Una vita che è cambiata da un momento all’altro, ma in realtà non più di tanto. Perché Giuseppe Ignazio Loi, pastore in Sardegna per 70 anni (oggi ne ha 84) non si è montato la testa, nonostante la gente lo fermi per strada dopo averlo visto in «La vita va così», il film di Riccardo Milani in cima ai botteghini che dopo una settimana ha incassato 2 milioni e 300 mila euro. Un cast stellare, insieme a Diego Abatantuono, Virginia Raffaele, Aldo Baglio e Geppi Cucciari, ma il vero volto della pellicola è lui.


In un’intervista al Corriere della Sera, Loi si racconta, passando dagli anni in cui era un «pastore servo» fino alla prima volta in cui ha visto Roma, per l’anteprima del film, al Festival del Cinema: «C’erano così tante persone per strada che mi sembravano delle formiche. Come si fa a vivere lì?». Ma nonostante il successo, è «uno dai piedi per terra», dice.





La vita fra i pascoli

«La vita va così» è un film su una vicenda giudiziaria lunga 25 anni, tratto da una storia vera, e che vede protagonisti un pastore che si rifiuta di vendere i suoi terreni a un grande immobiliarista milanese. Rifiuta, per la precisione, 12 milioni di euro, in cambio del terreno e della sua casa che sarebbero diventati un resort a cinque stelle. Da lì, il processo. 


Lui, Giuseppe, ha vissuto nei campi per tutta la vita. Ha lasciato la scuola in seconda elementare («ero un vagabondo») per aiutare suo padre, un ortolano. Poi, ha fatto il pastore servo (ovvero, dipendente di un altro pastore) per un padrone che «era più povero di me». Per 15 anni ha dormito all’aperto, sotto le stelle, insieme alle pecore, con il bel tempo e con la pioggia. Si svegliava alle 4 del mattino, poi i pasti che gli portava il padrone (acqua, vino con la zucca, zuppa, pasta e carne) e ogni 15 giorni aveva un giorno libero. E specifica di non aver mai contato le pecore per addormentarsi: «Io ci convivevo, che bisogno ne avevo?». La paga? Cinque pecore all’anno.

Quando è arrivato a 75, si è messo in proprio. 

«Milani? Un uomo buono»

A Terralba, dove vive, in provincia di Oristano, sono in pochi, 5 o 6 case. Riccardo Milani, dice, non lo conosceva. Si sono incontrati tramite un amico del cugino Dino, di Cagliari, a sua volta amico di Milani. Un incontro fortunato. Adesso, dice, grazie ai soldi dell’incasso, può riposarsi: ha venduto le pecore e ha ristrutturato la sua casetta, ampliandola e aggiungendo il bagno. Ha in programma di mettere l’elettricità, magari di comprare un tv.


Anche se, dice, «quelli che davano i soldi», i produttori, «potevano essere più generosi». Ci tiene a specificare, però, che Milani lo ha aiutato: «Lui è un uomo buono». A Roma, il red carpet, lunghissimo lo ha divertito: diceva, per prendersi in giro, «ecco, è arrivato il Papa».


Al cinema c’era già stato, anche se non ricorda l’ultimo film visto, racconta: gli vengono in mente quelli di Totò. Ma  girarne un altro non gli dispiacerebbe: «Se sono in grado vado di nuovo. Non mi sento i miei 84 anni». Per recitare nel film di Milani, racconta, c’era una collaborazione tra lui, un suo amico e Virginia Raffaele, che nel film è sua figlia. L’amico gli passava le battute in italiano, Loi le traduceva in dialetto sardo, poi Raffaele interpretava il tutto.


Poi conclude, raccontando cosa avrebbe fatto se la vicenda al centro di «La vita va così» fosse capitata a lui. Probabilmente, dice, avrebbe rifiutato anche lui: troppo grande l’amore per la terra e la sua Sardegna, non ha né moglie né figli, poi, gli bastano il lavoro il bestiame. Perché, del resto, «i soldi mica fanno la felicità».




Ultimo aggiornamento: sabato 1 novembre 2025, 16:29





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