Ha preso casa a Trastevere perché, spiega, le piace «l’anima di quel quartiere, culla della romanità autentica e verace, che in questi anni si è un po’ persa». Dice che di quella romanità lì vorrebbe «recuperare anche la dimensione musicale», lei che racconta di ispirarsi «a livello di spirito» alla grande Gabriella Ferri. Intanto, mentre ogni venerdì dalle 15.05 alle 16 racconta la musica italiana su Rai Radio 1 in Non solo parole (insieme al giornalista Patrizio Ruviglioni), Noemi si prepara a uno degli appuntamenti più importanti della sua carriera, il concerto che il 20 dicembre la vedrà esibirsi per la prima volta al Palazzo dello Sport. Sul palco dell’arena dell’Eur Veronica Scopelliti, questo il vero nome della 43enne cantante romana (quello d’arte era il nome che avrebbe voluto darle la madre), raccoglierà i frutti di quanto seminato da quando a febbraio si è ripresentata in gara al Festival di Sanremo con quella Se t’innamori muori arrivata al Disco d’oro per l’equivalente di 100 mila copie vendute.
Come sta vivendo l’attesa?
«Con serenità. Arrivo all’appuntamento dopo tanti anni di onorata gavetta. Peraltro sono cresciuta all’Eur e al palasport ci ho visto i più grandi. Come Whitney Houston. Tante volte sono passata lì davanti e mi sono detta: “Ce la farò, un giorno, a suonare qui?”. Per l’occasione ho preparato una festa, con la quale chiuderò il tour nei teatri al via il 13 novembre da Crema, invitando amici e colleghi».
Chi ci sarà?
«Gigi D’Alessio, Francesco Gabbani, Fabrizio Moro, Tiromancino, Carl Brave. Il primo invitato è stato Gaetano Curreri: insieme canteremo quella Vuoto a perdere che scrisse insieme a Vasco Rossi per me nel 2011».
E Morgan, che fu suo mentore a X Factor e recentemente ha detto che lei e Marco Mengoni non sareste esistiti se non fosse stato per lui?
«Su di me ha ragione. A X Factor mi fece capire che potevo cantare anche in italiano, io che fino ad allora nei locali mi esibivo con una cover band di Janis Joplin. Peccato che oggi non ci siano più rapporti».
Si sta ancora mangiando le mani per aver scartato nel 2011 quella “L’essenziale” con la quale Mengoni poi due anni dopo trionfò a Sanremo?
«No. E sa perché? Quello fu l’anno di Vuoto a perdere, che non cambierei mai con L’essenziale, anche se era una canzone meravigliosa: il fatto è che sono dell’idea che le canzoni siano nel destino di chi le canta. Penso ad Almeno tu nell’universo, rimasta per diciassette anni in un cassetto prima di arrivare a Mia Martini».
Quando dice che della romanità vorrebbe recuperare anche la dimensione musicale, cosa intende?
«Mi piacerebbe fare un disco di stornelli, rivisitati in chiave moderna. Penso all’esperimento fatto da Luca Barbarossa qualche anno fa a Sanremo con Passame er sale».
Gliene ha parlato?
«No. Ma dovrei. Sarebbe un progetto discografico ambizioso e di difficile collocazione, ma non si fa musica solo per vendere dischi. Oggi ho più consapevolezze che in passato. Nel 2018 sono andata in crisi. La musica stava cambiando e mi sono detta: “E adesso?”. Ho colto un’opportunità nell’avvento del rap: mi ha permesso di portare nelle interpretazioni quelle sfumature soul che nel pop non riuscivo a mettere. Mi sento ringiovanita».
È quel periodo dell’anno: Sanremo sì o Sanremo no?
«Facciamolo fare anche agli altri (ride)».
Da conduttrice, dopo l’esperienza al Concerto del Primo Maggio e il programma in radio?
«Sarebbe divertentissimo. Ma penso che Carlo (Conti, ndr) abbia già scelto: siamo a novembre».
Con Se t’innamori muori quest’anno è arrivata solo tredicesima, su ventinove partecipanti: meritava di più?
«Mio nonno diceva che i cavalli si vedono alla fine della corsa».
Una romanista che cita l’ex allenatore juventino, oggi al Milan, Max Allegri?
«Ahahah. Sapevo che la canzone era un diesel: mi sono presa delle rivincite dopo».
A proposito: questa Roma a tutto Gasp come le sembra?
«Mi piace. Gasperini è un altro diesel: parte piano, ma poi fa il botto. Mi fido di Claudio Ranieri. E poi ora non ci possiamo proprio lamentare».
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