Roma, 1 novembre 2025 – Con lo schieramento nel Mar dei Caraibi di fronte alle acque territoriali venezuelane della portaerei a propulsione nucleare Uss Gerald R. Ford, scortata da altre tre unità da guerra partite dalla base navale di Norfolk in Virginia, gli Stati Uniti potrebbero pensare a breve, nonostante le parole di Trump, a un attacco a quelle che vengono considerate le basi dalle quali partirebbe la droga verso l’America.
Tali raffinerie, soprattutto di fentanyl, sarebbero secondo il presidente occultate da caserme, porti e aeroporti militari e l’esercito di Caracas sarebbe in realtà un covo di narcotrafficanti al servizio del Cartelo de los Soles ai cui vertici ci sarebbe addirittura il presidente del Venezuela, Nicolas Maduro, su cui Trump ha messo uan taglia di 50 milioni di dollari.
Il precedente della Baia dei Porci
Con l’arrivo della Ford il dispiegamento di forze americano è inferiore solo a quello della Baia dei Porci, quando fra il 17 e il 19 aprile 1961 la Cia organizzò la poi fallita invasione di Cuba con il desiderio di rovesciare il regime comunista di Fidel Castro, guarda caso il “lider maximo” che nel 2004 ha poi costituito con Hugo Chaves la Alleanza Bolivariana per le Americhe (Alba) proprio in funzione anti Washington.
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Nel 1961 alla Casa Bianca si era da poco insediato il democratico John Fitzgerald Kennedy anche se l’operazione era stata pianificata sotto il predecessore repubblicano, Dwight D. Eisenhower, come repubblicano è Trump.

Manifestazione pro-Maduro a Caracas, la gente protesta contro il dispiegamento di forze da parte degli Usa (Ansa)
Lo schieramento militare Usa
Con gli oltre quattromila soldati della Ford, sono dispiegati su questa e sulle altre navi appoggio o nelle basi a Portorico e Trinidad e Tibago, aerei da ricognizione, i bombardieri B52 e i caccia F35 dotati di un armamento letale. Inoltre sulla Uss Iwo Jima, già da giorni al limite delle acque territoriali venezuelane, si stanno esercitando gli incursori pronti allo sbarco e in grado di difendersi nel combattimento corpo a corpo da armi di qualsiasi genere.
I veri obiettivi di Trump
Un’armata pronta ad attaccare appena Trump lo vorrà. O lo considererà opportuno. Sia per bloccare il traffico di stupefacenti (il bilancio dei morti nei barchini affondati è salito a 61), ma anche per i due obiettivi più importanti che il tycoon si prefigge nell’area: ribaltare il regime filo russo, cinese e iraniano di Nicolas Maduro e diventare padrone di ricchi giacimenti di petrolio che il Venezuela possiede.

Donald Trump a West Palm Beach, in Florida, il 31 ottobre 2025 (Ansa)
Il grido di Maduro e la cautela di Russia e Cina
Dal canto suo Maduro prende sul serio le parole di Trump poi negate a metà anche se ostenta sicurezza. Ieri mattina ha per la prima volta parlato in pubblico nel palazzo presidenziale di Miraflores. “Qualunque sia la minaccia – ha detto – dobbiamo sempre avere nervi saldi, mantenere la calma, la compostezza e agire con la massima unità”. Il caudillo si è rivolto a Putin con una lettera nella quale chiede assistenza militare: dal Cremlino è arrivata una laconica risposta: “Se gli Usa attaccheranno interverremo”, ma osservatori internazionali affermano che né Mosca né Pechino avrebbero alcuna intenzione di impegnarsi in uno scacchiere bel lontano dai loro territori e che in questo momento soprattutto per quanto riguarda Xl Jinping non rompere con gli Stati Uniti è troppo più essenziale. Le incognite semmai sono la posizione della Corea del Nord e quella dell’Iran che con gli Stati Uniti hanno più di un motivo di tensione soprattutto dopo che Trump ha dichiarato di “essere disposto a effettuare test nucleari se altri lo faranno”.
