di
Leonard Berberi

A ottobre quasi la metà degli A320neo con i motori Pratt&Whitney è ferma per le ispezioni. Scatta la corsa a trovare altri motori ed è boom di acquisto dei velivoli vecchi ma più affidabili

Quattro Airbus A320neo, con motori quasi nuovi di zecca, non esistono più. Nelle settimane passate sono stati smantellati nel piccolo aeroporto francese di Tarbes, ai piedi dei Pirenei. Da ciascuno sono state recuperate 1.400 parti piazzate subito nel mercato dei ricambi. Dove, assicurano gli addetti ai lavori, porteranno nelle casse delle società specializzate più denaro di quanto avrebbero fatto rivendendo i jet integralmente. Un quinto velivolo sempre «giovane» sarà fatto a pezzi nelle Filippine. Mentre un Airbus A220 è stato messo da parte, smontato e i componenti venduti ai migliori offerenti a giugno.

Jet «cannibalizzati»

La peggior crisi dell’aviazione sta tutta qui. Nella distruzione di velivoli di ultima generazione, destinati a volare per altri 20-25 anni, e invece già «cannibalizzati» per far decollare altri aerei moderni a terra da settimane — e mesi — per una penuria senza precedenti in particolare di motori che consumano sì poco, ma che si stanno rivelando fragili a tal punto da richiedere manutenzioni straordinarie, lunghe fino a un anno. Un po’ di respiro lo si avrà, secondo i maggiori esperti, tra un decennio. «È come prendere una Tesla, portarla in officina, smantellarla e usare il motore sull’altra Tesla quasi nuova», racconta al Corriere il ceo di un vettore europeo.



















































I PW1100G

I quattro A320neo smantellati — consegnati nel 2017 alla low cost indiana Go First (poi fallita) e fermi da luglio 2023 — erano stati ricomprati lo scorso gennaio dalla società specializzata nei pezzi di ricambio AerFin assieme a un non meglio identificato «investitore mediorientale». L’A220, invece, aveva cinque anni ed è stato usato per un po’ da EgyptAir fino a quando è stato possibile. Erano tutti dotati di motori modello PW1000G (nelle varianti PW1100G, 1500G, 1900G).

L’allarme nel 2023

Nel 2023 Pratt&Whitney, il costruttore dei motori, ha comunicato che su queste tre varianti — che promettono di ridurre il consumo di cherosene del 15-20% rispetto ai propulsori della precedente generazione — era stato individuato un raro difetto nella polvere metallica utilizzata nella produzione tra la fine del 2015 e il terzo trimestre del 2021. Difetto che potrebbe causare crepe nei componenti. A quel punto è stato deciso di ispezionare 600-700 motori — montati sugli A220, A320neo/A321neo, gli Embraer E2 — «entro il 2026». E con tempi di lavorazione lunghissimi, saliti mano a mano a 300 giorni.

Due modelli

I velivoli coinvolti, a corridoio singolo, sono tra i più utilizzati ogni giorno. La «famiglia» degli A320 (che include gli A318, A319, A320, A321) è quella più presente nelle flotte. E l’A320, segnala la società di consulenza Oliver Wyman, è «l’unico modello a fusoliera stretta attualmente in produzione che offre una scelta di motorizzazione» tra il modello PW1000G e Leap-1A/1B, realizzati dal consorzio franco-americano GE Aviation-Safran.

L’impatto sui velivoli

Secondo i dati forniti al Corriere dalla piattaforma specializzata Cirium su oltre 20 mila velivoli a corridoio singolo uno su dieci è a terra. E se una quota di macchine ferme è fisiologica (attorno al 3-5%) per manutenzione programmata e riparazioni, sono in particolare gli aerei alimentati dai PW1100G/1500G/1900G ad avere i problemi maggiori: a ottobre oltre il 30% di questi velivoli è a terra. Un record. Che tocca livelli quasi surreali sugli A320neo: quasi la metà (circa il 47%) è fermo da più di un mese.

I vettori coinvolti

Non c’è compagnia che non stia subendo le conseguenze. Dalla low cost indiana IndiGo a quella europea Wizz Air, dal vettore di bandiera Ita Airways — come ha raccontato in un’intervista il ceo Joerg Eberhart — alla statunitense Spirit, finita per la seconda volta in pochi mesi in amministrazione controllata anche per i troppi aerei fermi. La lettone AirBaltic (che ha una flotta di soli A220) ne ha prestati alcuni a Swiss, ma spesso si ritrova a dover gestire fermi macchina. EgyptAir si è disfatta degli A220, Air Austral ha interrotto le operazioni con lo stesso velivolo. E la stessa Swiss ha deciso di fermare per un anno e mezzo i suoi nove A220-100 i cui motori potranno essere utilizzati per il più grande A220-300.

Il mercato dei ricambi

La situazione è talmente grave che in alcuni casi i motori arrivano ad essere venduti come singoli pezzi di ricambio anche a 20 milioni di dollari ciascuno, cioè più dello stesso aereo. Schizzano anche i noleggi dei soli propulsori, toccando i 200 mila dollari al mese (a pezzo), più del canone di leasing dell’intero jet. Chi, come easyJet, ha scelto di installare sugli A320/A321neo altri motori, i Leap-1A e 1B, realizzati dal consorzio franco-americano GE Aviation-Safran, non ha avuto criticità: al momento è a terra circa il 4% dei velivoli su scala globale.

