A Napoli, nelle officine e nelle camere bianche di Gianturco della Ali (Aerospace Laboratory for Innovative components), si sta costruendo una parte del prossimo capitolo della ricerca spaziale italiana. L’Agenzia Spaziale Italiana ha affidato alla società del gruppo campano Space Factory, la realizzazione dei MiniLab 3.0 che voleranno a bordo del microsatellite IREOS-0 nel 2027. Una missione che segna l’avvio del programma IRENESAT-ORBITAL, dedicato alla sperimentazione in orbita nel campo delle scienze della vita e delle applicazioni biopharma. Ed è un’operazione che nasce e si sviluppa a Napoli, coinvolgendo università, ricercatori, ingegneri, tecnici.

APPROFONDIMENTI

I minilaboratori

Il cuore del progetto sono i MiniLab 3.0, piccoli laboratori “intelligenti” automatizzati, capaci di condurre e gestire una mole elevata di esperimenti in microgravità. La loro particolarità non è solo la miniaturizzazione (misurano 10×20 centimetri), ma la possibilità per gli scienziati a Terra di controllare in tempo reale ciò che avviene a bordo tramite un tablet. Un gesto ordinario nella vita quotidiana, che in questo caso permette di intervenire su reazioni biologiche e processi cellulari a centinaia di chilometri dalla superficie terrestre.

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All’interno dei MiniLab saranno condotti gli esperimenti Gaia e AstroGut. Gaia, ideato dal team della Sapienza di Roma, studierà la crescita del grano utilizzando sia suolo terrestre sia materiale lunare simulato. L’obiettivo è verificare se una coltivazione stabile sia possibile in un contesto privo di gravità e con risorse limitate, come potrebbe accadere nelle future basi lunari. AstroGut, sviluppato dall’Università Federico II di Napoli, analizzerà invece il comportamento del microbiota intestinale umano in orbita, per capire come la microgravità possa influire sull’equilibrio del corpo. Entrambi gli esperimenti cercano risposte a domande che riguardano non solo l’esplorazione spaziale, ma la salute e la nutrizione sulla Terra. «Monitoriamo gli esperimenti, vediamo anche come possono essere corretti: ogni minilaboratorio permette di effettuare più di 126 esperimenti ovvero un solo esperimento con 126 variazioni» spiega Norberto Salza, founder di Space Factory. «All’interno dei minilaboratori ci sono degli iniettori che portano i fluidi alle celle abbiamo già effettuato una importante sperimentazione sia sull’osteoporosi sia sulla fecondazione negli anni precedenti» sottolinea Francesco Punzo, responsabile dei programmi del gruppo Space Factory.

Lo scudo termico

Il rientro del microsatellite rappresenta un altro punto decisivo. Grazie allo scudo termico flessibile IRENE, sviluppato da Ali con Cira e Federico II, IREOS-0 potrà tornare integro sulla Terra. La struttura, dispiegabile e leggera, protegge il satellite dalle alte temperature del rientro orbitale. Una tecnologia che mira a ridurre i costi delle missioni e il fenomeno dei detriti spaziali, consentendo il recupero e il riutilizzo dei moduli. È un esempio concreto di come la ricerca campana sia intervenuta non su un dettaglio, ma su una delle sfide principali dell’industria spaziale contemporanea: rendere sostenibili le missioni ripetute. Questa traiettoria non nasce all’improvviso. Negli ultimi anni, la Regione Campania ha sostenuto lo sviluppo di tecnologie aerospaziali attraverso fondi europei, individuando il settore come uno dei pilastri della propria strategia industriale. «Essere al fianco di realtà come il Gruppo Space Factory significa credere in un Sud che sperimenta, osa e costruisce futuro» ha osservato Valeria Fascione, assessore a Ricerca, Innovazione e Startup, richiamando il ruolo della collaborazione tra imprese e università nel consolidare un ecosistema produttivo stabile. Una visione condivisa dal Distretto Aerospaziale della Campania, che riunisce aziende, atenei e centri di ricerca. «Questo risultato è il frutto della capacità di creare sinergie virtuose tra imprese, università e ricerca» ha spiegato il presidente Luigi Carrino, sottolineando come la Campania sia diventata un punto di riferimento europeo nell’aerospazio.

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La missione IREOS-0/Amalia, dedicata ad Amalia Ercoli Finzi, prima ingegnera aerospaziale italiana, non è una conclusione, ma un inizio. Le missioni successive, previste nel 2028 e 2029, potranno ospitare fino a tre MiniLab contemporaneamente, ampliando la possibilità di condurre studi complessi e integrati. Una progressione che porta il settore campano non solo dentro la filiera spaziale globale, ma in posizioni di leadership tecnologica. «Il contratto appena firmato conferma il forte interesse dell’Asi nelle nuove opportunità offerte alla sperimentazione in orbita di applicazioni biopharma e scienze della vita. Prevediamo che questo settore diventerà sempre più strategico nei prossimi anni anche grazie all’ingresso dei privati nelle attività in orbita terrestre e quelle legate all’esplorazione della Luna e di Marte» interviene Mario Cosmo, direttore Scienza e Innovazione dell’Agenzia Spaziale Italiana. «La sperimentazione in assenza di gravità e nel settore biopharma nello spazio, fino a pochi anni fa un’attività di frontiera, oggi è uno dei settori più promettenti nello sviluppo della economia dell’orbita bassa» aggiunge Massimo Comparini, managing director Leonardo Space Division e presidente CdA Thales Alenia Space.

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