto da Gianluca Gazzoli, ha raccontato anche alcuni retroscena personali sulla sua vita e sulla carriera, che ha conosciuto una svolta nel 2022. Ma la sua passione per la geopolitica ha radici molto più lontane.
«Da ragazzino avevo memoria, imparai le cartine geografiche»
«Sfasciavo tutto da ragazzino, non sapevo fare niente, mia nonna mi diceva: “Stai fermo” e per evitare di fare danni ho così imparato a sfruttare la mia memoria. Io mi ricordavo di cose dette due anni prima da persone anche transitorie nella vita della nostra famiglia. Avevo 7-8 anni, mio padre mi disse: “Tu così spaventi le persone, impara a fare finta di non ricordare”. Allora imparai a memorizzare le cartine geografiche e a ripeterle – ricorda Fabbri – Mi iscrissi a Scienze Politiche e lo soffrii molto, lasciai la facoltà e cominciai ad andare negli Stati Uniti: lì mi sono appassionato alla geopolitica, che io non conoscevo, anche grazie a George Friedman. Questa passione divenne scrittura: iniziai con Limes, con cui ho collaborato per nove anni dai 32 ai 41 anni. Non è facile fare il giornalista in questo settore, agli inizi muori di fame…».
La guerra in Ucraina e la svolta con Mentana: «Non mi conosceva, dopo la prima puntata mi chiese: “Lei domani ha da fare?”»
La svolta, appunto, quasi casuale, nel 2022 al termine della sua esperienza con Limes: «A gennaio ero disoccupato. Poco dopo mi sono trovato, nel pieno della guerra in Ucraina, a fare lo speciale sulla guerra con Mentana. Non lo conoscevo: lui cercava un esperto da portare in studio, qualcuno gli suggerì il mio nome (era già stato ospite di alcuni programmi di La7) e andai la prima volta. Ci davamo del lei, dopo la prima puntata mi chiese: “Ma lei domani ha da fare?” e così siamo rimasti 100 giorni in diretta a raccontare la guerra. Ci siamo trovati umanamente e mi propose di fare una rivista geopolitica tipicamente nostra, abbiamo inventato così “Domino” che esce ogni mese e dirigo: fortunatamente va molto bene e non me lo aspettavo. Enrico Mentana non mi ha mai detto cosa scrivere, ma anche nella mia precedente vita professionale a Limes non mi era mai capitato di avere dei diktat dall’editore. Enrico è sobrio, anche se non lo sembra: mi ha dato molti consigli, li dà a modo suo e per questo va apprezzato».
«La geopolitica ora non è più una cosa fine a sé stessa, da usare a cena con l’amante: siamo usciti dal cono d’ombra»
Poi, una riflessione sulla geopolitica, che Fabbri definisce come studio dell’aggregazione tra collettività: «Per molto tempo la geopolitica sembrava confinata in una forma di vertigine barocca, un po’ fine a sé stessa, da usare a cena con l’amante se vogliamo, ma non era vista come qualcosa di concreto. Adesso siamo usciti dal cono d’ombra, l’irrilevanza è finita. Tendo però a evitare gli eventi mondani, non sono nella mia natura. Invece nel tempo libero alimento la mia seconda grande passione, che è la Roma. Tifare è la parte migliore della vita: intervengo anche nelle radio romane a parlare di calcio e mi diverto molto. Nei talk show, per le mie caratteristiche, sono meno incisivo e meno utile: mi trovo meglio in un programma come Nos, con Alberto Angela che è diventato un amico, nel quale ho 7 minuti di tempo per fare divulgazione».
Il giudizio su Trump: «Vuole il Nobel per la pace perché così pensa di avvicinarsi al paradiso. Agli italiani piace perché ci maltratta»
Non sono mancati, nel corso della chiacchierata con Gazzoli, alcuni spunti su tanti temi delicati del presente. Al centro, soprattutto, il ruolo degli Stati Uniti e di Donald Trump: «Stiamo rischiando la terza guerra mondiale? Non possiamo escluderla, è il momento in cui ci siamo più vicini nella storia. Gli Usa vogliono sedurre la Russia, questo è l’obiettivo: oggi cinesi e russi stanno insieme ma si odiano. Tutto ciò cui assistiamo sono gli Stati Uniti che pensano di prepararsi a uno scontro finale con la Cina: i dazi sull’Europa (e dovrà decidere la Corte Suprema perché non è nei suoi poteri) servono a questo, così come il rapporto con la Russia per farla staccare dalla Cina. I dazi servono a fare cassa, senza avere il potere per farli. Lo facevano anche i romani, con i tributi, in preparazione di una guerra, per armarsi». E ancora sul presidente americano: «Trump è convinto di avere chiuso 8-9 guerre ma non è vero niente, è convinto anche che vincendo il premio Nobel per la pace farebbe dei passi in avanti per entrare in paradiso. A noi italiani piace perché spesso amiamo chi ci maltratta, come lui. Lo considero comunque un uomo molto intelligente, il quale sta cavalcando un sentimento anti ispanico perché sa che esiste: gli americani si sentono minacciati dai messicani. Nel 2023, il 29% degli americani è stato diagnosticato come depresso patologico. Sono un paese diviso, ma la depressione è trasversale e loro sono più ruvidi: sono il faro dell’umanità ma hanno scoperto che l’umanità non li vuole. Per gli americani la guerra è tutti i giorni, per noi no. Questa depressione ha generato due Americhe che si preparano allo scontro con la Cina».
L’Italia: «Siamo troppo vecchi, per noi il mare è solo balneazione»
Infine, una considerazione inedita sull’Italia e sul suo potenziale geopolitico non sfruttato: «L’irrilevanza dell’Italia è un’espressione della popolazione: noi siamo i più anziani del mondo. Inoltre, per noi il mare serve alla balneazione è una stagionalità. Ma il mare serve per veicolare sé stessi, per entrare nei traffici e nella potenza del pianeta: se l’Italia riscoprisse il rapporto con il mare farebbe un salto di qualità nella sua presenza nel pianeta».
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31 ottobre 2025 ( modifica il 31 ottobre 2025 | 14:02)
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