Flotte più vecchie

«Mi sembra evidente che qualcosa non va», commenta Willie Walsh, direttore generale della Iata, la principale associazione internazionale delle aviolinee. Nei giorni scorsi l’organizzazione ha stimato in 11 miliardi di dollari i costi dovuti alle interruzioni della catena di fornitura per quest’anno: 2,6 miliardi attribuiti ai problemi con i motori. Che non è soltanto una questione tecnica. Meno aerei del previsto costringono a ridurre le operazioni e a non soddisfare la domanda di viaggio. E anche a tenere più a lungo i velivoli di vecchia generazione che inquinano di più.

«Nuova tecnologia che dura meno»

«I nuovi motori sono veri e propri capolavori ingegneristici. Volano più lontano, consumano meno carburante, possono trasportare di più. Ma sono fragili», ha commentato durante un’intervista alla tv statunitense Cnbc Aengus Kelly, ceo di AerCap, principale società di leasing degli aerei. «Non durano quanto i modelli precedenti e questo significa che devono essere riparati più spesso e restano più a lungo in hangar. E poiché i motori vengono smontati più spesso e prima del previsto, si consuma più rapidamente la disponibilità di pezzi in magazzino».

Motori fragili e aerei nuovi già smantellati, viaggio nella più grande (e lunga) crisi dell’aviazione

Un mercato stravolto

«Non c’è alcun problema di sicurezza», ha rassicurato Kelly. «Ma la catena di approvvigionamento già sotto pressione ora lo è di più. E questa situazione non cambierà per almeno i prossimi dieci anni». Tant’è vero che, rivela, «non abbiamo mai visto una situazione come questa: metà degli aerei usati che vendiamo li comprano le aviolinee, quando storicamente era il 15-20% perché normalmente li comprano aziende che i jet li smontano». I vettori si sono messi ad acquistare versioni meno moderne «perché sanno che quelli con la tecnologia attuale arriveranno in ritardo o non resteranno in servizio quanto previsto. Quindi, per soddisfare la domanda, devono usare esemplari più vecchi».

Magazzini svuotati

«Oggi, aerei a metà vita operativa e persino modelli più giovani vengono ritirati e smantellati — non perché abbiano deluso le aspettative, ma perché possono generare più valore altrove», commenta Simon Goodson, ceo di AerFin, parlando dello smantellamento degli A320neo sui suoi profili social. «Velivoli come l’A320neo non sono stati pensati per arrivare alla fase di smantellamento così presto nel loro ciclo di vita», prosegue. E i pezzi ottenuti «non restano in magazzino: rientrano immediatamente nel mercato». Tanto è forte (a volte disperata) la richiesta.

Sui Boeing 787

Il problema dei motori, a sentire i capi delle compagnie aeree, riguarda pure i jet utilizzati sui collegamenti intercontinentali, come i Boeing 787. In misura minore, ma per una diversa pianificazione degli interventi che non prevede il fermo quasi immediato. «Quelli motorizzati Rolls-Royce vedono delle componenti modificate e approvate dai regolatori, come l’introduzione sul motore esistente di nuove palette e un nuovo sistema di software», dice al Corriere Carlo Stradiotti, ceo di Neos, vettore italiano che usa i questi Boeing per i voli di lungo raggio.

Le tempistiche

«L’aggiornamento richiederà 18-24 mesi per il completamento, man mano che i motori in essere vanno in revisione», calcola. Stradiotti conferma la «scarsità di motori sul mercato che sta condizionando l’utilizzazione delle macchine che volano sotto i livelli per cui sono state effettivamente disegnate». «In prospettiva per il 2026 il rischio è che il 20% dell’offerta complessiva di posti sui Boeing 787 non sia disponibile o per i fermi programmati, anche lunghi, o per indisponibilità più brevi», prosegue.

Le prestazioni non previste

Ma come è possibile che questi motori nuovi si stiano rivelando così fragili? «Quelli dei 787 devono tenere al loro interno quanta più temperatura possibile, non dissiparla all’esterno per una questione di efficienza termica», semplifica il ceo di Neos. «Ma così sottopongono alcune parti a degli stress che si rivelano essere superiori a quelli previsti in sede di disegno». Il manager poi attacca: «Questo progresso tecnologico gli operatori non l’hanno mica visto. Gli aerei consumano di meno, è vero, ma se considerano sia il costo di capitale sia quelli di manutenzione ed ecco che i nuovi jet risultano più dispendiosi di quelli della generazione precedente».

Problemi per un decennio

«A scuola ci hanno insegnato che col salto tecnologico era tutto più bello, in questo caso non sembra essere vero», si sfoga Stradiotti. «Molti nel settore si stanno facendo questa domanda: ne è valsa la pena?», si chiede Kelly, ceo di AerCap, riferendosi agli investimenti sui nuovi motori. «Questi aerei sono più costosi. Sì, sono più efficienti. Ma poi ci sono i costi di manutenzione, i tempi di inattività, la complessità delle operazioni. Io credo che, nel lungo periodo, la chiave sarà la capacità di migliorare la durata dei motori».

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1 novembre 2025 ( modifica il 1 novembre 2025 | 08:53)